Siamo a fine agosto, ma è come se la Regione non avesse un bilancio. Non ancora. La spesa per l’emergenza, infatti, resta “congelata” dopo l’approvazione della Finanziaria di quattro mesi fa (era esattamente il 2 maggio). Ma un provvedimento che aiuti famiglie e lavoratori a uscire da questo brutto incubo, chiamato pandemia, ancora non si vede. Le sorti della Sicilia rimangono appese a una delibera dello scorso luglio, con cui la giunta ha approvato la rimodulazione di un pezzo dell’ultima Legge di Stabilità, per 400 milioni su un totale di 1,4 miliardi, spostando delle risorse extraregionali (comunitarie in questo caso) sui capitoli legati alla spesa corrente e utili a risollevare – in parte – le sorti delle imprese colpite dal lockdown, dei lavoratori impoveriti, del turismo guasto. Per il momento rimane tutto sulla carta e nei buoni propositi dell’assessore all’Economia Gaetano Armao – Musumeci sul tema non s’è mai pronunciato – che prima della pausa ferragostana aveva esternato un certo ottimismo sulla possibilità di liberare le risorse. Annunciando che entro l’11 agosto (o comunque, a breve) il Comitato di Sorveglianza si fosse pronunciato sulla legittimità dell’operazione.
Il nuovo alibi si chiama “Comitato di Sorveglianza del Programma Operativo Fesr Sicilia 2014-20”. Un organo istituito nel 2015 dal governo Crocetta. Le cui funzioni sono regolate dall’articolo 49 del regolamento (Ue) n.1303 del 2013. Sinteticamente, il Comitato esamina ed approva: il regolamento interno; le eventuali modifiche al Programma Operativo (come in questo caso), la metodologia e i criteri usati per la selezione delle operazioni; le relazioni di attuazione annuali e finali; il piano di valutazione del Programma Operativo e la sua strategia di comunicazione, comprese le eventuali modifiche. Questioni tecniche, ma cerchiamo di essere pragmatici: spetta al Comitato di sorveglianza dare un giudizio a questa rimodulazione dei fondi e appurare che ogni singola “manovra” possa avere un riscontro favorevole a Bruxelles. Sarà la Commissione europea, infatti, a esprimere una valutazione compiuta sull’operato della Regione, che già da un mese ha completato la ricognizione delle risorse disponibili e approntato un piano di massima. Manca un tassello al puzzle: il Comitato di Sorveglianza non si è ancora riunito.
In realtà lo fa pochissime volte: una l’anno, di media. L’ultima volta è accaduto nel giugno 2019, anche in quel caso per approvare alcune modifiche al PO FESR. Ma questa volta c’è una ragione d’urgenza che non può essere ignorata e per la quale Armao avrebbe potuto o dovuto fare qualcosina in più. Partiamo da un dato incontestabile: come da regolamento interno “il Comitato di Sorveglianza è presieduto dal Presidente della Regione Siciliana o, in sua assenza e/o impedimento, dall’Assessore delegato o dall’Autorità di Gestione del Programma Operativo FESR Sicilia 2014 – 2020”. Ossia il dirigente generale del dipartimento alla Programmazione. In questo caso Federico Lasco, nominato poche settimane fa dalla giunta. Un dirigente esterno.
Lasco è un componente di questo organismo dal giorno dell’insediamento, in qualità di rappresentante dell’Agenzia per la Coesione territoriale, per conto del Ministero per il Sud, ovvero il suo precedente incarico. Del Comitato di Sorveglianza fanno parte molti volti noti alla Regione: in primis i dirigenti generali di tutti i dipartimenti interessati dalla ripartizione della dotazione comunitaria (Acqua e Rifiuti, Ambiente, Attività Produttive, Beni culturali, Bilancio, Energia, Famiglia, Finanze, Infrastrutture, Protezione civile, Sanità, Turismo, Urbanistica). Inoltre, sono rappresentati alcuni uffici come l’autorità di certificazione, l’autorità ambientale, due membri dell’autorità di gestione del PO FESR (il dipartimento programmazione). E poi alcuni rappresentanti istituzionali del governo centrale: dal dipartimento delle Politiche di Coesione di Palazzo Chigi, passando per i vari Ministeri (Lavoro, Istruzione, Sviluppo Economico, Interno).
