Totò Cardinale è rimasto volontariamente fuori dai giochi. E assiste con un pizzico di disincanto, e con una buona dose di scetticismo, alla “campagna acquisti” di Italia Viva, che in Sicilia ha reclutato Edy Tamajo e Nicola D’Agostino, i deputati regionali fino a ieri con Sicilia Futura (ha appena aderito anche l’ex deputato regionale Mario Alloro, proveniente dai “dem”). Il movimento fondato da Cardinale, naturale prosecuzione dei Drs e del Pdr, ha fatto più di un tentativo per allargare al centro il Partito Democratico. Ma oggi non esiste più. Tranne che all’Ars, dove continuerà a sopravvivere il gruppo parlamentare, pur cambiando nome. “Sicilia Futura non c’è più dalle elezioni politiche del 2018 – esordisce Cardinale – Ho chiuso la segreteria di Palermo e formalmente l’associazione è stata sciolta perché è venuto a mancare lo scopo, il fine. E se vuole anche l’oggetto sociale. Nacque per offrire una sponda al governo Crocetta. Bersani mi pregò di farlo”.
A far saltare il tappo sono state le ultime elezioni Europee e la nascita della segreteria Zingaretti, che ha tenuto lontani i centristi. Anche se dal Pd, sin dall’inizio, non sono arrivati troppi complimenti (“Per loro eravamo dei transfughi”). A lungo Matteo Renzi ha rappresentato l’ultima isola. “Ma io che sono un centrista per cultura, formazione e vocazione, un vero cattolico-popolare, non mi ci ritrovo nella proposta renziana – spiega oggi l’ex ministro -. Il centro non è un luogo geometrico che disegni col compasso. E non è neanche un uomo. Piuttosto, è la negazione dell’uomo solo al comando”.
Al Renzi rottamatore, però, vi eravate aggrappati.
“Ma quella a cui assistiamo in questi giorni è una manovra di palazzo non apre il mio cuore alla speranza. Le mie non sono fiammate nostalgiche, ma le preoccupazioni di un uomo che ha vissuto e conosce il mondo della politica, credo meglio di qualcun altro. Piuttosto che fare la conta di quanti passano con te o con me, vorrei vedere quanti consensi si riescono a ottenere e a mantenere. Anche Renzi era al 40%, poi sappiamo com’è andata”.
Cosa non ha funzionato?
“Occorreva strutturare e far partecipare. Non è attraverso un meccanismo di raccolta – del deputato regionale o del consigliere comunale – che risolvi il problema di un partito. Lo fai costruendo una rete nel territorio, riconquistando la fiducia dei cittadini. Ho molti dubbi che ci si riesca adesso”.
Scusi se insito, onorevole. Perché all’inizio Renzi andava bene?
“Si prestava meglio, attirava di più, aveva più appeal di quanto non ne avesse Bersani. Così diventammo prima Pdr e poi Sicilia Futura, in due passaggi che vennero consacrati dalla presenza dal vice-segretario Guerini, che venne ai convegni di Cinisi e Catania. Furono due incontri di popolo”.
Cos’è cambiato rispetto ad allora?
“La politica è lo spazio in cui ci si incontra sulla scorta di un documento di principi e di valori. Tu devi sapere “per che cosa” oltre che “con chi”. Devi capire che direzione prendere, come la pensi rispetto ad alcuni fatti della società e dell’economia, come vedi il futuro del Paese, come intendi superare le difficoltà. Questi mi sembrano presupposti fondamentali se si vuole costruire un soggetto politico forte, capace di reggere alle intemperie”.
Ma con Renzi poteva chiudersi un cerchio.
“Io sono in una posizione di quiete. Preferisco scrivere, riflettere. Non ho più la predisposizione psicologica per continuare a fare quello che ho fatto. E’ stato faticoso, duro e impegnativo. Quindi ho ritenuto di non interferire e non intervenire. Non ho alcuna intenzione di spendermi in quella direzione”.
Veniamo a Sicilia Futura. Ha sentito Tamajo e D’Agostino per sancire questa separazione?
“Non ce n’era motivo. Al di là di ogni azione, decisione o voglia di protagonismo, c’è stato un momento in cui ci siamo riuniti, dopo le Politiche, e abbiamo preso atto che non c’erano più le condizioni per andare avanti. Io ho fatto ciò che avrebbe fatto un buon padre di famiglia: ho dato una mano per mantenere un profilo politico, sperando che si realizzassero due cose. Una segreteria regionale del Pd che fosse in grado di contrastare la linea nazionale che ripiegava a sinistra (Faraone ci ha provato ma non c’è riuscito); e le elezioni Europee, che erano l’ultimo luogo per verificare un’apertura e una disponibilità che avrebbe permesso a Picciolo di diventare senatore e rinvigorire questo gruppo. E’ andata male”.
