Leoluca Virginio Raggi detto Orlando

Qui almeno gli autobus non prendono fuoco. Al massimo fanno ammuffire gli aspiranti passeggeri alla fermata, soprattutto lontano dal regno felice del 101 in centro. Per il resto, però, le cronache della Città eterna ai tempi di Virginia Raggi e il pianto greco(romano) sui social dei capitolini disperati per buche nelle strade, traffico e spazzatura, fanno un po’ sorridere i palermitani, che agli scenari sopracitati sono quasi assuefatti. Povera Virginia, che sventura per lei non conoscere il tedesco e non avere una bacheca traboccante di ideali medagliette antimafiose. Magari le sarebbe servito a schivare qualche palata di critiche e sberleffi.

È andata male a Virginia, la grillina. Va sempre bene a Leoluca, l’Eterno. Che ha strade rattoppate come la zimarra d’un mendico, montagne di munnizza in bella mostra sulle suddette, persino nelle viuzze del centro dove l’inizio della raccolta differenziata è stato alquanto sofferto, un traffico perennemente fuori controllo anche per via di cantieri ancor più fuori controllo che rischiano di consegnare alla storia della Sicilia nuove incompiute. Ma di Orlando e di questa Palermo che tanto alla Roma di Virginia somiglia, non interessa ai tg nazionali, alla stampa raffinata e forse ormai manco ai palermitani stessi, che rassegnati s’arrabattano senza neanche protestare più. Ah, se la povera Virginia avesse anche lei il talismano che tutti i mali tiene lontani, il Graal che zittisce le ingenerose critiche dei nemici ra cuntintizza, il totem sempiterno dell’orlandismo: la Visione. Quella con la V maiuscola, noblesse oblige. Quella perennemente volta al futuro, luminoso, proiettata lontano verso decadi a venire, così fissa verso l’orizzonte da non potersi scomodare ad abbassare lo sguardo su cassonetti traboccanti, marciapiedi sminchiati e strade colabrodo, miserie da lumpenproletariat quando c’è lei, la Visione, ultima dea.

Un futuro che sta lì da trent’anni e passa nella narrazione orlandiana, luminoso e glorioso e sempre, eternamente venturo nelle sue giaculatorie evergreen. Quando? Bisogna portar pazienza e confidare nella Visione. Quella che si nutre di cultura, anche se per la cultura non c’è una lira, anche se i concerti di capodanno si fanno a febbraio perché il Comune ha il passo lesto d’un bradipo claudicante, anche se i teatri privati piangono ed Emma Dante strepita, peggio per lei, “ingenerosa”, fa spallucce il sindaco confortato dalla Visione. E c’è tempo per la nuova giunta, c’è tempo per affrontare il tema dei conti, c’è un tempo per ogni cosa, ma è sempre il tempo giusto per cantare il cambiamento, il riscatto, la Visione, appunto. Tra un’esultanza per la sanatoria degli occupanti abusivi delle case popolari, legalità sì ma con juicio, e un peana per il tram che si intrufolerà nelle strada che fu del liberty, Orlando tira dritto come un treno. Senza bruciarsi come gli autobus di Virginia. Ma trovando sempre, guidato dalla dea Visione, nuovi binari su cui far correre il futuro. Come un tram palermitano, appunto.

Eugene de Rastignac :

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