Anch’io, nel mio piccolo, volevo scrivere una letterina a Babbo Natale. Siamo nell’era dell’omologazione e dei social, perché sottrarmi? Anch’io volevo stilare la lista dei desideri per il Nuovo Anno. Ma poi ho letto le dichiarazioni di Renato Schifani, di Gaetano Galvagno, di Roberto Lagalla e sono stato immediatamente disarmato. Chi sono io per contrastare il solare ottimismo del presidente della Regione? “I risultati ci sono, la Sicilia sta crescendo”, ha detto il Governatore, augurando Buone Feste agli uomini e alle donne che da due anni lo affiancano a Palazzo d’Orleans: l’emergenza della siccità è stata risolta con uno schiocco delle dita; la sanità è un fiore all’occhiello che inorgoglisce tutti i membri del governo; gli scandali del turismo sono stati di colpo cancellati dalla sublime esibizione dei tre tenori del Volo nella magica atmosfera della Valle dei Templi di Agrigento.
Anche per Gaetano Galvagno, il Predestinato, “bisogna valorizzare i risultati ottenuti” da un’Assemblea che ha saputo affrontare con fierezza “sfide significative”: basta scorrere il lungo elenco delle riforme approvate, con rigore e consapevolezza, per avere un’idea di come l’aula di Palazzo dei Normanni abbia letteralmente cambiato il volto dell’economia siciliana: lì dov’era c’era la povertà ora c’è ricchezza e programmazione; lì dove c’erano spreco e corruzione ora c’è buongoverno, c’è onestà, c’è altruismo, c’è santità. Deo gratias.
Ma tutto questo sarebbe ancora niente se non ci venissero incontro le rassicurazioni di Roberto Lagalla. Le parole del sindaco di Palermo giganteggiano in un tripudio di successo e creatività che non ha precedenti nella storia di Palazzo delle Aquile. In una recente intervista, rilasciata dopo tante riluttanze a Livesicilia, il suo impegno politico è stato scarnificato, i progetti per il futuro sono stati scandagliati e verificati in ogni dettaglio, in ogni passaggio, in ogni anfratto. Si deve alla lungimiranza di Lagalla e della sua giunta se Palermo è sicura, se la via Maqueda è un tappeto di eleganza e signorilità, se la Vucciria e Ballarò sono due limpidi monumenti alla legalità e alla trasparenza, se al Cep e a Borgonuovo non c’è nemmeno un briciolo di immondizia, se la sera non c’è una sola strada al buio, se i cimiteri sono stati trasformati in lussuosi residence per l’altra vita, se il traffico scorre con la leggerezza e fluidità di una città incantata. Diciamolo: Palermo più che una metropoli è ormai un presepe di latte e miele, con i consiglieri comunali sparsi per le strade come pastorelli e i Re Magi che per un sortilegio vengono fuori, carichi di doni, dalle quinte del Teatro Massimo. E chi sono io per dire, come nella commedia di Eduardo, che “a me il presepio non mi piace”?