“Tanti nemici, tanto onore”, diceva un vecchio detto. Di fronte ai suoi “nemici”, però, Nello Musumeci potrebbe capitolare. E mentre i candidati di Diventerà Bellissima vengono pian piano allo scoperto, affiggendo i primi manifesti per le Regionali, l’autista del bus potrebbe rimanere a piedi.
Questa sarà l’ultima settimana di stallo. Dalla prossima, terminato lo spoglio per i ballottaggi a Verona, Parma e Catanzaro (ma anche a Sciacca), nel centrodestra siciliano si aprirà un regolamento di conti fra partiti. Con una sostanziale novità: il matrimonio fra Diventerà Bellissima e Fratelli d’Italia comincia a scricchiolare. I risultati raggiunti dal “listone” schierato a Palermo, infatti, non ha soddisfatto né l’uno né l’altro partito. FdI è rimasta alle spalle di Forza Italia, totalizzando poco più del 10 per cento. E il contributo alla causa del movimento di Musumeci viene ritenuto scadente. Alessandro Aricò, neo assessore regionale alla Formazione, rivendica l’elezione di Rini e Canzonieri, ma nessuno ha contribuito più e meglio di Scarpinato e Milazzo (entrambi meloniani), che hanno superato l’asticella dei duemila voti, facendo il vuoto alle loro spalle.
L’analisi del voto è un esercizio che continuerà ancora a lungo. Sorprende, inoltre, come il voto d’opinione – tremila ‘croci’ sul simbolo di Forza Italia – premi la battaglia No-Nello di Micciché & soci. A Palermo, più che altrove, gli elettori di centrodestra appaiono intolleranti al governo regionale, che in questi lunghi anni di prevaricazione, ha decentrato sulla Sicilia orientale investimenti, nomine, potere. Lo definiscono Catania-centrico. Anche a Messina, per la verità, il listone ha deluso, fermandosi all’8,7%. Era arrivata persino Giorgia Meloni per lanciare la volata di Maurizio Croce, tecnico del governo Musumeci (ha guidato l’Ufficio contro il dissesto idrogeologico). Non è servito: nella città dello Stretto ha vinto Federico Basile, il candidato di Cateno De Luca; e inoltre il primo partito della coalizione (perdente) di centrodestra è stato quello di Francantonio Genovese, il vecchio ras delle preferenze.
Per riverniciare la propria immagine di fronte a questi flop, Musumeci si è presentato tiratissimo a Taormina, dove ha accolto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della XII edizione di Taobuk, e l’ha accompagnato per le vie del centro. Ma lì è scivolato di nuovo di fronte all’irriverenza di Ficarra e Picone e all’intolleranza per le bugie (giustificata) del pubblico del Teatro Antico, che l’ha fischiato più volte durante il suo intervento alla serata di gala. Un intervento in cui Musumeci ha dato piena dimostrazione di vivere nella sua bolla ovattata: dove esiste un governo efficiente, capitanato dal prode Manlio Messina, che è riuscito a risanare i flussi turistici (tanto da non avere un posto letto libero ad agosto) e sfamare migliaia di imprenditori del settore; e in cui Roma matrigna non riesce a soddisfare le sue richieste, continue e reiterate, per ricucire quell’autostrada impraticabile che è l’A19, da Palermo a Catania.
Che Musumeci viva in un mondo tutto suo, stretto nella morsa di un “cerchio magico” che gli fa credere ciò che non è, lo dimostra la sponsorship di alcuni suoi assessori a un sondaggino parrocchiale in cui si chiede ai siciliani di scegliere il presidente del cuore. A seguito di una mobilitazione di massa, promossa su Whatsapp da qualche segugio, Nello è in testa. L’ennesima foglia di fico che, nelle intenzioni dei suoi fedelissimi, basterebbe a coprire le vergogne di quattro anni e mezzo buttati. In termini di riforme, di leggi, di rapporti col parlamento e coi partiti. Cose di cui nessuno, nel rassemblement dei devoti, sembra accorgersi. Tanto meno la Meloni, cui raccontano dei sondaggi ma mai dei fallimenti.
Lo strappetto consumato all’interno della nuova federazione FdI-Db – secondo il Giornale di Sicilia parecchi meloniani vorrebbero cambiare cavallo in corsa – è poca cosa rispetto al “rumore dei nemici” avvertito intorno. Lega e Forza Italia, assieme ai centristi di Romano e (probabilmente) agli Autonomisti di Lombardo, il 27 giugno faranno partire una lettera d’intenti – destinazione Roma – in cui chiederanno ai leader nazionali di rinunciare al bis. Ne hanno già parlato, durante un aperitivo a Mondello, venerdì scorso, Miccichè, Salvini e Luca Sammartino (deputato leghista fra i più acerrimi rivali del colonnello Nello). Lo stesso Micciché, dalle colonne del Corriere della Sera, oggi ha ribadito che “serve un tavolo della coalizione, come è sempre avvenuto fra di noi, per scegliere assieme un candidato condiviso capace di vincere” e che, invece, “ricandidando Musumeci il rischio di perdere è altissimo”. Per chiarire meglio il concetto, ecco una metafora: “Se sei anche il calciatore più forte del mondo ma non passi mai la palla, la squadra perde. E purtroppo per lui è così”. Almeno stavolta gli ha risparmiato l’umiliante paragone con un gatto qualunque.
A una settimana dall’affermazione di Lagalla a Palermo, con un centrodestra unito (e incerottato), il clima è più o meno questo. E non potrà che peggiorare.