Il re dei pagnottisti si muove così. Lui è il capo – o il boss: decidete voi – di una azienda tentacolare il cui compito principale è quello di rastrellare denaro pubblico. Finge di essere un editore, dispone di un giornaletto on line e dice pure di fare informazione; ma in realtà vende “protezione mediatica”. Forte dei suoi legami con la politica e delle sue entrature a Palazzo d’Orleans, gira per città e castelli, per consorzi e aziende sanitarie proponendo contratti biennali da centoventimila euro e promettendo agli allocchi oltre a qualche intervista a basso costo anche una indefinita “copertura sui social e attraverso i social”: un lavoro del quale riesce difficile intravedere il valore e, soprattutto, la sostanza. Ricordate i picciotti che, nella Palermo ruggente, giravano per negozi proponendo affari che non si potevano rifiutare? Agisce pressappoco così: stessi toni, stessa spocchia, stessa arroganza. Parola di chi l’ha visto all’opera.
Alla destra di questo misterioso e inquietante personaggio siede il primo dei suoi santi protettori: Alessandro Aricò, assessore di Fratelli d’Italia e, soprattutto, garante dei ricchi contratti stipulati dal boss dei pagnottisti con il Consorzio delle autostrade siciliane, il famigerato Cas diretto da Calogero Fazio. Mentre alla sua sinistra siede un combattente e reduce del vecchio partito comunista: Elio Sanfilippo, eminenza grigia della sinistra imprenditoriale e presidente della potente Lega delle Cooperative Rosse. Tra i due c’è un rapporto stretto, strettissimo, addirittura letterario: hanno scritto insieme un libro dal titolo roboante: “Mafia senza onore”, Navarra Editore. La settimana scorsa hanno mostrato il meglio delle loro capacità manageriali come registi occulti della Borsa del turismo extralberghiero (BTE) organizzata dalla Confesercenti con l’obiettivo – legittimo, ci mancherebbe altro – di portare nell’area cosiddetta progressista il vasto e frastagliato mondo dei B&B. Chissà che cosa avrà pensato dello strano connubio tra il compagno Elio e il boss dei pagnottisti l’onorevole Antonello Cracolici, presidente della commissione regionale antimafia, antico compagno d’armi di Sanfilippo nel glorioso Pci di Pio La Torre e rigoroso predicatore – tuttora – di legalità e trasparenza, di rigore morale e buongoverno.
La domanda sorge spontanea. Anche perché il sedicente editore vanta, oltre al protettorato di Aricò e Sanfilippo – Francia e Spagna, purché si magna – amicizie influenti dentro il cerchio magico del viceré Schifani. O, meglio, dentro il retrobottega di Palazzo d’Orleans, lì dove si apparecchiano piatti di lenticchie per i giornaletti amici, riuniti tutti insieme appassionatamente nella Schola Cantorum fondata per tributare giorno e notte lodi, incenso e mirra al presidente Schifani; lasagne al ragù per i leccaculisti di più alta dotazione salivare e pietanze al caviale per gli avventurieri assistiti dall’opaco avvocato d’affari che, in quelle stanze dorate, vanta il monopolio dei traccheggi e dei magheggi. Nella tavolata imbandita nel palazzo di Piazza Indipendenza il boss dei pagnottisti pesca comunque a piene mani, confortato e adulato soprattutto dalla zarina, Simona Vicari, ufficialmente consulente e braccio destro del Viceré.
Certo, non arraffa i milioni di Mediaset o dell’editore Cairo, ma giocando da prestigiatore con le sue quattro società si porta a casa ogni anno una bella vagonata di denaro pubblico. Con la sottintesa speranza, va da sé, che prima o poi Schifani possa sceglierlo come sovrintendente dell’Orchestra sinfonica o come alto rappresentante del Viceré presso il Teatro Massimo. E’ successo con pagnottisti di rango inferiore, come Andrea Peria, perché non dovrebbe succedere con il più accreditato e spregiudicato pagnottista di Sicilia?