Dio è morto, Marx pure e Maria e Barbara non stanno tanto bene. Le azioniste di maggioranza della programmazione Mediaset – De Filippi e D’Urso – sentono sul collo il fiato della concorrenza pubblica, un soffio talebano proprio perché espirato non da una qualsiasi Carlucci ballerina né dal consueto Ranieri canterino e nemmeno dal comico di turno sbarazzino ma, udite udite!, dallo sparuto e coraggioso drappello di guerriglieri Rai della cultura in versione pop, della storia e della scienza spiegate al popolo (che c’entra Giorgia, che è una cantante, con Leonardo da Vinci? c’entra, c’entra e, anche se non c’entrasse, ce la facciamo entrare!), del sapere enciclopedico in formato fascicoli settimanali riccamente illustrati.
Insomma, il caso vuole che un sabato sera di fine settembre arrivi tal Alberto Angela (di Piero e di Pastore Margherita) con l’aria del docente di mezza età ma di giovanilissimo e fascinosissimo aspetto – il professore che una volta avrebbe fatto girar la testa alle ragazze di un educandato – si metta a concionare sul genio leonardesco e sparigli le carte degli ascolti tv. Mezzo milioncino in più e lo 0,55 di percentuale di share fanno già gridare al miracolo da un lato e al sacrilegio dall’altro: viale Mazzini che impazzisce di gioia perché porta a casa il risultato, recupera dal cassetto l’impolverata medaglia del Servizio Pubblico e se la appunta al petto, gonfia e tronfia della mission culturale, con la direttora di Rai1, Teresa De Santis, che recupera il mantra della sua linea editoriale che già agli esordi (conferenza stampa dello scorso Sanremo) aveva misticamente recitato all’uditorio, parole d’ordine «pop» e «narrazione»; Mediaset con il suo altare maggiore sulla via Tiburtina profanato, l’icona di Santa Maria da Pavia sfregiata, il tabernacolo scardinato, il tempio del talent-vip «Amici Celebrities» in subbuglio con i suoi simil-profeti cacciati o in fuga (ma c’erano tutte le premesse di un’idolatria malata e sfranta se già il buon Joe Bastianich in versione musicante era stato esiliato con ignominia dalla sacerdotessa Platinette che gli aveva scagliato contro un «tu non sei un artista!» con la stentorea, sentenziante severità di un mezzosoprano in un’opera di Verdi). Anche Santa Barbara dei Figli Ripudiati e Riaccolti, dal Santuario di Cologno Monzese, fatica da un po’ a radunare nuovi adepti, pur se la sua chiesa mediatica è sempre affollatissima, ma forse bisognerebbe rinfrescare il catalogo degli idoli, usurato da Pamele Prati e Paole Caruso, mamme adottive e naturali, finti aspiranti mariti e finti figli dei finti aspiranti mariti, ragazzini avviati al sacrificio delle telecamere previo bonifico. Metti che la Rai sovrapponga pure a lei, nei pomeriggi feriali o nelle sere domenicali, con l’alibi della Fratelli Fabbri, qualche abile descrittore degli effetti energizzanti della papaya fermentata, e il sorpasso magari è inevitabile.
Certo, Leonardo può compiere il miracolo ma il prossimo genio chissà, la De Filippi poteva capire in anticipo che il talent farlocco ricavato dal talent vero (chiamasi spin-off) non avrebbe funzionato così come quello originale con gli agguerriti ragazzini che sputano sangue tra acuti e piroette. Il dato comunque c’è: cultura batte… altro (avete per caso animo di chiamarlo intrattenimento?) 1 a 0. Però, ricordiamocelo: così come la rondine, un sabato sera non fa primavera.