Sai che fatica far coincidere gli impegni di tutti per ritrovarsi a Palermo (o in streaming) e parlare della Finanziaria di cartone. Resta il fatto che un modo per accelerare le pratiche ci sarebbe pure. Ne parla il regolamento all’articolo 5: “Nei casi di necessità motivata il Presidente (Musumeci) o, in sua assenza e/o impedimento, l’Autorità di Gestione può attivare una procedura di consultazione scritta del Comitato. La comunicazione di avvio e i documenti da sottoporre all’esame della procedura per consultazione scritta sono inviati esclusivamente per posta elettronica a tutti i membri del Comitato. I componenti esprimono per iscritto il loro parere entro 10 giorni lavorativi dalla data di invio dei documenti esclusivamente per posta elettronica. La mancata espressione per iscritto del proprio parere da parte di un componente vale quale assenso. In casi di urgenza motivata, il Presidente può avviare una procedura di consultazione scritta del Comitato che deve concludersi entro 5 giorni lavorativi dalla data di avvio. A seguito della conclusione della consultazione scritta, il Presidente o, in sua assenza e/o impedimento, l’Autorità di Gestione informa tutti i componenti circa l’esito della procedura”. Un intero articolo suggerirebbe, o avrebbe suggerito, a Musumeci e Armao “sburocratizzare” l’iter e procedere spediti. Se non è emergenza ridare ossigeno ai siciliani, che cosa lo è?
Dal governo non hanno mai accennato a tale opportunità. La prima delibera, del 23 luglio, è stata obliterata in giunta il 6 agosto, con tanto di documentazione scritta (su Facebook) prodotta dall’assessore al Bilancio: “Stamane varati 400 milioni € di riprogrammazione di fondi europei per attuare le misure della Legge di Stabilità – scriveva Armao -. Lasciamo perdere i lupucuvi che sparano fesserie sulle risorse non disponibili”. Da quel giorno ha cominciato a invocare l’intervento del Comitato di Sorveglianza che a oggi, 24 agosto, non si è mai pronunciato. E magari non è stato nemmeno interpellato per iscritto. Eppure a Musumeci basterebbe così poco: una mail. Evidentemente per il governo regionale è più urgente sparare a raffica sui migranti, che non concludere un percorso che dia fiato ai siciliani, le cui tasche sono provate dalla pandemia.
Un altro alone di mistero sull’intera vicenda l’hanno gettato due deputati del Movimento 5 Stelle, Luigi Sunseri e Ketty Damante, che si erano anche offerti nei giorni scorsi “per un breve corso su come programmare e riprogrammare i fondi europei a giunta e consulenti vari”. A parte le battute, i due grillini avevano fatto notare alcune stranezze. La prima riguarda la Commissione Europea che sta ancora analizzando “la riprogrammazione della Riserva di Efficacia del PO FESR Sicilia 2014-2020, cioè le somme che la Commissione rende disponibili al raggiungimento di obiettivi prefissati. Stiamo parlando di un atto approvato in giunta nel febbraio del 2020 e che potrebbe concludersi a giorni”. Due riprogrammazioni, contestualmente, non sono ammesse.
“Nel frattempo però – continuano Sunseri e Damante – il regolamento comunitario prevede possibili anticipazioni. Perché questo non venga recepito immediatamente dal governo regionale è avvolto dal mistero e puzza parecchio. Si potrebbe immaginare che, data la non idoneità dei fondi europei per gli interventi tanto sbraitati da Musumeci e dal suo governicchio, la paura sia che le somme spese non siano riconosciute poi ammissibili da Bruxelles, finendo per diventare debiti fuori bilancio, cioè sul groppone dei siciliani? Oppure le risorse disponibili nelle casse della Regione non ci sono?”. Due ipotesi che fanno raggelare le vene: se le modifiche al PO FESR non fossero ammesse, o addirittura dovessero mancare le risorse, saremmo esattamente al punto di partenza. Ossia alla Regione senza un euro.
Negli ultimi mesi la situazione è stata drammatica, e per un attimo vale la pena ricordarlo. Prima dell’approvazione della Legge Finanziaria, Palazzo d’Orleans si è sobbarcata quattro mesi di esercizio provvisorio. E al rientro dalle scorse vacanze estive, l’Ars ha dovuto bloccare la spesa e l’approvazione di un “collegato” per l’assenza di risorse. Poco dopo è arrivata la scure della Corte dei Conti, che a dicembre ha stroncato i buoni propositi della Regione, evidenziando un maxi disavanzo da oltre due miliardi con lo Stato. Grazie a un negoziato con Roma, Musumeci e Armao si sono assicurati la possibilità di spalmarne una parte in dieci anni anziché in tre (in cambio di un pacchetto di riforme a cui Palermo non ha ancora ottemperato: ma c’è stato il Covid, si dirà…). Nel frattempo la Corte dei Conti ha bocciato anche il Documento di Economia e Finanza, evidenziando numerose falle nei conti. La Regione si è ritrovata ancora una volta è alle prese con una malagestio atavica, da cui non si riesce a venir fuori. L’unica boccata d’ossigeno è arrivata qualche giorno fa, quando il Consiglio dei Ministri, per consentire di pareggiare le perdite della pandemia, ha accordato uno sconto da 780 milioni sul contributo alla finanza pubblica per l’anno in corso. Solo una parte di quei soldi – 250 milioni – potranno essere utilizzati per esigenze di bilancio. Andranno a teatri, associazioni sportive, disabili. Ma tanti, troppi siciliani sono rimasti a guardare. Pendono dalle labbra di un Comitato di sorveglianza che nessuno convoca: nella sua storia si è riunito appena cinque volte.