Ci sono modi e modi di fare opposizione. Italia Viva, il partito di Renzi e Faraone, ha scelto da che parte stare: “Votare una mozione di sfiducia – attacca Edy Tamajo – significa ricompattare la maggioranza. Noi non siamo per i gesti eclatanti. E non ci sono i numeri per mandare a casa Musumeci”. Italia Viva, piuttosto, sembra uno dei bracci operativi della coalizione di governo. Di recente, ha proposto e fatto approvare il disegno di legge sulla sburocratizzazione; si è occupata della riforma dei Beni culturali (che ha ottenuto l’ok in quinta commissione); e qualche giorno fa, lo stesso Tamajo, ha fatto inserire nella riforma urbanistica, al vaglio di Sala d’Ercole dopo 40 anni d’attesa, una norma per accelerare il cambio di destinazione d’uso degli edifici – soprattutto quelli industriali – costruiti prima del ‘76 senza passare da una variante urbanistica: “Un emendamento che potrebbe creare importanti condizioni di sviluppo – spiega il parlamentare regionale, ex Sicilia Futura – In questo modo semplificheremo dei processi che attendono da anni. Si tratta di un intervento che non prevede né consumo di suolo, né aumento volumetrico”.
Onorevole Tamajo, ammetterà che il lavoro di Italia Viva all’Ars è molto più simile a quello di un partito di maggioranza.
“E’ il nostro modo di fare politica. Abbiamo raggiunto dei risultati enormi, e lo stiamo facendo dai banchi dell’opposizione. Il governo regionale è stato bravo a sposare alcune delle nostre proposte di riforma”.
Perché vi siete tirati indietro e non avete votato la sfiducia a Musumeci?
“Perché è stato un clamoroso autogol. Non ricordo quanti presidenti di Regione siano stati mandati a casa con una mozione di sfiducia. Non è lo strumento adatto. Secondo me, al contrario, l’opposizione deve essere costruttiva. Votare i provvedimenti su cui si è d’accordo, e opporsi sugli altri. Lei ci trova qualcosa di clamoroso? Io no. Perché noi non siamo populisti, né abbiamo alcuna voglia di strumentalizzare le masse. E poi, in tutta franchezza, mi pare che nessuno abbia voglia di tornare a votare. Nemmeno chi quella mozione l’ha presentata…”.
I rapporti fra Italia Viva e Musumeci sembravano del tutto incrinati dopo la sfuriata del governatore contro Sammartino. I vertici del partito la definirono un’uscita “squadrista”.
“Infatti. Quella è stata una vicenda di carattere personale. Abbiamo espresso la massima solidarietà a Luca Sammartino, che è un componente del nostro partito, e condannato ampiamente l’errore del presidente della Regione. Ma non possiamo passare tutto il tempo a litigare. Le opposizioni non servono soltanto a massacrare il nemico. Noi siamo il partito della proposta e non della protesta”.
A differenza dei Cinque Stelle…
“I Cinque Stelle vogliono che tutto vada allo sfascio, altrimenti non riescono a intercettare il voto di protesta. Noi siamo esattamente l’opposto”.
Ma all’Ars fate opposizione insieme e potreste ritrovarvi nello stesso “campo largo” già alle prossime Amministrative.
“Noi stiamo cercando di allargare il perimetro. E speriamo che all’interno possa starci pure il Pd. E’ un processo, però, che prevede l’isolamento degli estremi, dei sovranisti, dei populisti”.
Come vi comporterete nei comuni?
“A Carini, Italia Viva sosterrà Sgroi, candidato del centrodestra. A Misilmeri, siamo al fianco Rosalia Stadarelli; a Villabate, di Giovanni Pitarresi. Sono entrambi candidati del Partito Democratico. Laddove c’è un Pd che ragiona, che si avvicina alle nostre posizioni moderate e riformiste, non abbiamo alcun problema a dialogare. Non ci piacciono però le forze estremiste, come i Cinque Stelle, o quell’area “dem” che cerca di fare accordi con Di Battista”.
Anche Davide Faraone, capogruppo al Senato di Italia Viva, ha parlato di un nuovo centro. Chi potrebbe farne parte?
