Verità o leggenda, si dice che un giovanissimo Walt Disney si fosse presentato ad un ricco produttore del mondo cinematografico. Il suo passato, fino a quel momento, non poteva dirsi costellato dai successi. Anzi, era stato licenziato dal giornale di Kansas City perché considerato un fumettista senza fantasia. Tra sfortune e disavventure – una dopo l’altra – era arrivato a quell’ultimo appuntamento addirittura vendendo l’auto di famiglia per finanziare il viaggio a Hollywood.
Con queste premesse potrete, di certo, comprendere quali aspettative nutrisse sull’incontro. La sua idea era assai strana e difficilmente sarebbe stata compresa. Walt lo capì subito vedendo mutare l’espressione del viso del suo interlocutore man mano che il disegno si animava del movimento del cartone. “Mi faccia capire…” – sembra abbia detto il produttore – “lei ha creato un topo che parla?”. “Esattamente. Ho disegnato un topo che si muove, pensa, agisce, vive allo stesso modo in cui lo fanno gli umani”.
L’umano al suo cospetto sembrava essere disorientato e confuso come colpito in testa da una palla di baseball lanciata a velocità. Poi, quasi balbettando, cercò di interloquire. “Ma davvero pensa che questo coso… insomma… questo “topo che parla” possa funzionare e avere successo?”. Alla domanda, il produttore sembra abbia accompagnato una di quelle risate rumorosamente scroscianti che tanto piacciono agli americani.
Il cartoonist non si scompose più di tanto e replicò assumendo che la risata del produttore era la prova vivente che “quel coso” facesse ridere. E, se faceva ridere, va da sé che poteva avere successo.
Il viso del produttore – su questa chiara evidenza – tornò a farsi serio, meditando, però, in modo negativo sulla riuscita del progetto. Prima di congedare il giovane Walt, tuttavia, gli volle porre l’ultima domanda. “Un topo che parla… un topo che parla… ma come ha potuto immaginare una cosa così assurda?”. Si dice che Disney non abbia esitato molto a replicare e la sua risposta rimase scolpita come una stella di luce nel firmamento della cinematografia mondiale. “L’ho immaginato e tutto ciò che si immagina può diventare possibile…”.
Il resto della storia non è necessario raccontarvela perché il topo parlante – su un’idea impossibile – ha costruito un vero e proprio impero economico. Ebbene, provo a trarre conclusione da questo incredibile racconto a lieto fine.
Seppellita sotto le necessità, le costrizioni, le mancate libertà, le paure, le incertezze e le tristi quotidianità, gradualmente soccombe l’immaginazione del Paese. Soccombe ad una politica che fa miserabile teatro della propria inconsistenza. Soccombe ad una società che non sa proteggere la Giustizia e l’ordine sociale. Soccombe ad un sistema che non riesce a salvaguardare sé stesso e il futuro delle nuove generazioni.
Immagino un’Italia che torni a sognare di Bellezza con il sorriso e con la forza creativa della sua gente operosa. Adesso, proviamo ad immaginare tutti insieme. Possiamo farlo…