Alle celebrazioni di lunedì mattina al Foro Italico, nel trentesimo anniversario della strage di Capaci, mancava il candidato sindaco del centrodestra, Roberto Lagalla. Che ha scelto consapevolmente di defilarsi a seguito delle polemiche piovutegli addosso nei giorni scorsi per l’endorsement di Cuffaro e Dell’Utri: “Nelle scorse ore ho avuto un colloquio telefonico con la professoressa Falcone per annunciarle con rammarico l’impossibilità di partecipare alla manifestazione di commemorazione dei trent’anni della strage di Capaci – ha scritto Lagalla sui social -. Sono stato costretto a prendere questa decisione per evitare che qualche facinoroso, sensibile al fascino di certe feroci parole, potesse macchiare uno dei momenti simbolici più importanti della nostra città”.
“Dallo stesso palco in cui si terranno le celebrazioni di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta – ha proseguito l’ex rettore – è stato operato nei miei confronti un premeditato linciaggio morale, camuffato da pièce teatrale. Non è mia intenzione esporre Palermo a potenziali violenze”. Il riferimento di Lagalla è all’evento ‘La Repubblica della memoria’, organizzato dal quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Il direttore dell’edizione palermitana, Carmelo Lopapa, parla di “un pretesto risibile che rende ancor più grave e perfino inquietante quella sedia lasciata vuota al cospetto del presidente della Repubblica e dei ministri del governo italiano venuti a Palermo. Il palco di Repubblica domenica pomeriggio ha dato voce al ricordo, alla riflessione, alla speranza di questa terra. Non si sono udite «feroci parole», nessuno ha «macchiato» la memoria. La «potenziale violenza», «il clima d’odio» abitano solo le menti di chi vive l’imbarazzo e il comprensibile nervosismo generato da sostegni politici a dir poco imbarazzanti e — per usare il termine di Maria Falcone quel pomeriggio — «opachi». Repubblica, fin dalla sua fondazione, è voce narrante della lotta alla mafia. Non «alimenta strumentalmente» polemiche. Fa giornalismo e continuerà a farlo. Un ex rettore, se in buona fede, dovrebbe saper distinguere”.
Al Foro Italico, seduti accanto, c’erano i grandi rivali del momento: il presidente della Regione, Nello Musumeci, e il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché. L’ultimo a prendere la parola sul palco è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: “Nel 1992 Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono colpiti perché, con la loro professionalità e determinazione, avevano inferto colpi durissimi alla mafia, con prospettive di ulteriori seguiti di grande efficacia, attraverso una rigorosa strategia investigativa capace di portarne allo scoperto l’organizzazione. La mafia li temeva per questo: perché avevano dimostrato che essa non era imbattibile e che lo Stato era in grado di sconfiggerla attraverso la forza del diritto”. “La fermezza del suo operato – ha ricordato Mattarella parlando di Falcone – nasceva dalla radicata convinzione che non vi fossero alternative al rispetto della legge, a qualunque costo, anche a quello della vita. Con la consapevolezza che in gioco fosse la dignità delle funzioni rivestite e la propria dignità. Coltivava il coraggio contro la viltà, frutto della paura e della fragilità di fronte all’arroganza della mafia. Falcone non si abbandonò mai alla rassegnazione o all’indifferenza”.
“Le visioni d’avanguardia, lucidamente ‘profetiche’, di Falcone non furono sempre comprese; anzi in taluni casi vennero osteggiate anche da atteggiamenti diffusi nella stessa magistratura, che col tempo, superando errori, ha saputo farne patrimonio comune e valorizzarle”. “Anche l’ordinamento giudiziario – ha proseguito il Capo dello Stato – è stato modificato per attribuire un maggior rilievo alle obiettive qualità professionali del magistrato rispetto al criterio della mera anzianità, non idoneo a rispondere alle esigenze dell’Ordine giudiziario. Le esperienze innovative di quegli anni si sono tradotte, all’indomani dei drammatici attentati, in leggi che hanno fatto assumere alla lotta alla mafia un livello di incisività ed efficacia mai raggiunto fino ad allora. Con la determinazione di fare giustizia, facendo prevalere il diritto, ripristinandolo. Per consentire alle persone pienezza di libertà e maggiori opportunità di futuro contro la presenza delle mafie che ne ostacola e talvolta ne impedisce l’effettiva libertà”.