Ma i due deputati non le hanno chiesto un consiglio prima di aderire a Italia Viva?
“Che i miei amici facciano le loro scelte penso sia necessario. Da persona disimpegnata, gli rivolgo i miei migliori auguri. Dire che questa è un’operazione giusta, però, significa esporsi nei confronti di tanta gente che ha fiducia in te e che gioca una partita – legittimamente – perché vuole coronare un sogno, realizzare un proprio disegno, raggiungere dei traguardi. In tanti mi chiamano per sapere, ma ad oggi non sono in condizione di dare un suggerimento o un consiglio ritenendolo giusto. Quello che sto vedendo non è quello che avrei sperato o voluto vedere”.
Italia Viva ha proposto a sua figlia Daniela di iscriversi al Gruppo alla Camera?
“Sfatiamo anche questa cosa. C’è stato un pour parler per chiedere informazioni, dati i rapporti d’amicizia di mia figlia con Ettore Rosato. Le hanno spiegato il significato di questa nuova formazione. Poi Daniela ha parlato con me e, dato che non abbiamo intravisto quello che cerchiamo nella politica – a noi i fatti personali non interessano – si è stabilito che non c’erano le condizioni per aderire. Non c’è stata né la formalizzazione di un invito, né la formalizzazione di un ingresso”.
Alcune ricostruzioni giornalistiche parlano di una promessa di Berlusconi, per il tramite di Fedele Confalonieri, a sua figlia. Se si fosse andati a elezioni anticipate, avrebbe trovato spazio nella lista di Forza Italia. Quanto c’è di vero?
“Ma quando mai. Io sono molto amico di Confalonieri e continuo a vederlo, ma l’ho fatto anche nei momenti di maggiore tensione e di scontro con Forza Italia, quando ero segretario della Margherita. Che Confalonieri si occupi di politica è una cosa veramente stravagante. Lui fa un altro mestiere”.
Mi scatti un’istantanea del Pd, oggi.
“Mi sembra un partito che rincula e non riesce a trovare il suo spazio politico. Al suo interno sembra prevalere la ricerca della ragione dello scontro. E’ una dannazione storica”.
Qualcuno l’ha chiamata in questi giorni per convincerla ad entrare nel partito di Renzi? O per offrirle altre collocazioni?
“Io mantengo rapporti di stima e di amicizia con personaggi che stanno nel Pd, con cui parlo anche di politica. La posizione di “notabile” mi permette di farlo. Ma discuto anche con gente che, come me, è in una posizione di “prudente distinguo” e con altri che stanno nel centrodestra. A partire dal mio amico Gianfranco Micciché, che stimo al di là di alcune esuberanze. E’ una persona coerente”.
Aveva proposto la fondazione di un nuovo partito sull’esempio di Grande Sud. Secondo lei è una soluzione?
“Non può essere qualcosa che prescinda da un partito nazionale. Puoi svolgere un’azione per rivendicare pari dignità o maggiore attenzione per le regioni più povere. Ma una Lega al contrario, no. Oggi nella politica italiana manca la capacità di ridisegnare un progetto per il Meridione, di creare una condizione virtuosa rispetto alla quale se tu alleggerisci la zavorra il Paese si muove meglio. Il Mezzogiorno è tutta una sacca di depressione: bisogna valorizzare le risorse che ci sono, puntare a far crescere una classe di piccoli imprenditori, sostenere gli agricoltori e gli artigiani, migliorare le infrastrutture e i servizi. Potrei andare avanti per ore”.
E Cardinale, senza politica attiva, come passerà le sue giornate? Non mi dica che si limiterà a dispensare consigli a chi glieli chiede…
“Ho finito da poco di scrivere un libro: si intitola “Un giovane della Prima Repubblica”. E’ stato difficile perché sono disordinato, non tengo diari o agende. Mi sono affidato soltanto alla memoria. Non è stato facile ricostruire cinquant’anni di attività, soprattutto per la complessità delle questioni che sono stato costretto a trattare. Si parlerà anche di politica, che per me è stata croce e delizia. E’ un viaggio dal dopoguerra ai nostri giorni. Contiene le vittorie, ma anche le sconfitte della mia generazione. Richiama grandi personaggi del passato. L’attualità non me ne offre molti”.