L’emergenza copre tutto

Il governatore siciliano, Nello Musumeci, è alle prese con il Coronavirus. Anche la prospettiva politica è poco serena

Per Nello Musumeci l’esplosione del Coronavirus è quasi un diversivo. Amaro, s’intende. Ma comunque un diversivo rispetto al conto che gli avrebbe presentato la politica in tempi “normali”. Nel sottobosco delle istituzioni – con l’aula di Palazzo dei Normanni che riapre a singhiozzo e solo le Amministrative a scaldare un ambiente debilitato – si inseguono flebili dichiarazioni, rispettose del momento, che in altre fasi avrebbero infuocato il dibattito. E che riportano tutte, o quasi tutte, al governo della Regione.

Un governo nato stanco e senza numeri in parlamento, e incapace di produrre una riforma-una. Nonostante Gianfranco Micciché, a Buttanissima, abbia confermato che l’Assemblea continuerà a lavorare come ha sempre fatto, la presenza in aula dei deputati, di recente, è stata centellinata. Un paio di sedute nella settimana appena trascorsa, utili ad approvare il Bilancio consolidato (come ordine del giorno) e la nota di aggiornamento al Defr, dopo la bocciatura della Corte dei Conti; e appena un’oretta in quella precedente, giusto il tempo di ascoltare Razza sul Covid-19 e poi chiudere tutto per una sanificazione del palazzo. I lavori non abbondano: in attesa di sfoderare le spade per quella che si preannuncia una sessione di bilancio molto articolata – non troverete un solo deputato pronto a scommettere che la questione si chiuderà entro aprile – non ci sono norme da votare. Un paio torneranno a Sala d’Ercole martedì prossimo, ma riguardano questioni di secondo piano (funzionamento della forma di governo regionale e recepimento della Spazzacorrotti).

Non c’è una sola legge utile alla Sicilia, di iniziativa parlamentare o governativa, che abbia visto la luce in questo 2019. Ad esclusione dell’esercizio provvisorio, che scade fra un mese e mezzo. Il governo sembra rimasto fermo al 6 novembre dell’anno scorso, quando i “franchi tiratori” bocciarono l’articolo 1 della riforma sulla governance dei rifiuti e Musumeci promise di non rimettere piede in aula fino all’abolizione del voto segreto. A proposito: che fine ha fatto? Ma nei corridoi di palazzo dei Normanni si sono perse le tracce anche del “piano rifiuti”, che sarebbe l’unico strumento in grado di rimettere ordine nella gestione della monnezza e nella regolamentazione degli impianti. La Sicula Trasporti, per ovviare alla solita emergenza, ha proposto nei giorni scorsi l’ampliamento del sito di contrada Grotte, nei pressi di Lentini, che in questo modo potrebbe raggiungere le dimensioni dell’intera città di Palermo. Altro che salute pubblica.

Ma non è solo questo. Dopo i fatti dei giorni scorsi – con un comitato d’affari pronto a spargere una colata di cemento su Palermo, che ha portato a una mega inchiesta per corruzione – sarebbe utile, forse necessario, accelerare l’iter di una riforma urbanistica che attende di essere aggiornata da una quarantina d’anni. La legge è stata prodotta e votata in commissione, ma non ha mai messo piede in aula, nonostante una condivisione quasi trasversale dei gruppi politici. Dicasi la stessa roba per la riforma del turismo, o per quella dei Consorzi di bonifica, oppure per gli Istituti autonomi di case popolari. Zero. E siamo quasi a metà legislatura.

Se non ci fosse il Coronavirus, però, Musumeci sarebbe sul punto di affrontare altri argomenti. Certamente il Bilancio, che è già stato trasmesso all’Ars e attende di essere “smazzato” nelle commissioni di merito. Poi la litigiosità all’interno della coalizione di centrodestra: ieri i centristi di Romano hanno disertato il vertice di maggioranza per parlare di Amministrative. Ma soprattutto il rimpasto. Pochi ci avranno fatto caso – siamo troppo presi dall’emergenza del Covid-19 – ma nelle ultime dichiarazioni del nuovo segretario della Lega, Stefano Candiani, c’è un riferimento temporale ben preciso: “Abbiamo chiesto di fare presto, perché a breve ci saranno le nomine dei dirigenti generali e il voto del bilancio in aula”, ha detto al collega Antonio Fraschilla di Repubblica. Ergo: se un rimpasto va fatto, l’invito è a procedere entro la scadenza del 15 marzo. Che coincide all’ultimo giorno di chiusura delle scuole, ma anche con la fine della proroga (ammesso che non ne subentri un’altra) accordata ai dirigenti generali, su cui pure la Lega vuole avere voce in capitolo.

L’obiettivo del Carroccio, che ha già chiesto a Musumeci l’assessorato all’Agricoltura – negli ultimi tempi sommerso dagli scandali – è creare una catena di comando fra politici (l’assessore) e burocrati (il dirigente generale del dipartimento), per garantirsi procedure condivise e snelle. V’immaginate Musumeci che procede col rimpasto da qui a domenica prossima, con l’emergenza in corso? Va bene tutto, anche “salvinizzarsi” sull’approdo dei migranti al porto di Messina, ma non a tal punto da compromettere l’aplomb istituzionale tipico del personaggio (al netto di qualche intemerata contro i giudici della Corte dei Conti o i giornalisti).

Il Corona rischia di far saltare i tempi della politica: ci mancherebbe, viene prima la salute pubblica. Ma una Sicilia così impantanata è ben lungi dall’avere un futuro, anche quando il virus – speriamo il prima possibile – avrà esaurito la propria carica. E in pochi, nelle ultime ore, avranno ripensato a una vecchia promessa di Musumeci: celebrare il primo anniversario della morte di Sebastiano Tusa alla presenza del nuovo assessore ai Beni culturali. Macché. L’archeologo è scomparso il 10 marzo dell’anno scorso in una tragedia aerea in Etiopia, e la commemorazione si terrà fra pochi giorni (è stato disposto l’ingresso gratuiti a musei e siti archeologici, chapeau). Ma sul futuro di un settore strategico per l’economia siciliana, e per la tenuta dell’Isola in un momento di crisi, non ci sono novità. Se non che il governatore, per evitare inutili tensioni con gli altri alleati, proporrà l’argomento alla Lega.

I Beni culturali piacciono anche a Forza Italia. Gianfranco Micciché vuole essere il primo a lanciare i dadi in caso di rimpasto, ma qui le operazioni rischiano di protrarsi. Il virus – Dio ce ne scampi – sta annacquando i tentativi di una politica che procede a passo di lumaca. Che fa i conti con l’emergenza (bene: bravo Razza), ma si scorda dell’avvenire. Che richiede aiuti e sgravi fiscali per le imprese siciliane, ma blocca 15 milioni di pratiche per gli artigiani (vedi il caso Crias); che reclama un piano straordinario di investimenti, sul modello Genova, ma dimentica di far funzionare il Cas, il Consorzio autostrade siciliane, nelle infrastrutture di propria competenza; che incolpa i burocrati (“Il più giovane ha 51 anni, la maggior parte non sono motivati” ha ribadito Musumeci di fronte ai costruttori), ma li promuove col massimo dei voti e gli aumenta lo stipendio. Che dà sempre la colpa a chi c’era prima, ma non riesce più a cambiare passo.

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