Di Caterina Chinnici si sono perse le tracce, e forse non vedeva l’ora. L’ultimo contributo al dibattito regionale, da parte dell’ex candidata del campo progressista, è il messaggio d’auguri a Renato Schifani. Che, si fosse presentato nelle liste del Pd, con quel capo d’imputazione sulle spalle (nel processo Montante), sarebbe stato crocifisso e relegato in tribuna. Come un Lupo qualunque. Detto questo, la Chinnici ha provato in campagna elettorale a dare un nuovo volto al Partito Democratico. Un volto garbato, gentile, schivo, con una forte connotazione etica. Ma ha trovato un partito in frantumi che, coi suoi lunghi silenzi, ha reso persino più fragile. Lo ha detto Antonello Cracolici, uno dalla scorza coriacea, che s’è messo in gioco all’Ars nonostante il danno arrecatogli dalla presenza di numerosi “paracadutati” nelle liste per le Politiche: “Caterina Chinnici ha fatto quello che ha potuto, nelle condizioni complicate che sappiamo – ha detto a Live Sicilia -. Certo, conta il carattere delle persone. Non si può affermare che ci metta il cuore nella battaglia politica”.

La dottoressa Chinnici, all’indomani della sconfitta senz’appello, è uscita di scena. Avrebbe potuto contribuire, con le sue caratteristiche, a rilanciare il partito. A riavvicinarlo ai giovani. Ad aprirlo alla società che lo reclama. Invece niente. Con poco cuore e poco tatto, ha scelto di togliere il disturbo. Indossando l’etichetta di meteora e lasciando che fossero gli altri – dal segretario Barbagallo fino ai ‘partigiani’ più riottosi – a sbranarsi nella prossima direzione di sabato. Eppure la Chinnici, con tutti i suoi limiti, ha rappresentato per alcuni mesi, dalla vittoria alle primarie di fine luglio, il faro di speranza di una politica nuova. Di lei si è lodato lo spirito e la compostezza. Non certo il coraggio: Claudio Fava, un’altra “vittima” della sua inconcludenza, denunciò sin da subito che si trattava di una scommessa persa. Come i Cinque Stelle, che utilizzando un pretesto per di più errato (quello degli impresentabili), hanno preferito svincolarsi a un metro dal traguardo. Meglio perdere da soli.

La Chinnici, che ha trascorso il giorno dello spoglio nella sua Caltanissetta, privando i giornalisti della soddisfazione di un’analisi del voto (almeno quella), potrà tornarsene nelle stanze di Strasburgo e Bruxelles. Forte di un sacco di preferenze che le sono piovute addosso in due diverse circostanze (nel 2014 e nel 2019). Ospite, però, di un partito che non ha fatto nulla per risollevare da questo sfregio. Anzi. Sono stati i dem, incapaci di offrire una proposta “interna” a questa e ad altre competizioni elettorali, a sottolinearne il sacrificio. E ad accettarne l’abbandono senza colpo ferire. Peccato, dottoressa Chinnici. Poteva dimostrare di rappresentare una risorsa, s’è rivelata soltanto una ‘papessa’. Straniera, va da sé.