Caro Mario, quando ho sentito raccontare la tua storia mi sono tornate alla memoria le parole di mio padre, del suo dolore, di quegli ultimi giorni in cui mi diceva “fa’ presto”! Quel dolore del corpo e della mente che non riusciva più a sopportare. Quel dolore che il cancro gli infliggeva e che quarant’anni fa si combatteva a mani nude, senza oppiacei e senza speranza. “Fai presto per quella fiala di dicloreum…”. Ed io sapevo che dopo meno di un’ora il dolore sarebbe ricomparso ancora più violento. Corre per la mente confuso quel ricordo straziante che mi cambiò profondamente. Giovane medico appena laureato, dovevo confrontarmi con un nemico mai incontrato e reso ancora più terribile dalla rassegnazione e da quell’abisso di una cultura che rifiutava i trattamenti antidolorifici. Ricordo le parole di un medico molto più grande di me che, chiamato a consulto mi disse: “la morfina mai! ricordalo! Potrebbe portare dipendenza… lascia che tutto si svolga secondo natura”. Oggi come ieri c’è ancora chi ti chiede di lasciar fare a Madre Natura. Per loro il pensiero di non aver fatto tutto il possibile per tenere in vita una persona è intollerabile. Loro non sanno che talvolta in certi casi la difficoltà di morire diventa una specie di maledizione.
Ecco la ragione per cui ho deciso di dedicare la mia vita a placare o ridurre le sofferenze degli altri e la Medicina Palliativa è diventata la mia unica filosofia assistenziale. Una Medicina che non aiuta a morire ma che considera il malato vivo fino all’ultimo istante. Una Medicina che rispetta l’essere umano sofferente, che è attenta al dettaglio, a tutto ciò che si può e si deve fare quando non c’è più niente da fare. La capacità di ascoltare, garantire la presenza, restaurare la relazione umana, entrare in rapporto vero con il malato e la sua famiglia. Anche le Cure Palliative comprendono la capacità di dover riconoscere i propri limiti davanti ad un altro tipo di sofferenza imperscrutabile, ma viva ed esigente, che talvolta prescinde dal dolore e dagli altri sintomi e che porta a chiedere di anticipare il momento della morte. Una scelta che proviene dalla propria interiorità e che proprio per questo deve essere rispettata. E’ questo il momento del silenzio e del rispetto delle volontà. E’ il momento più difficile per i familiari e per i medici che ti hanno assistito ma è il momento in cui bisogna darti quell’ultimo aiuto a morire. Le Cure palliative non ti accompagnano fino a quel punto perché quella è un’altra strada che Tu Mario devi essere libero di prendere. Nessuno può impedirti di seguire quella strada. Devi poter esser libero di farlo.
In questi anni ho imparato che le sofferenze degli altri, sia fisiche che psicologiche e spirituali spesso si sottraggono alla nostra attenzione, nonostante siano così evidenti e sotto gli occhi di tutti.
Il malato scopre comunque che, alla fine, rimane solo con il suo male.
Per questo ti scrivo Mario, per dirti che non sei solo e che la maggioranza dei cittadini italiani sta dalla tua parte perché convinta che il Tuo diritto a chiedere di morire deve essere rispettato. Io sono un parlamentare che crede con convinzione che la libertà di decidere sulla propria vita e sulla propria morte rientri nelle libertà più grandi che una Costituzione giusta deve riconoscere al cittadino. Con me ci sono tanti altri che stanno cercando di opporsi al fanatismo ipocrita di qualcuno che ritiene di poter decidere sulla durata della tua vita, condannandoti a vivere. Un Parlamento farisaico e pilatesco, così l’ho definito qualche giorno addietro intervenendo in aula per parlare di Te Mario e di quello che stai sopportando. Ti garantisco che continuerò a battermi con tutti i mezzi leciti a disposizione perché questo è il mio dovere di medico e di parlamentare.
Giorgio Trizzino è l’ex direttore sanitario dell’ospedale Civico di Palermo. Attualmente è un parlamentare della Repubblica, iscritto al Gruppo misto