La tirannia di Schifani pigliatutto

Sono trascorsi 107 giorni, tre mesi e mezzo, dalla sospensione dai pubblici incarichi di Luca Sammartino, che il 17 aprile scorso – appreso dell’indagine della Procura di Catania che gli contesta due episodi di corruzione – si dimise immediatamente da assessore all’Agricoltura e vicepresidente della Regione. E’ un periodo lungo, contrassegnato dall’emergenza siccità, e in cui, nonostante tutto, il governatore Renato Schifani ha ritenuto di poter gestire le difficoltà da solo. Tenendo l’interim di un assessorato bollente, con le associazioni sul piede di guerra per il trattamento riservato agli agricoltori, che non riescono più nemmeno a irrigare i campi, e agli allevatori, costretti a macellare le bestie.

Anche il Tribunale di Catania, qualche settimana fa, ha rigettato la richiesta di revoca della sospensione presentata dalla difesa di Sammartino, così la speranza di Schifani di riaverlo in giunta, è venuta meno. Sgretolata. Ci si sarebbe aspettati una veloce contromossa, con la nomina di un sostituto. Ma l’ipotesi di un tecnico, Salvatore Barbagallo, per il momento rimane congelata assieme al rimpastino. Che ci sia poco tempo lo confermano le scadenze imminenti: il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, ha convocato l’aula per martedì pomeriggio, 6 agosto, prima del “rompete le righe” che dovrebbe arrivare il giorno dopo. Sarebbe, quindi, l’ultima occasione utile per organizzare il giuramento degli assessori, che da questa legislatura vengono ufficialmente nominati solo dopo le presentazioni formali a Sala d’Ercole. E’ accaduto così con Alessandro Dagnino, fresco assessore all’Economia: dopo aver preso le misure in commissione Bilancio, si è presentato in Ars per la benedizione, dopo di che si è insediato al posto di Falcone (volato a Bruxelles).

Logico chiedersi: perché Dagnino sì e Barbagallo no? La domanda riecheggia forte. Sarà perché l’avvocato palermitano 48enne viene considerato contiguo al “cerchio magico” del presidente? O perché l’Agricoltura, al momento, è considerata meno rilevante rispetto alla gestione dei conti pubblici? Il nuovo assessore all’Economia ha potuto assistere dal vivo allo spettacolo dell’aula, che con un maxi emendamento, martedì intorno a mezzanotte, ha smistato un centinaio di milioni (sui 220 previsti dalla manovrina) per mance di ogni tipo, che giungeranno a cascata nei vari collegi elettorali. Ne sono arrivati una decina – ma cosa volete che siano se non briciole – per garantire agli agricoltori l’esonero dal pagamento delle cartelle nei confronti dei consorzi di bonifica per l’irrigazione di soccorso. Ma è davvero una delle rare misure adottate per far fronte a una crisi che esigerebbe contromosse tempestive, investimenti opulenti, e soprattutto un assessore che stia dentro le questioni.

Con tutto il rispetto per le competenze di settore di Schifani, non sembra che il governatore né la Regione abbiano gli anticorpi per uscire indenni dall’emergenza attuale: per il comparto agricolo e zootecnico si stima una perdita della produzione nel 2024 che va da un minimo del 50% a un massimo del 75%. Come riuscirà Schifani a sopperirvi? Di certo non basterà il riconoscimento del “bonus fieno”, per 20 milioni complessivi, già in fase d’erogazione (attraverso i voucher); né i 20 milioni previsti dallo Stato d’emergenza nazionale, stanziati dalla Protezione civile nazionale, di cui la stragrande maggioranza (17 circa) verrà utilizzata per reperire nuovi pozzi e riattivare gli esistenti.

C’è un report di Coldiretti che parla chiaro: si segnala che quest’anno la Sicilia dovrebbe vedere il suo raccolto di grano crollare di oltre il 50%; inoltre, a causa della siccità, con forte impatto anche su alberi da frutto, vigneti e uliveti, i danni sono stimati in oltre 2,7 miliardi di euro. Con il caldo e i terreni secchi, a luglio, sono inoltre andati persi 5.800 ettari di terreni agricoli a causa degli incendi. A causa della siccità, inoltre, circa 2 dei 5 milioni di abitanti della Sicilia sta subendo razionamenti dell’acqua. Complessivamente 6 bacini su 29 non hanno più acqua utilizzabile. Di fronte a questi dati impietosi, cosa si aspetta a firmare il decreto di nomina di un assessore?

