Roberto Lagalla, ieri, ha trascorso le ultime ore in assessorato con “la regina degli scacchi”, la piccola Clio Alessi, della International School di Palermo. Ora, impegnato in una difficilissima partita a scacchi, sarà invece il presidente della Regione, Nello Musumeci. Che dopo aver tenuto l’interim ai Beni culturali, per quasi un anno, e alla Sanità, per un paio di mesi, dovrà misurarsi per qualche giorno con l’assessorato all’Istruzione e alla Formazione professionale prima di cederlo a una new entry.
Lagalla s’è dimesso, come aveva annunciato in conferenza stampa, per dedicarsi alla campagna elettorale che lo vede candidato (senza l’appoggio dei partiti, fin qui) a sindaco di Palermo. Musumeci, che qualche settimana addietro aveva tamponato l’emorragia, spiegando che “dalla mia giunta non va via nessuno”, rischia di rimanere incartato: visti i deliri del centrodestra e la rivolta interna guidata da Forza Italia, Lega e Autonomisti, la soluzione più logica sarebbe quella di affidare l’incarico a un uomo di fiducia (s’è fatto il nome di Alessandro Aricò, attuale capogruppo di Diventerà Bellissima). L’occasione, però, potrebbe tornare utile per tentare di riaprire – anche se tardivamente – un canale con le altre forze della maggioranza. Anche se nessuno, a pochi mesi dalla scadenza elettorale, sembra disposto ad accettare uno strapuntino in cambio di una promessa di fedeltà al governatore. Tanto meno la Lega, il cui peso parlamentare (7 deputati) non trova corrispondenza nella squadra di governo.
Il rompicapo riguarda Musumeci e l’intero centrodestra, che, a meno di non convergere sul “civico” Lagalla, a Palermo si ritroverà con almeno due candidati. Per il momento sono cinque, anche se Gianfranco Micciché ha chiesto a Ignazio La Russa, proconsole di Giorgia Meloni nell’Isola, di poter separare le due partite (Amministrative e Regionali) e trovare un’intesa: “Se da Roma ce lo lasciano fare – ha detto il commissario di Forza Italia – ci accordiamo in cinque minuti”.