Ieri sera a cena da un’amica un espertissimo di cinema, uno di quei nuovi intellettuali che ha visto, cinematograficamente, tutto ma non ha letto, letteralmente, nulla (tranne forse un poco di Lacan) ha sentenziato che lui Ozpetek non lo sopporta e che per principio non è andato a vedere il suo ultimo film. Eh ‘sti cazzi! A me, invece, nel mio piccolo, ignorante come sono di cinema, appartenente alla minoranza di coloro che qualcosa legge ancora (addirittura la inutilissima Metafisica di Aristotele!), il film Diamanti è piaciuto. Posso dirlo? Non c’è trama, sceneggiatura, sviluppo, certo – concordo in questo con l’intellettuale-che-ha-visto-tutto – ma vi è, mi sembra, il mondo, anzi l’universo umano, visto con lo sguardo delle donne. Che è uno sguardo attento, di solito infinitamente più di quello degli uomini, alle emozioni, ai dolori antichi, alle carezze dolcissime, ai seni come cuscini del bambino, del bambino accucciato nell’anima di ognuno. A me il film è piaciuto, perché è un cast e, nel film, un team di lavoro bellissimo, emozionato, dove la competizione non uccide, per una volta, l’umanità. Poi c’è l’idea dell’abito, che forse non fa il monaco, ma l’attore sì, dà forma alla recitazione. Forse un poco a tutta la vita. C’è l’estetica come guida del lavoro, di un lavoro ben fatto, di un lavoro bello, l’estetica del lavoro manuale come anima dell’etica. Ecco, c’è un’etica del lavoro che non è etica kantiana del Dovere, divinità massonica di una ex borghesia diventata padrona, per la quale il dover lavorare è ormai un vezzo non una necessità, ma è etica estetica. Non si sa se il bello salverà il mondo ma, certo, in questo film salva la vita (anche nel senso che permette di arrivare a fine mese). E poi l’estetica, quella della moda almeno, è vissuta, non osservata, sfogliata, ostentata, recitata, snob. E’ fatta con le mani, con le dita, con le dita sensuali delle donne. E’ un bello che si nutre di particolari creativi, di parti che faticosamente e laboriosamente fanno il tutto, non di tutti vacui, vuoti di parti, pretenziosi, ostentati in sfilate o in riviste glamour e fatue. È l’alta moda delle operaie non delle stronze. Dell’ago e del filo, delle sarte, delle amiche, della battuta di spirito, della seduzione e del desiderio fisico, perchè no, di “farsi fare l’amore” dal fattorino – stupendo il “le faremo sapere” di Geppi Cucciari! – e poi del lavoro duro di notte per la consegna dell’abito importante, del caffè, del dito punto, della goccia di sangue. Bellezza piccola. E grandissima. E poi la scena finale con Kasia Smutniak magrissima, meravigliosa, che volteggia nell’abito rosso, è da urlo. Ma io, nel mio piccolo, mi sono solo fatto un pianto di gioia in silenzio.
Giovanni Ventimiglia
in Buttanissimi Extra
Le donne di Ozpetek viste da un professore di metafisica
ferzan ozpetek
-
Articoli Correlati
-
Piersanti Mattarella? Lo conoscevo, questa la sua eredità
Rimane in me il ricordo di un uomo di grande valore politico e morale, di…
-
Cecilia Sala è tornata in Italia
dopo la detenzione a TeheranÈ decollato pochi minuti fa, da Teheran, l'aereo che riporta a casa la giornalista Cecilia…
-
I tormenti dell’attore antifascista che interpreta Mussolini
Si usa in genere il tremendissimo cliché “ultima fatica” per il lancio di libri, film,…