Il tempo è praticamente scaduto e la campagna elettorale è alle porte. Dopo aver esitato la Finanziaria, e vista l’incombenza delle Amministrative e dell’estate, al “governo del fare” rimarrà pochissimo tempo per fare le cose. Qualche settimana appena. E allora il conteggio delle “opere realizzate” (non solo con il contributo dei fondi Fesr, che hanno garantito uno spot televisivo da 30 secondi, pagato poco meno di 700 mila euro) andrebbe aggiornato. Al ribasso.
C’è chi, nei corridoi dell’Ars, spinge ancora per una riforma dei Forestali. Ma con la stagione anti-incendio già cominciata – la Sicilia ha già iniziato a bruciare – sembra impossibile mettere d’accordo questa maggioranza falcidiata su un tema così sensibile. L’assessore Scilla aveva promesso la stabilizzazione a sei mesi per i 19 mila operai: sembrava tutto pronto per far approdare la proposta in aula, ma qualcosa si è inceppato. Il problema è la colla, il mastice di una coalizione andata in frantumi sul bis di Musumeci e incapace di reagire. Dopo la prima curva, anche la Legge Finanziaria sta prendendo corpo con estrema fatica (e qualche sgambetto). Micciché ha ripudiato alcune proposte del governo (dalle assunzioni nelle partecipate, passando per la riforma delle Ipab), ma l’ultima frattura è emersa quando l’articolo 6 è stato stralciato dal testo perché privo di copertura finanziaria: così l’assessore Samonà, che aveva tentato di facilitare l’accesso ai luoghi della cultura regalando una card da 40 euro alle famiglie residenti con tre figli a carico, si è risentito: “Politicamente, la responsabilità è da ascrivere alla sinistra, ai grillini e a chi, in Aula, ha retto loro il gioco”.
Anche il leader di Confindustria Sicilia, Alessandro Albanese, è apparso molto turbato per l’esito della manovra: “Da parte nostra avevamo chiesto di dirottare tutte le risorse possibili per aiutare le imprese puntando sui fondi per ottenere uno sconto sui contributi previdenziali e per abbattere in parte i costi provocati dal caro energia. Le riunioni di ascolto con il governo regionale erano andate bene – ha spiegato al Giornale di Sicilia – ma purtroppo dobbiamo constatare che in Finanziaria non c’è nessuna traccia dei dieci punti che avevamo posto all’attenzione: alla fine le imprese sono sempre le più penalizzate”. Poi ha puntato i riflettori su una delle riforme mai fatte: quella sulla burocrazia. Si tratta di una riforma “a costo zero. La grande battaglia è sulla riqualificazione del personale della Regione, un’esigenza che adesso comincia ad essere avvertita anche dagli stessi lavoratori che sono male organizzati e non hanno più riferimenti. Ma l’impressione è che non si voglia realizzare”. Sul dramma della burocrazia anche Sicindustria, diretta da Gregory Bongiorno, ha realizzato un dossier sulle autorizzazioni ambientali da cui si evince che 1155 progetti di investimento pubblici e privati restano in attesa di un decreto autorizzativo.
Ma è solo un piccolo segnale che racconta di una guerra più grande. Di un pantano amministrativo che non verrà risolto dall’approvazione di un Bilancio che, al contrario, appare solo l’ultimo atto possibile. Perché obbligatorio. Altrimenti non si sarebbe fatto neanche quello. A palazzo dei Normanni esistono visioni inconciliabili sull’operato del governo, che in questi mesi ha tralasciato riforme importanti: a partire da quelle dei Consorzi di Bonifica, che aspettano di essere risanati sotto il profilo economico. E come dimenticare i rifiuti. Un tentativo venne fatto nel 2019, ma dopo la bocciatura dell’articolo 1, la legge di riforma della governance venne ritirata dalla scena e archiviata per sempre, fra un passaggio in commissione e l’altro. E’ rimasta impantanata in commissione anche la riforma sul commercio proposta dall’assessore Turano, che avrebbe voluto imporre nuove regole a centri commerciali, botteghe e negozi. Anche dell’acqua si è discusso a più riprese – senza mai trovare un punto di caduta per la ferma opposizione del Pd – e alla fine non se n’è fatto nulla.
Un capitolo a parte merita, come sempre la razionalizzazione delle società partecipate della Regione, cui l’ultimo scandalo dell’Ast avrebbe dovuto dare un’accelerazione. Invece l’unica proposta del governo nel ddl Stabilità era quella di procedere a una nuova campagna di assunzioni per strappare il controllo alle società interinali (che, come accaduto per l’azienda dei trasporti) ha rappresentato il tappetino delle clientele politiche; e di nominare nuovo personale esterno per potenziare l’attività di verifica che i dipartimenti incaricati non riescono a svolgere. Ma le opposizioni, al momento propizio, hanno ricordato ad Armao che esiste una legge, votata all’unanimità dall’Assemblea, che impedisce le nomine negli ultimi 360 giorni di legislatura. Quindi non se ne farà nulla. L’unico tentativo di razionalizzare è tradotto nell’accelerazione della liquidazione di Espi, con la Regione che ha deciso di accollarsi l’ultimo contenzioso in capo all’ente per lo sviluppo industriale, che avrebbe dovuto chiudere una ventina d’anni fa. Per il resto nessun accorpamento, nessuna fusione, nessun risparmio di spesa. Solo un maggiore controllo e una “misura sanzionatoria ai dipartimenti deputati al controllo degli inadempimenti degli enti controllati dalla Regione, quali Enti, consorzi, istituti, che ha l’obiettivo di creare uno stimolo per l’attivazione di ogni forma di controllo”.
Questa è l’unica traccia su una questione annosa, che aveva portato il presidente della Regione a pronunciarsi più volte durante e dopo l’ultima campagna elettorale. Musumeci aveva promesso la chiusura dell’Esa, l’ente di sviluppo agricolo, ma ha finito per metterci a capo un suo fedelissimo. E’ solo l’esempio di una gestione maccheronica e incompleta di una macchina rimasta senza olio nel motore. Che in questi giorni sta emettendo gli ultimi gemiti prima del “rompete le righe”. Restano davvero poche settimane per realizzare cose che sono state trascurate per anni. Dopo la chiusura della sessione Finanziaria, entro la metà di questa settimana, bisognerà lasciare obbligatoriamente spazio alla campagna elettorale per le Amministrative (si vota a Palermo, Messina e un altro centinaio di comuni). Poi ci sono i ballottaggi, seguirà l’estate, e infine la campagna elettorali per le Regionali. In questi giorni, come rivelato da ‘La Sicilia’, si era parlato anche di un’ideuzza per ravvivare la contesa: ovvero la modifica della legge elettorale. Ma neanche per questo ci sarà tempo.