Il primo a chiedergli un passo indietro era stato Ismaele La Vardera, il vicepresidente pari ruolo. Alla fine Riccardo Gennuso s’è tolto d’impaccio: “Dopo una lunga interlocuzione con il presidente Cracolici ho deciso di autosospendermi dalla carica di vice presidente vicario della Commissione antimafia, per il rispetto che ho per lo stesso organismo”. Il deputato di Forza Italia all’Ars (il gruppo che fa riferimento al governatore Schifani), infatti, è imputato in un processo per estorsione assieme al padre Pippo, già decaduto da parlamentare (per altre questioni) durante la scorsa legislatura. “Se queste notizie risultassero confermate – aveva detto il neo presidente della commissione, Antonello Cracolici – la sua condizione lo renderebbe incompatibile con la carica di componente dell’ufficio di presidenza della commissione”.
Sul procedimento penale che coinvolge il figlio di Gennuso, eletto per la prima volta all’Assemblea regionale lo scorso 25 settembre, non ci sono molti dubbi. Il processo dura da cinque anni, anche se il figlio d’arte dichiara di essere una vittima. Il dubbio è perché la politica se ne accorga solo adesso, dopo averlo eletto: “La questione morale non può essere trascurata”, ha detto l’ex Iena La Vardera. Anche dal Movimento 5 Stelle si era sollevato un moto d’indignazione: “L’elezione di Riccardo Gennuso, imputato per estorsione, non è certo il miglior viatico per il nuovo cammino dell’importante istituzione di palazzo dei Normanni e rappresenta un pessimo segnale inviato ai cittadini – dicono Jose Marano e Roberta Schillaci, membri della commissione -. La scelta di Gennuso da parte del centro-destra è totalmente inopportuna e rischia di minare gravemente la credibilità dell’istituzione che va affidata a persone al di sopra anche del minimo sospetto”.
“La commissione regionale Antimafia – ha aggiunto Cracolici – si riunirà per la prima volta la prossima settimana: sarà in quella sede che gli uffici della segreteria ed i funzionari della commissione dovranno verificare i requisiti previsti dall’articolo 6 del regolamento della stessa commissione che individua i casi di incompatibilità per i componenti dell’ufficio di presidenza”.