Qualche giorno fa la stessa Coldiretti aveva iniziato un presidio permanente a piazza Indipendenza, di fronte ai palazzi del governo, per denunciare la “fabbrica delle illusioni”: “Serve una riforma totale delle strutture preposte, come i Consorzi di bonifica che non solo sono commissariati da 30 anni” ma “non hanno agricoltori all’interno” (si richiede, infatti, la creazione di una Consulta degli Agricoltori). “Per giunta – lamenta l’associazione – della legge di riforma non si hanno più notizie”. Era una delle iniziative intraprese da Sammartino, assieme alla riforma dei Forestali, che però è rimasta nei cassetti. “Da mesi assistiamo a proclami di interventi, manifesti di milioni di euro, istituzioni di tavoli, cabine di regia e altro, ma il risultato è che gli agricoltori non hanno più nulla. In alcune zone della Sicilia – sembra il 1800 e non il 2024 -. non si trovano più neanche i serbatoi per convogliare quel minimo di acqua che arriva”.

Il sit-in è stato sciolto dopo l’ennesima promessa del governo di elaborare entro trenta giorni il Piano per la gestione e il contenimento della fauna selvatica. Si tratta di uno strumento programmatico di durata quinquennale finalizzato a mitigare i danni causati alle coltivazioni dalle specie selvatiche fuori controllo. “Andrà ad aggiungersi alle attuali misure già in atto – scrive Palazzo d’Orleans in una nota – come il Programma per l’eradicazione della peste africana nei suini e nei cinghiali che ha già portato all’abbattimento di 3.800 capi”. “Sono sempre disponibile – ha aggiunto Schifani – al dialogo costruttivo e anche questa volta il mio governo ha ribadito la propria solidarietà a un settore strategico per l’economia dell’Isola con misure concrete. Continueremo il confronto con le associazioni di categoria per individuare insieme le misure più idonee a supportare tutto il mondo agricolo e zootecnico. Stiamo affrontando una fase emergenziale, ma con l’impegno di tutti riusciremo a superare le avversità”.

Ci sarebbe anche la cabina di regia, l’ultima creatura di cui Sammartino ha potuto ammirare la genesi (è stata istituita il 10 aprile, una settimana prima del caso giudiziario che l’ha travolto). Ma non sembra che la struttura abbia prodotto chissà quali risultati. Ha “dovuto” approvare il piano di razionamento idrico proposto dall’Amap, per la città di Palermo, allo scopo di garantire le riserve d’acqua fino a dicembre. Schifani si era opposto, chiedendo la testa dell’amministratore di Amap, che quel piano l’aveva ideato; alla fine si è deciso a condividerlo. Inoltre ha fatto a testate – metaforicamente parlando – col suo predecessore, Nello Musumeci, per non aver riattivato i dissalatori (adesso servono 90 milioni) e per aver tralasciato molte misure ritenute urgenti.

Per mitigare gli effetti di un’emergenza che non lascia scampo – in Sicilia non piove da tre mesi – serve, però, un cambio di passo: “Ci auguriamo che comunichi il nuovo assessore all’agricoltura e che dica chiaramente che prenderà i 2 miliardi che sono stati sottratti con la sua complicità dallo Stato per il ponte sullo Stretto e li metterà a disposizione della Sicilia per risolvere i problemi strutturali legati all’emergenza idrica di cui lei è a conoscenza”, era il rimprovero di Cateno De Luca, qualche giorno fa. I Cinque Stelle si accodano: “Il presidente Schifani è un democratico accentratore. Il comparto agricolo è dilaniato dalla siccità e manca l’assessore all’agricoltura, siamo all’ennesima emergenza spazzatura ma l’assessore ai rifiuti è sfiduciato politicamente. Morale la Sicilia è travolta dalle emergenze, arrivano seppur minimi fondi ma vengono gestiti da un democratico accentratore”. A commentare l’ostinazione di Schifani è stato anche il Pd: “È evidente – ha detto Michele Catanzaro, capogruppo all’Ars – che una gestione ad interim così prolungata in un assessorato cruciale come quello all’Agricoltura non consente di pianificare e adottare interventi che sarebbero necessari ed urgenti, anche perché la delega è nelle mani di un presidente della Regione che appare interessato a tutto tranne che ai problemi dei siciliani”.

Alberto Paternò :

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