Sul caso di Giuseppe Antoci, l’ex presidente del Parco dei Nebrodi che a maggio 2016 scampò a un attentato, indaga da cinque mesi la commissione regionale Antimafia. L’inchiesta aperta dalla Procura di Messina si concluse con l’archiviazione del Gip per 14 soggetti. Così il mistero di quella notte – tra il 17 e il 18 maggio – appartiene soltanto alle cronache di siti e giornali. La commissione ha votato questo pomeriggio una relazione di 100 pagine che il suo presidente Claudio Fava ha poi illustrato ai giornalisti: “A giudizio di questa commissione restano attuali le tre ipotesi formulate in premessa – si legge nella relazione finale – un attentato mafioso fallito, un atto puramente dimostrativo, una simulazione. Ipotesi, tutte, che vedono il dottor Antoci vittima (bersaglio della mafia nelle prime due; strumento inconsapevole di una messa in scena nella terza). Alla luce del lavoro svolto, corre l’obbligo di evidenziare che delle tre ipotesi formulate, il fallito attentato mafioso con intenzioni stragiste appare la mano plausibile. L’auspicio è che su questa vicenda si torni a indagare (con mezzi certamente ben diversi da quelli di cui dispone questa commissione) per un debito di verità che va onorato”. Nel corso delle numerose audizioni di Fava, in cui sono stati ascoltati i protagonisti della vicenda, ma anche giornalisti e forze dell’ordine, sono state raccolte alcune “contraddizioni” rispetto alle versioni fornite ai giudici. E soprattutto qualche silenzio imbarazzante.
Paolo Cesareo
in Il sabato del villaggio
L’attentato ad Antoci: dubbi e verità di Fava
claudio favagiuseppe antociparco dei nebrodi
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