Una lettera può salvare Salvini o perderlo del tutto. E’ la “V”. Vuole sopravvivere alla crisi della Lega candidando alle europee il generale Vannacci; è angosciato per la famiglia Verdini, che i magistrati “perseguitano”. Si è convinto che il ministro della Difesa, Guido Crosetto, di FdI, con cui ha ingaggiato una battaglia, gli stia sporcando la pepita, il generale, la sola che gli può permettere di non scendere sotto l’otto per cento. Salvini ha cambiato idea. Intende riproporre a Vannacci la candidatura non più al sud, ma in tutte le circoscrizioni, a cominciare dal nord-ovest, nel Piemonte di Crosetto, ma anche di Calderoli e Molinari.
L’altra “V” è la “V” di Verdini. E’ la consonante che muove il cuore del segretario ed è la lettera che lo tormenta perché contro il suocero, “affettuoso e colto”, che è andato a trovare in carcere, raccontano nel partito, “c’è una furia che non si placherà. Gli indagheranno pure il cane”. Nella Lega i segretari non si riescono a pugnalare anche perché la sola volta che è accaduto, con Umberto Bossi, qualcun altro, un magistrato, ha risolto il lavoro dei congiurati. Se si dovessero prendere per buoni tutti i tentativi della Lega di sostituire Salvini saremmo già alla quarta resurrezione del segretario. Che i gruppi parlamentari rispondano a Salvini è vero ma è vero anche, come dicono in FdI, che “un parlamentare risponde al suo istinto di sopravvivenza, senza contare che Salvini ha dovuto ferire molti suoi uomini”. Per colpa di Meloni, che non ha ascoltato ragioni, Calderoli ha perso la presidenza del Senato. Lo hanno visto piangere il giorno dell’elezione di La Russa. Vannacci in Piemonte toglierebbe spazio alla moglie di Calderoli, Gianna Gancia, che potrebbe, a questo punto, non rincandidarsi. A Riccardo Molinari, il capogruppo di Salvini alla Camera, l’erede di Fedriga, non ha potuto consegnare la presidenza di Montecitorio. E’ andata a Lorenzo Fontana, ma Fontana ha dovuto lasciare l’attività di partito. Il ministero dell’Agricoltura lo ha preso Lollobrigida ma era il ministero che voleva a Gian Marco Centinaio. A Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato, che per tutti i lombardi, anche i più riottosi, quelli del Comitato nord, i vecchi leoni con le stampelle, sarebbe il segretario ideale, era stata promessa la Lega Lombarda ma gli è stata negata. Continua su ilfoglio.it