“Tutte le forze moderate. Autonomisti, popolari, Forza Italia, l’Udc, noi. E anche il Pd, se impara a vedere nel centro una prospettiva e non il diavolo”.
Lei prima ha parlato di populismi. Crede che nella polemica di Musumeci contro i dipendenti regionali, non ci sia anche del populismo?
“La riflessione di Musumeci è opinabile, specie quando parla di percentuali… Non voglio entrare nel merito, ma ci tengo a sottolineare un aspetto: se la politica deve funzionare, deve lavorare in sinergia con la burocrazia. Se la burocrazia rallenta e impedisce lo sviluppo, è necessaria una sterzata. E’ impensabile che per fare un’opera pubblica ci vogliano vent’anni. In Sicilia ci sono ottimi dirigenti e validi funzionari, e bisogna soltanto far crescere in loro lo spirito d’appartenenza. Vanno recuperati i rapporti. Se i dipendenti di un’azienda sono demotivati, quell’azienda non produce. I rallentamenti dell’azienda-Regione finiscono per creare danni alla comunità, all’imprenditoria e alla Sicilia tutta”
Lei ha parlato di opere pubbliche. Qualche giorno fa è stato inaugurato il viadotto Himera a cinque anni dal crollo. Ma la Regione non era presente con le sue istituzioni. Un’occasione persa?
“Io sono stato a inaugurare la via Palinuro a Mondello. Un’opera per cui – addirittura – abbiamo atteso trent’anni. Nell’ultimo anno e mezzo, assieme all’assessore alle Infrastrutture, Marco Falcone, al dipartimento tecnico regionale e al comune di Palermo, abbiamo dato un’accelerazione notevole. Anche il viadotto Himera è un intervento importantissimo, ma è inconcepibile che ci siano voluti 1938 giorni. C’è qualcosa che non va: bisogna riformare, legiferare e commissariare. Ha ragione Renzi”.
In che senso?
“Bisogna commissariare e concedere le deroghe per far sì che tante opere pubbliche si possano realizzare in meno tempo. Ci sono risorse e opere finanziate che non vedono mai la luce, ed è un peccato. Centinaia di milioni di euro, arrivati in Sicilia grazie al governo Renzi, sono fermi al palo”.
Veniamo a Palermo. Episodi come le cinquecento bare accatastate al cimitero dei Rotoli e i sottopassi allagati di viale Regione, hanno ulteriormente scalfito la posizione del sindaco Orlando. E’ sempre più difficile difenderlo?
“Per quanto riguarda l’alluvione, le dico subito che io e il mio gruppo, martedì mattina, saremo dal commissario di governo Maurizio Croce per sbloccare l’intervento del Ferro di Cavallo, a Mondello. Inoltre, dall’ultima audizione del sindaco Orlando in commissione all’Ars, è emerso che non tutte le responsabilità gli appartengono. Anzi. La Protezione civile nazionale e regionale sarebbe dovuta intervenire in maniera più tempestiva: soltanto dopo la sventata disgrazia, ci si è accorti che un radar di rilevazione è ancora rotto. Bisogna rendere il sistema più congruo alle esigenze della popolazione”.
Orlando, quindi, sta amministrando bene?
“La giunta viaggia a una velocità di crociera inferiore a quella del sindaco. Mi auguro che in questi due anni ci sia un cambio di passo. Stiamo lavorando per questo”.
In una recente intervista, lei ha detto che potrebbe anche candidarsi a sindaco di Palermo. Come ce lo vede Tamajo sindaco?
“Non ce lo vedo… Non sono mai stato un arrivista. La mia era una semplice considerazione, dettata dal fatto che non mi piacciono i nomi che circolano. Noi puntiamo ad avere un ruolo determinante alle prossime elezioni, ed è a Palermo che mi piacerebbe far nascere quel laboratorio di cui le dicevo prima, in cui possano convivere moderati e riformisti. Serve un candidato di spessore, che conosca la città. Una persona perbene, lontanissima da determinate logiche di potere e di lobby, che abbia il fegato d’acciaio per gestire i numerosi problemi. E soprattutto che sia in grado di lavorare 18-20 ore al giorno per risolverli”.