La Regione siciliana non ha ancora trovato i soldi per pagare la società che sta ripavimentando oltre 100 km sull’A18, la Catania-Messina; ma, al contrario, ha trovato il tempo per annunciare l’ennesima festa in collaborazione con Rcs Sport, la società di Urbano Cairo, che banchetta sul bilancio dell’ente, organizzando eventi e convenevoli per attrarre più turisti. Così dicono.
L’ultima trovata ha un nome strano: “SeeSicily Gazzetta Sports Days Sicilia”. C’è dentro un po’ di tutto: premiazioni, storie di campioni, campi di padel. C’è un brand, SeeSicily, cioè la grande campagna promozionale – con annesso reclutamento di alcune star – messa in piedi con 75 milioni a valere sul PO-Fesr 2014-20; e c’è, soprattutto, un conto sempre aperto fra Mamma Regione e la Gazzetta dello Sport, che ormai presidia Palazzo d’Orleans e non vuole più saperne di andare via.
Terra di mille bellezze, la Sicilia rischia però di diventare una regione di grandi (e gravi) sperperi. Il primo accordo fra l’assessore Manlio Messina – il Cavaliere del Suca, noto per i suoi improperi – e il quotidiano sportivo milanese, risale al 2019, quando venne siglato un patto da 10,8 milioni di euro per far passare dall’Isola alcune edizioni del Giro d’Italia (la “grande partenza” del 2020, in periodo di piena pandemia, ce n’è costata quasi quattro) e le prime edizioni del Giro di Sicilia dopo quarant’anni di astinenza di cui non s’era accorto nessuno. L’assessore al Turismo e il presidente Musumeci si sono sempre trincerati dietro le biciclette in corsa e le immagini dall’alto, che avrebbero permesso alla Sicilia di accrescere la propria dimensione nel mondo, oltre ai flussi turistici, va da sé, che oggi, superato l’incubo della pandemia, fanno registrare una permanenza media di 3,2 notti nell’Isola.
Nessuno ci ha mai detto se è merito del Giro d’Italia, delle fiere di Ambelia o di Cairo. Basta che sventoli un vessillo rosa e il governo della Regione, ormai spompo, ci si tuffa, ritrovando quelle energie di cui s’è dimostrato privo, ad esempio, durante gli anni del Covid (ne è prova il fatto che numerosissimi imprenditori, illusi dalla Finanziaria di guerra, hanno ricevuto le briciole). E di cui s’è dimostrato quasi sempre privo, in termini di quattrini. Non ci sono più soldi per i Comuni, visto che il Fondo enti locali, ogni anno che passa, è sempre più striminzito (oggi vale circa 380 milioni di euro); non ci sono più soldi per le ex province, cancellate maldestramente da Crocetta e non più in grado di sopperire al dissesto delle strade secondarie, di cui la Regione non vuole e non deve occuparsi, e alle lacune dell’edilizia scolastica e dei servizi sociali; non ci sono più soldi nemmeno per garantire la sopravvivenza dei teatri, anche se Palazzo d’Orleans riesce sempre a rimediarci un figurone in tema di feste. Assegna contributi a tutti: da Taobuk, il festival del libro di Taormina, nonostante quegli impiccioni di Ficarra e Picone; passando per il Sicilia Jazz Festival, un’altra passerella imperdibile nel cuore di Palermo, fino al Bellini International Context, che ha dovuto cambiare nome perché il vecchio (BellinInFest) è stato bocciato da un tribunale.
Nonostante il periodo di ristrettezze, la nostra sembra una Regione opulenta. Che sa “come” trovare i soldi per garantirsi una ricca esistenza. Tornando ai rapporti col mondo della grande impresa, le ultime fatture incassate dal gruppo Cairo Rcs Media Spa, risalgono a maggio: 320 mila euro circa in quanto “concessionaria esclusiva per la pubblicità sull’emittente televisiva La7, sul quotidiano Corriere della Sera e sui siti online corriere.it, gazzetta.it e La7.it”. Anche questo tesoretto si riferisce all’investimento per la “Campagna di fine anno per la promozione del programma See Sicily” che è costata alle casse della Regione due milioni secchi, di cui la metà destinati alle emittenti televisive e alla realizzazione degli spot. Non si può certo dire che la Sicilia, in questi anni, abbia marcato visita in tivù. L’unica ‘censura’ (della Rai, però) ha riguardato i recenti fischi riservati a Musumeci al Teatro Antico di Taormina. Ma questa è un’altra storia.
Fra gli interlocutori economici più frequenti dell’assessore al Turismo, c’è anche l’agenzia Itaca, di Milano, che a proposito di See Sicily si era aggiudicata nel 2021 l’avviso per la promozione pubblicitaria (89 mila euro iva inclusa) utile a gestire i cinque milioni previsti dalla campagna di comunicazione. Anche se nei mesi scorsi sono arrivati diversi interventi correttivi da parte dell’assessorato – tra cui un’apparizione a Casa Sanremo durante il Festival – che hanno fatto lievitare i costi fino a dodici. L’autore e promotore di questi ricchi cotillons è il solito, Manlio Messina, cui Musumeci ha affidato le chiavi delle feste e delle sagre paesane, incurante del fatto che “turismo” significhi anche altro. Innanzi tutto, fare sistema con gli operatori del settore (venti associazioni che si occupano di “treni storici”, a proposito, si sono lamentate per i mancati finanziamenti) e offrire ai visitatori dei buoni motivi per tornare.
Non lo sono i rifiuti sparsi per strada, in attesa che venga adottata una strategia definitiva per superare le impasse delle discariche piene (anche se Roma ha già bocciato l’ipotesi del conferimento fuori regione); non lo sono le condizioni proibitive – anche a livello economico – dei collegamenti via mare per le isole minori; non lo sono le condizioni di strade e autostrade. Nel primo caso la Regione fa orecchie da mercante, almeno fin quando non decide di passarsi una mano sulla coscienza e, come è avvenuto ieri (a pochi mesi dalle elezioni), intervenire con un accordo quadro da 63 milioni per la manutenzione straordinaria. Nel secondo, invece, le competenze le ha eccome: tramite il Consorzio Autostrade Siciliane, che gestisce la Catania-Messina, la Palermo-Messina e la Siracusa-Gela (fino a Ispica). Sull’A18, “a causa di alcune lungaggini riguardanti la contabilità”, gli operai sono rimasti a secco. L’ipotesi di uno sciopero, però, ha fatto drizzare le antenne a Marco Falcone, che cercherà di rimediare entro la prossima settimana.
E mentre nei vari assessorati ci si muove carponi per tappare le falle, quello al Turismo sembra viaggiare in una dimensione parallela. Altrimenti non si spiegherebbero i 2,2 milioni di euro stanziati per un progetto fotografico a Cannes, in occasione della 75.ma edizione del Festival del Cinema, di cui una buona parte, 176 mila euro, destinati ad attività di “comunicazione e ufficio stampa”. O i numerosi interventi di cui è beneficiario il gruppo Cairo, ivi compreso quest’ultima festa al Foro Italico di Palermo e al tempio di Segesta. A chi serve: alla Sicilia o all’assessore Messina? Per poter dire – magari – che l’aumento dei turisti dipende dai suoi provvedimenti e non, invece, dalla bellezza incantevole di una terra che continua a resistere agli sfregi della politica e della burocrazia?