Quando si parla di spoil system i loro nomi spuntano sempre. Nonostante provengano da ambiti diversi – la burocrazia e l’arte – ai piani alti godono della medesima, straordinaria considerazione: stiamo parlando di Margherita Rizza e Gianna Fratta. Secondo le ultime cronache, sono loro le multitasking di Sicilia. La dirigente e la direttrice d’orchestra sono la risposta più collaudata alle esigenze di sottogoverno, ma anche a un maschilismo – come sempre – dilagante negli incarichi pubblici e di governo, specie in Sicilia. E’ a loro che il governo della Regione potrebbe affidare ruoli di enorme responsabilità anche in futuro.
In realtà Margherita Rizza è diventata da qualche giorno segretaria generale ad interim, dopo la scomparsa prematura di Maria Mattarella. Manterrà l’incarico fino all’individuazione del nuovo dirigente (lei medesima?). Laureata in Giurisprudenza, in servizio nell’amministrazione regionale dal 1992, era già direttore del dipartimento degli Affari extraregionali. Una sorta di sottosegretario agli Esteri, sempre più in ascesa. Una persona di fiducia alla quale Schifani, per il tramite dell’assessore al Turismo, ha prorogato di sei mesi l’incarico da commissario straordinario della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana. La prima volta era stata nominata il 16 maggio, all’indomani delle dimissioni del sovrintendente Andrea Peria (cause d’incompatibilità) e della deflagrazione del Cda, culminata nell’addio di tre dei cinque componenti. Rizza avrebbe dovuto guidare una fase di transizione, ma il nuovo Consiglio è ancora sotto sale.
Fra l’altro la burocrate è anche presidente dell’Ersu di Palermo, l’Ente per il diritto allo studio universitario. Condensare quattro incarichi, tutti preminenti, in una giornata di ventiquattr’ore non deve essere per nulla facile. Servirebbero i poteri speciali. Forse la Rizza si è già attrezzata, tanto che Schifani la considera un’intoccabile. Fa parte di quella rosa di dirigenti apicali che il governatore non intende sostituire, mentre la maggior parte dei burocrati, alla scadenza naturale degli incarichi, nel prossimo febbraio, rischia il siluramento.
Si occupa di musica, in modo diverso, anche Gianna Fratta. E pure lei, fino alla primavera del 2023, aveva a che fare con la Foss. Nelle vesti di Direttore artistico. Era stata selezionata dall’ex commissario straordinario della Sinfonica, cioè Nicola Tarantino, che ha gestito la fondazione per un paio d’anni per volere dell’ex assessore al Turismo, Manlio Messina. La direttrice d’orchestra è la moglie del cantautore Piero Pelù, che non ha mai nascosto le proprie inclinazioni di sinistra e che di recente ha abbandonato la piattaforma X in rottura con il magnate Elon Musk, reo di aver attaccato i magistrati italiani per la questione dei sette migranti non trattenuti in Albania.
Pelù non è un patriota, ma la moglie continua ad essere un riferimento per la corrente turistica di FdI, che dopo averla voluta a Piazza Politeama, l’ha nominata project manager nell’ambito delle Celebrazioni Belliniane (iniziativa controversa costata circa 3 milioni alle casse della Regione) col compito di “coordinare unitamente al Dipartimento Turismo la realizzazione del complesso delle attività nonché di selezionare gli spazi idonei alla esecuzione delle diverse attività”. Costo dell’operazione 102 mila euro. Per l’evento, che si sviluppava fra Catania e Monreale (con la musica sacra), l’assessorato aveva affidato un servizio promopubblicitario a un’agenzia palermitana per circa 900 mila euro. Ma questa è un’altra storia che denota i soliti vizi.
Oggi la Fratta è Direttore artistico di Taormina Arte, nominata lo scorso giugno con l’obiettivo “di produrre, promuovere e valorizzare tutti gli eventi artistici della Fondazione, dalla musica al teatro, dalla danza al cinema”; ed è in lizza per guadagnarsi la direzione artistica del Teatro Massimo, dove di recente FdI ha dato il proprio assenso alla conferma del sovrintendente Marco Betta. Un “favore” che dovrà essere ricambiato in qualche modo: da qui la decisione di puntare sulla Fratta per un altro ruolo operativo, nonostante la concorrenza accanita.
Per la Direzione artistica del Massimo si era fatto il nome di Beatrice Venezi, l’amica di Giorgia Meloni e l’ex consulente di Genny Sangiuliano al Ministero della Cultura, che è stata stroncata dal giudizio di tre orchestrali della Sinfonica durante il suo ultimo concerto (e ha poi rinunciato all’incarico dicendo di avere troppi impegni).
Mentre un’altra “candidata a tutto” è Ester Bonafede: è stata assessore del governo Crocetta, è stata sovrintendente della Foss (la seconda volta, però, il suo nome non è stato ratificato per la sussistenza di motivi d’incompatibilità), ha ottenuto il posto di Sovrintendente a Taormina Arte, dove ha rotto i ponti con il sindaco Cateno De Luca (il Comune ha abbandonato la Fondazione). E, nel tempo libero, si è candidata con la Lega di Matteo Salvini, raccogliendo circa 8 mila voti alle ultime Europee. La Bonafede non nasce leghista, ma militava nell’Udc, lo stesso partito che si è fuso col Carroccio in un momento di massima disperazione (prima delle Regionali ‘22): bere o affogare. Bonafede, il cui nome è stato sponsorizzato (invano) da Salvini & Co. per la guida del Massimo potrebbe diventare responsabile dei progetti speciali del Teatro di Piazza Verdi per le periferie, con un budget da 5-6 milioni da spendere. Anche lei ha tutti i titoli da multitasking.