“Non possiamo dire ai cittadini che non hanno il Coronavirus di tornare a casa perché si deve bloccare l’intera struttura ospedaliera. La rete deve seguire l’andamento epidemiologico”. Lo diceva qualche giorno fa Ruggero Razza, assessore regionale alla Salute. “Non siamo in emergenza”, gli fa eco il presidente, Nello Musumeci. Ma poi c’è la realtà di tutti i giorni, e le cose stanno prendendo un’altra piega. Gli ospedali siciliani iniziano a soffrire la risalita della curva. Non tanto nei reparti di Terapia intensiva, che per il momento registrano 42 accessi in tutta l’Isola (tranne Palermo, che rappresenta un’eccezione); bensì per i posti letto ordinari, oltre che per le cure ambulatoriali e specialistiche e gli interventi. Ottenere servizi sanitari di routine è diventato più difficile. Il sistema, sul medio-lungo termine, rischia di collassare. “Sulla base di proiezioni statistiche viene fuori che, a questo ritmo, il 10 novembre prossimo il numero di ricoveri in ospedale potrebbe raggiungere le 1.200 unità”, dice Giuseppe Natoli, statistico e data manager dell’unità di medicina interna dell’ospedale Civico di Palermo.
Esistono, quindi, un paio di sanità. Quella che contrasta il Coronavirus si sta attrezzando: la Regione, a Palermo, ha predisposto un piano di 500 nuovi posti letto, compresi quelli di Terapia intensiva e sub-intensiva: alcuni (120) saranno ricavati nel Covid Hospital di Partinico, che entra in funzione oggi. Gli altri, invece, andranno a implementare i reparti del “Cervello”, del “Civico”, del Policlinico e di Mazara del Vallo. La “seconda” sanità, destinata a tutte le altre cure, invece comincia a scricchiolare. L’assessore vuole confermare i servizi di base, ma ad esempio l’ospedale “Civico”, il più grande della Sicilia, si muove in direzione opposta. Il commissario per l’emergenza (fresco di nomina) Renato Costa, infatti, ha disposto lo stop ai ricoveri ordinari. Avranno accesso in corsia soltanto i malati Covid: nella notte fra domenica e lunedì, al pronto soccorso, si sono presentati una ventina di “positivi”.
I primi effetti della lotta al virus, al “Civico”, erano trapelati la settimana scorsa, con la sospensione degli interventi chirurgici non prioritari. La saturazione del reparto di Rianimazione non consentirebbe un normale decorso post-operatorio. Dicasi lo stesso per l’ospedale “Cervello”, che in questi giorni ha visto svuotare i suoi reparti migliori per fare spazio ai malati Covid. Chirurgia generale e oncologica sono stati trasferite a Villa Sofia, così come Cardiologia e Ostetricia. Questo “spostamento” genera pressione sulle altre strutture della città: si segnalano lunghe code nei pronto soccorso del Buccheri-La Ferla, dell’ospedale Ingrassia, oltre che del Policlinico.
Un altro casus belli che rischia di montare in queste ore è relativo al pronto soccorso pediatrico del “Cervello”, dopo che l’assessore Razza ha ventilato l’opportunità di un trasloco: “Un reparto con 30 mila accessi l’anno, unica alternativa per l’area ovest di Palermo e almeno fino ad Alcamo, non può chiudere o essere trasferito”, dicono il sindacato Cimo e i comitati consultivi degli ospedali del capoluogo che rappresentano 150 associazioni civiche. “Rischia di venir meno uno dei due reparti di Pronto soccorso pediatrico di tutta la città – spiega il dottor Rocco Di Lorenzo, coordinatore dei comitati dell’area metropolitana, a Live Sicilia –. Una realtà che a questa città ha dato tantissimo dal punto di vista umano, e che ha brillato più volte come eccellenza. L’altro polo è quello dell’Arnas Civico-Di Cristina, l’ospedale dei bambini. Ora, immaginiamo di avere solo quest’ultimo a disposizione e di dover arrivare fin lì, magari da paesi vicini al Trapanese, col traffico di Palermo e tutte le urgenze che si potrebbero accumulare mentre un bambino sta molto male. Siamo oltre i limiti del possibile, parliamo veramente di un rischio enorme”.
L’unico sfiatatoio, al momento, è rappresentato dal Covid Hospital di Partinico, che è in fase di riconversione (col trasferimento dei pazienti). La struttura, già a marzo, aveva ospitato pazienti affetti da Coronavirus. In partenza sarà dotato di 34 posti letto, che potranno essere incrementati fino a 80. “In questo modo – è il commento, moderatamente ottimista, di Renato Costa – la situazione tornerà alla normalità da subito”. La rete d’emergenza predisposta dalla Regione non prevede altre aperture nell’immediato. La situazione sembra persino più tranquilla nei reparti di Terapia intensiva, al netto degli ospedali “Civico” e “Cervello”: all’Ismett rimangono una decina di posti. Ce ne sono abbastanza ad Agrigento, Catania, Messina, Ragusa, Siracusa e Trapani. Sulla degenza ordinaria, invece, bisognerà sforbiciare qua e là. L’obiettivo, però, è regolare il flusso attraverso il turnover dei pazienti, dimettendo in tempi celeri gli “asintomatici”.
