Botta e risposta tra Anac e la Stretto di Messina su costi e certezza di realizzazione del Ponte tra Calabria e Sicilia. I tempi per l’approvazione del progetto esecutivo e le risorse necessarie per l’opera continuano a essere argomento di dibattito. L’ultimo decreto Infrastrutture voluto dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che del progetto ha fatto una sua bandiera, ha infatti permesso di procedere a tappe con la realizzazione, andando per fasi costruttive, e ha rivisto la metodologia per rivedere il valore contrattuale dell’infrastruttura, oltre a prevedere un aumento dell’organico per la società stessa, la partecipata Mef incaricata di sovrintendere alla realizzazione, in modo da assumere la direzione dei lavori e fare da supervisione all’attività del contraente generale, il consorzio Eurolink guidato dal colosso delle costruzioni WeBuild.

La decisione del leader leghista aveva generato polemiche, in particolare per la costruzione per fasi, che eliminava anche un vincolo fissato dal decreto 2023 che aveva riportato in vita il progetto del Ponte, messo nel cassetto dal governo Monti nel 2012. Il provvedimento per togliere la Stretto di Messina dalla liquidazione fissava infatti al 31 luglio la data per l’ok al progetto esecutivo. L’approdo al Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) è però slittato all’autunno inoltrato. La Stretto di Messina ha infatti chiesto 120 giorni di tempo per rispondere alle osservazioni fatte dal ministero dell’Ambiente, compresa anche la presenza di documenti illeggibili.

In audizione alla Camera Busia ha sollevato più di un dubbio sui contenuti del decreto. Perplessità che fanno il paio con rilievi già evidenziati in passato: “Avevamo suggerito al governo di acquisire il vecchio progetto e usarlo come base di gara per completarlo e migliorarlo. Non è stato deciso così, quindi a maggior ragione oggi, serve approvare il progetto esecutivo in modo unitario, senza spezzettarlo in fasi esecutive e naturalmente senza avviare i lavori prima di avere un quadro complessivo dell’opera. Altrimenti la parte pubblica finirebbe per prendere su di sé rischi che non le competono ed i costi potrebbero aumentare oltre il limite fissato dalla normativa europea”, nota il presidente Anac elencando cinque punti da rivedere a detta dell’autorità.

Per prima cosa Anac chiede di coinvolgere nuovamente il Consiglio di Stato nella procedura. Andrebbe inoltre fissato un nuovo termine per avere luce verde al progetto esecutivo “Non va lasciato un vuoto”, ha spiegato Busia, “Ciò è essenziale per valutare lo svolgimento dell’opera e governarne la realizzazione”. Un’eventuale approvazione del progetto esecutivo per fasi costruttive, ha aggiunto “finirebbe anche per trasferire in capo alla parte pubblica, rischi che invece competono contrattualmente al privato”. Altro richiamo è sui costi. Il dl Infrastrutture prevede comunque la conferma del decreto Stretto per determinare l’aggiornamento del valore contrattuale dell’opera: pertanto, si dovrà calcolare il rapporto fra le tariffe del 2023 e quelle del 2021, “laddove applicabili”. Sulle spese Anac chiede di “garantire la massima trasparenza” e che “l’asseverazione dell’importo aggiornato non sia affidata solo a esperti del ministro, ma anche alla Corte dei conti”. Continua su Huffington Post