Fateci caso. Il silenzio di Renato Schifani sul caso Auteri, e sulle ultime parole pronunciate dal deputato di Sortino contro di lui, è lo stesso silenzio del gennaio 2023, quando nel bel mezzo dello scandalo di Cannes, Manlio Messina accusò ferocemente il presidente della Regione. Che non fiatò. Nel giro di qualche mese la frattura si sarebbe ricomposta a Brucoli, dove il governatore lodò (e imbrodò) il Balilla per la sua competenza in materia turistica, facendo trapelare la notizia che ogni tanto se ne servisse per le sue doti da consulente.
Il caso Auteri è diverso, ma rimane immutato il contesto: il parlamentare che nei bagni dell’Ars ha minacciato di “affucare” un collega, è un esponente di Fratelli d’Italia che s’è appena sospeso dal partito nella speranza di far calmare le acque. Ma è uno dei principali interpreti del modus operandi della corrente turistica meloniana, avendo recapitato – in Finanziaria e senza passare dal Furs, il Fondo unico regionale per gli spettacoli – fior di quattrini alle associazioni a lui vicine (una con sede a casa della madre). In una delle tante trasmissioni a cui ha preso parte in questi giorni, il parlamentare ha lanciato un’accusa contro il presidente della Regione: “E’ entrato a gamba tesa in assessorato, senza comunicare nulla nemmeno all’assessore. Qualcuno dovrebbe risponderne”.
In sostanza Auteri ha detto che -poverini- quelli del suo partito non riescono a toccar palla per le ingerenze di Schifani. Il quale avrebbe potuto usare l’occasione per fare piazza pulita, per riaprire il dibattito sulla questione morale o, al limite, ri-assegnare le deleghe di un assessorato talmente ghiotto da venire depredato ogni volta. E invece, come un in passato, ha preferito soprassedere. Ha scelto di lasciar cadere le accuse. Proprio come nel gennaio dello scorso anno, quando dopo aver revocato in autotutela l’affidamento diretto da 3,7 milioni ad Absolute Blue per l’organizzazione di una mostra fotografica a Cannes, e aver definito un “danno d’immagine” quello inflitto alla Sicilia dal Dipartimento al Turismo (all’epoca l’assessora era Scarpinato), il Balilla lo apostrofò malamente: “Tutto viene fatto in un arco temporale che va dal 20 ottobre all’11 novembre, ovvero quando io non sono più assessore al Turismo e non lo è ancora Scarpinato – disse Messina in tv -. L’assessore al Turismo ad interim, in attesa delle nuove nomine, era proprio il governatore Schifani. A questo punto, o Schifani non ha guardato le carte, e questo sarebbe gravissimo, oppure non le ha sapute leggere”. Contro Messina si scagliarono i collaboratori e gli alleati di Schifani – dovevano – ma non il presidente in persona.
Il caso vuole che Auteri sia della scuola di Messina, e che come il ‘maestro’ l’abbia fatta franca. Un segnale di sudditanza, da parte di Schifani, se ce n’è uno. Non può dimenticare il presidente della Regione di sedere su quella poltrona grazie al Presidente del Senato, Ignazio La Russa, che è e rimarrà il suo padrino politico nella buona e nella cattiva sorte. Da questo rapporto con il n.2 della Meloni discende il perdono di alcune marachelle che sono capitate e che potrebbero ricapitare, compresa quella di Auteri. Un deputato irrilevante fino all’altro ieri ma capace, all’un tempo, di infliggere un duro colpo alla credibilità di Fratelli d’Italia e all’onorabilità del governatore. Senza che debba pagarne le conseguenze.
Schifani, che più di una volta ha dichiarato di non essere “condizionabile”, adotta tutte le cautele del caso anche nei confronti del suo partito, Forza Italia, e soprattutto di chi lo finanzia. Per tenere buona la famiglia Berlusconi, infatti, ha sfornato due mega contributi a Mediaset, che in cambio gli organizzerà le feste di Natale. Per la sera della vigilia, grazie a un contributo da 900 mila euro (cui se ne sono aggiunti 300 mila da parte del Ministero del Turismo), ha “scritturato” due performance del Volo: quella per il mercato italiano andrà in onda su Canale 5 prima dello scoccare della Mezzanotte (la registrazione s’è tenuta il 31 agosto alla Valle dei Templi di Agrigento). Inoltre, con un altro investimento da due milioni, previsto dalla manovra-quater appena approvata a Sala d’Ercole, ha opzionato la piazza di Catania per il veglione di Capodanno. Anche in quella occasione, a meno di clamorosi ripensamenti, saranno in piazza le troupe di Mediaset.
Questo rapporto privilegiato con il gruppo della famiglia Berlusconi, ovviamente, è legato al momento e al contesto storico: Piersilvio e Marina continuano a risanare i conti di Forza Italia, inoltre sono molto attenti al ricambio generazionale che potrebbe investire il partito alle prossime Politiche. Con questi gesti di grande magnanimità il presidente della Regione potrebbe ri-conquistare l’affetto degli eredi del Cav., e ottenere copertura per un eventuale bis alla Regione oltre che per una conferma politica di Marcello Caruso, il suo ventriloquo, alla guida del partito siciliano. Avere garanzie dai piani alti è anche un passepartout per condizionare Antonio Tajani, con cui i rapporti sono diventati molto più distesi all’indomani della promozione di Caterina Chinnici in Europa. E pazienza se l’inchino costerà quasi tre milioni di euro: questa è promozione del territorio.
Il presidente Schifani, d’altronde, è così: debole con i forti e forte con i deboli. Ha messo sotto scacco i direttori generali delle ASP, inserendo nel contratto una clausola che prevede la loro revoca nel caso in cui mancassero l’obiettivo dell’abbattimento delle liste d’attesa; avverte i burocrati, spiegando che occorre un repulisti (“Cerchiamo persone che abbiano entusiasmo e che guardino all’incarico di dirigente come ad un impegno per la Sicilia”); punisce le ditte che non completano i lavori nei tempi stabiliti (come l’impresa di Favara che ritardò nella consegna del Castello Utveggio di Palermo) e organizza un recruiting per i costruttori di un certo peso, come Webuild. Se la prende con gli assessori meno performanti (vedi Turano, bocciato nell’ultimo summit di coalizione) e tesse l’elogio dei riccastri che gli organizzano le cene o di alcuni imprenditori dominanti, come Urbano Cairo (numerose le iniziative di Rcs con l’avallo della Regione, compresi i grandi giri in bicicletta). Attacca “certa stampa” per aver ricamato sui rapporti impossibili con il ministro Musumeci, e riempie quell’altra di francobollini (leggasi interviste esclusive senza contraddittorio).
Se c’è qualcuno da ossequiare diventa un suddito modello. Se qualcuno gli tiene testa, aziona la macchina del rancore. Non esistono vie di mezzo.