Tuttavia non bisogna abbassare la guardia. Come ha spiegato Alessandro Vergallo, presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac), al momento, “in nessuna Regione si registra ancora una situazione di criticità legata alla disponibilità di posti letto. Per ora stiamo reggendo l’impatto, ma va detto che i pazienti ricoverati presentano lo stesso livello di gravità che abbiamo visto nella prima fase della pandemia”. Tuttavia, “se l’andamento dei casi continuerà con i ritmi ed i numeri attuali, e senza misure ulteriori, stimiamo che in meno di un mese le terapie intensive al Centro-Sud, soprattutto in Lazio, Campania e Sicilia, potranno andare in sofferenza in termini di posti letto disponibili”. Dunque, “siamo molto preoccupati per le Regioni meridionali, dove i posti in intensiva non sono stati implementati dappertutto e dove rileviamo anche una maggiore impreparazione a far fronte ad un eventuale peggioramento della situazione. Questo anche sotto il profilo gestionale degli ospedali a partire dalla garanzia di percorsi nettamente differenziati per pazienti Covid e no-Covid”.
In effetti l’implementazione dei posti-letto nei reparti di Rianimazione, al di là degli scenari presenti e futuri, è indietro un po’ ovunque. A livello nazionale, secondo il Ministero della Salute, è stato programmato un incremento di 3.553 posti rispetto ai 5.179 di partenza. A questi se ne aggiungono altri 4.225 di terapia semintensiva, la metà dei quali riconvertibili per i pazienti critici. Ma per creare più letti servono macchinari, lavori, spazi, tempo. E a oggi, mentre i contagi salgono, il maxi-piano non è completato. Il 38 per cento dei letti programmati è stato attivato, dice il ministero, senza fornire i dettagli regionali: gli italiani hanno a disposizione 6.529 letti di rianimazione. Siamo lontani dal traguardo di 8.732.
“La situazione degli ospedali in Sicilia è sotto controllo – ha insistito l’assessore Razza -. Nei mesi scorsi il numero di tamponi era bassissimo e quello dei ricoveri dieci volte quelli attuali, quindi la strategia messa in atto dalla Regione sta dando i suoi frutti. Noi stiamo valutando un provvedimento che non vedrà il lockdown, se non selettivo, in alcune aree. La scelta della Regione sarà quella di fare quanto più è possibile test diagnostici per rilevare anche i positivi”. I tamponi, quelli sì, sono cresciuti a dismisura (grazie ai test rapidi). Oggi l’assessorato alla Salute ha pubblicato un bando per assoldare almeno mille fra medici e infermieri che possano entrare in azione nelle zone a rischio, dove sorgono i focolai, per proporre un piano di “tamponi a tappeto”. Anche sui vaccini influenzali si gioca una partita importante: l’obiettivo è non stressare il sistema sanitario, per questo sono state consegnate alle Asp 1,5 milioni di dosi, quasi il doppio rispetto allo scorso anno. La strada è segnata. Speriamo preveda uno sbocco.
Il bando della Regione per medici e infermieri
Giovani appena laureati, specializzandi, ma anche professionisti in pensione e medici stranieri. Una vera e propria chiamata all’azione quella messa in atto dalla Regione per lo screening volontario anti-Covid con tamponi rapidi che si intende realizzare su un campione significativo della popolazione siciliana. Stamani è stato pubblicato sul sito internet dell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico “G.Martino” di Messina (in qualità di azienda capofila), l’avviso pubblico riservato a personale sanitario che verrà impiegato nei test. Sarà anche la risposta che i professionisti daranno all’appello lanciato dall’assessorato regionale alla Salute a determinare le proporzioni della campagna.
“Se durante i mesi del lockdown, abbiamo associato misure restrittive a tecnologie digitali – dice l’assessore alla Salute, Ruggero Razza – oggi la maggiore conoscenza del virus ci spinge a nuove azioni. L’obiettivo resta lo stesso, ma con strategie diverse: anticipare il virus. Per questo, ancora una volta, facciamo appello al buon senso dei siciliani affinché aderiscano allo screening volontario e spero sinceramente che giungano adesioni incoraggianti da parte dei professionisti chiamati ad una campagna fondamentale per contenere questa fase della pandemia”. L’iniziativa è infatti finalizzata, così come riportato dalla letteratura scientifica internazionale, alla necessità di intercettare la presenza del virus nelle fase iniziali della malattia, evitando che l’evolversi della patologia determini quadri clinici che potrebbero riflettersi sul sistema ospedaliero siciliano.