Le balene bianche di Sicilia

Il segretario della Dc, Totò Cuffaro, ha scelto di appoggiare Dell'Utri, di Noi Moderati ma in lista con Forza Italia

A Comiso, comune di 30 mila anime in provincia di Ragusa, è scoppiata l’ultima disfida fra Democrazie Cristiane: da un lato quella di Totò Cuffaro, che attraverso il deputato Ignazio Abbate ha confermato il sostegno al sindaco uscente Maria Rita Schembari (FdI); dall’altro quella di Valerio Spadaro e Roberto Guccione, dirigenti nazionali di un’altra Dc, ch’erano già scesi in campo a sostegno del rivale di Schembari: il renziano Salvo Liuzzo. La smentita “con forza e convinzione” delle posizioni destrorse, da parte di questi ultimi, è solo l’ennesimo episodio – un po’ comico e un po’ goffo – di una saga che si trascina da anni e che precede il ritorno in campo dello stesso Cuffaro, ormai “riabilitato” anche per la giustizia italiana. E’ l’evidenza plastica che c’è tantissima fame di Dc, nuova o vecchia che sia, ma scarsa abilità nell’offerta di una proposta unitaria. Anche se – va sottolineato senza timore di smentita – in Sicilia non esiste una proposta “altra” rispetto all’intuizione dell’ex governatore, che alle ultime Regionali ha spinto il partito al 6,5%. Eleggendo cinque deputati.

Una di essi si chiama Serafina Marchetta, ed è la moglie di un altro democristiano nostalgico: ovverosia Decio Terrana, attuale coordinatore regionale dell’Udc, un partito quasi-fantasma dopo gli addii della scorsa campagna elettorale: hanno preso altre strade sia l’ex assessore Cordaro che l’ex capogruppo all’Ars Eleonora Lo Curto, approdata alla Lega come Mimmo Turano (oggi assessore regionale). Persino Roberto Lagalla si è candidato a sindaco di Palermo in solitaria, senza attendere una ratifica ufficiale di quello ch’era diventato (da non troppo) il suo nuovo partito. L’Udc è, insomma, una costola ammaccata di questo centrodestra che però, nelle intenzioni di Terrana, vorrebbe concorrere alla rinascita della Democrazia Cristiana.

Piccolo incipit utile al racconto: prima della composizione delle liste, Cuffaro aveva ostruito la strada della candidatura agli ex deputati dell’Udc. Pur tuttavia aveva acconsentito a un apparentamento tecnico, di cui la Marchetta – moglie di Terrana – era stata la principale beneficiaria: dritta nel listino di Schifani. Oggi, però, il marito punta a irrobustire il progetto, a diventare parte in causa (e non solo ospite) di una reunion che non quaglia: “L’unità dei moderati che mette al centro la dottrina sociale e l’impegno politico dei cattolici – ha detto qualche giorno fa con una nota – non si costruisce con le parole, gli annunci, o con il ricorso alle carte bollate. Per dire di appartenere alla Democrazia cristiana – ha aggiunto – serve una leale collaborazione tra tutte le parti che si identificano nei valori moderati e che interpretano concretamente con una incisiva azione politica le aspettative di tutti quei cittadini che oggi hanno perso la speranza e non vanno più a votare perché fortemente delusi dalla politica”.

E’ un mantra che ripetono un po’ tutti gli appartenenti alla vecchia Dc. Anche se alle parole, finora, nessuno riesce a far seguire i fatti. Il voto di maggio nei 129 comuni siciliani ha riproposto la questione. E, al netto di Comiso, ha creato una magagna di non poco conto pure a Catania, dove una “certa Dc” ha mobilitato le proprie forze a sostegno di Lanfranco Zappalà, un candidato civico fra i meno quotati per Palazzo degli Elefanti. Sostegno garantito dal vicesegretario regionale di “quella” Dc, il signor Andrea Saraniti. Cuffaro, che mal sopporta queste diatribe, non ha potuto esimersi da una presa di distanze: “La Dc che per le amministrative a Catania ha siglato un accordo con il candidato sindaco Zappalà non è la nostra Democrazia Cristiana. Auguriamo al signore che firma note stampa per conto della sua Dc personale buona fortuna e di riuscire ad avere qualche iscritto e qualche voto, cosa di cui dubitiamo”.

La Dc Nuova di Cuffaro, una volta messo a piede a Palazzo dei Normanni, ha preso l’appellativo di “Democrazia Cristiana” (come fosse quella ufficiale). E ha finito, paradossalmente, per aggrovigliare una situazione che nel cuore dei sostenitori è pura e matura: la Dc vera è quella di Totò. Lui, Cuffaro, che ha evitato di sfilare lo scudocrociato all’Udc e aprire un nuovo contenzioso sul simbolo, concorda solo in parte: “Mi verrebbe da dire che la DC vera è quella di Renato Grassi, dove sono anch’io, ma preferisco non iscrivermi al coro di chi pontifica e non fa messa. Una vera rinascita della Dc (occhio, perché sembra di risentire Terrana, ndr) la si potrà ottenere solamente quando la stessa non si considererà un partito privato, come negli ultimi decenni abbiamo assistito”.

E ancora: “Sarebbe meglio se tutti i signori che litigano per la titolarità del nome o della mera proprietà del simbolo, evitassero di arrogarsi il diritto di ‘essere loro la Dc’ e si impegnassero a fare come ho fatto io in Sicilia, con lavoro e sacrificio, presentando le liste, andando per strada a parlare di Democrazia Cristiana tra la gente, offrendo realmente ai cittadini il desiderio e l’opportunità di riaverla”. Cuffaro, dopo aver eletto tre consiglieri comunali a Palermo (con un assessore nella giunta Lagalla) e cinque deputati alla Regione, ha attirato nella sua ragnatela anche l’ex leghista Francesca Donato, che lo rappresenta a Bruxelles. E sta cercando di consolidare la sua presenza nelle province siciliane, senza mai tralasciare l’ambizione numero uno: ossia la risurrezione della Dc su scala nazionale. La nuova Balena bianca.

Prima, però, servirebbe ricostituire un centro. Che a livello elettorale è scomparso. I vari cespuglietti, da Nord a Sud, non hanno attecchito. Ne è testimonianza il fatto che persino Cateno De Luca, a livello nazionale, ha raggranellato più preferenze di Noi con l’Italia, dove trovano spazio i vari Lupi e Romano, Cesa e Toti. Anche Forza Italia, con Berlusconi sempre più ai margini, rischia di imboccare – stavolta per sempre – la via dello sfaldamento (o della transumanza a destra). Il progetto del Terzo Polo, con la santa unione fra Calenda e Renzi, necessita di ulteriore rodaggio. Cuffaro, nel suo piccolo, in Sicilia è riuscito in un mezzo miracolo: ripristinare il nome della Dc agganciandolo alla sua rinascita. Personale, politica, giudiziaria. L’ex governatore è stato e si è confermato un veicolo di grande consenso. Giura che continuerà a fare il padre nobile, nella speranza di formare nuova classe dirigente. Nel frattempo è costretto a fronteggiare i piccoli incidenti di percorso, che specie a ridosso delle elezioni possono risultare fastidiose e fuorvianti. Ma si sa: la politica è quella cosa immensa fra due campagne elettorali.

Alberto Paternò :

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