Oggi si muore diversamente. Morire di questi tempi è un evento carico di enfasi. Perché oggi non si muore e basta. Oggi, quando muori, non lasci solo la tua famiglia, i tuoi amici, dei figli, il tuo lavoro, i tuoi oggetti, i tuoi conti in banca, i tuoi debiti e crediti, la tua auto e i tuoi calzini stesi.

No. Oggi, quando muori, lasci un reticolato di persone, di vite intrecciate di dibattiti aperti, di foto, vignette, status e tanto altro ancora. Oggi lasci un Social Network. Lasci una porta aperta nel tuo armadio. Tutti possono vederlo, aprirlo e guardarci dentro per parecchio tempo. Si muore, più o meno improvvisamente, e per sconosciuto che tu sia, si dà un’occhiata alla tua pagina Facebook: cos’hai scritto, qual è stato il tuo ultimo pensiero prima di morire. Cos’hai indossato la sera prima in quella foto con gli amici. Non lo sapevi che di lì a qualche ora non ci saresti stato più. Non fate quella faccia, è così davvero.

Morire oggi è atroce. È ancora più atroce per chi resta rispetto a prima. Chi resta ha questo social network che ti tiene ancora fra la vita e la morte. Il tuo sorriso, la tua foto dell’altro ieri. Per chi resta è logorante. Ti ha ancora lì presente nei tuoi post, nei tuoi “mi piace”. Nella musica che ascoltavi e nei film che seguivi. Ti si fanno persino gli auguri per il tuo compleanno. Una pagina viva di qualcuno che vivo non è più.

Poi passa. Tutto passa. E passiamo anche noi. C’è conforto in quel cuore virtuale che continua a battere. C’è conforto per chi resta, compagnia di quel vuoto lasciato. Pagine di passato che ti danno il tempo di accettare il presente. Tepore e violenza di un social network.

Cosa sia meglio, se il passato con i suoi distacchi netti o questo presente che non ti lascia andar via mai completamente.