Marco Falcone pensava con la propria testa quando Forza Italia era nelle mani di Gianfranco Miccichè e ha continuato a usare il cervello anche dopo che il feudo siciliano è stato assegnato da Berlusconi a Renato Schifani. Ma la coerenza conta poco in un Palazzo d’Orleans popolato da bulli e mezzecalzette particolarmente attive nel bacio della pantofola. E Falcone ha pagato il suo prezzo. Appena si è insediato all’assessorato dell’Economia si è visto strappare la delega alla Programmazione: il governatore aveva deciso di cedere quei poteri a un avvocato d’affari la cui storia politica e professionale pone una questione morale di dimensioni stratosferiche. Falcone ha incassato. Ma sabato a Taormina, giocando di sponda con Antonio Tajani e Caterina Chinnici, ha isolato Schifani e lo ha costretto a rimangiarsi l’alleanza con Totò Cuffaro. Una scoppola da applauso.