Saverio Romano, dall’alto del suo “accordo nazionale” con Silvio Berlusconi, ha assistito da spettatore interessato alla guerra fratricida che ha portato alla frantumazione di Forza Italia in vista delle prossime Europee. Il nome dell’ex ministro dell’Agricoltura non è mai stato in bilico. Arcore lo ha blindato. Così ad aver perso il treno per Bruxelles è stato Giovanni La Via, sostenuto dagli ex An Pogliese e Catanoso. Che per tutta risposta, dopo la scelta del partito di puntare sul palermitano Milazzo, già capogruppo all’Ars, hanno abbandonato la nave. Facendo sprofondare l’ala catanese in una crisi identitaria che nel giro di poche ore ha provocato una mini-diaspora.
In un video su Facebook, Romano ha esternato la sua delusione per la mancata candidatura di La Via e per il fatto che Catania sia rimasta senza rappresentanti: “Perché io sono abituato a guardare la politica – spiega adesso il leader del Cantiere Popolare – E quando la politica si rappresenta attraverso le donne e gli uomini in maniera qualificata, viene apprezzata dagli elettori. A mio avviso Giovanni La Via ha le caratteristiche che rispondono a queste capacità. Lasciarlo fuori è penalizzante”. Dalle parole di Romano emerge il mancato gradimento verso l’operazione condotta dai vertici del partito. Neanche il passato recente di La Via, candidato da vice-Micari, con il Pd e contro il centrodestra, basta a giustificare questa mossa.
Miccichè dice che La Via non poteva essere il rappresentante unico di Forza Italia alle Europee. Che la gente, in funzione del suo passato con Alfano e il centrosinistra, non avrebbe gradito.
“Ma non è vero che non ci fossero altri candidati di Forza Italia. La Giammanco è una senatrice di Forza Italia, Cicu è un parlamentare di Forza Italia, Berlusconi è il leader di Forza Italia. L’unico che arriva in lista attraverso un accordo nazionale con l’area centrista sono io. Non capisco perché si sia rivendicata una bandiera che poteva essere tranquillamente rappresentata dagli altri candidati che le ho citato”.
L’addio di Pogliese e Catanoso rischia di provocare una dispersione di voti nella Sicilia Orientale. La preoccupa questo aspetto?
“Spero che restino dentro il partito e diano una mano in questa fase difficile al presidente Berlusconi, che sta facendo un grande sacrificio. Dovremmo apprezzare la disponibilità con la quale ha scelto di candidarsi in tutta Italia. Loro sono certamente delle risorse: uno è già sindaco, l’altro, Catanoso, è un personaggio di rilievo che potrà avere spazio in futuro. E’ stando insieme che si ricostruisce, anche in termini elettorali, un’area che potrà essere premiata non solo in Sicilia ma anche nel Paese”.
Marco Falcone, assessore regionale alle Infrastrutture, è il nuovo coordinatore provinciale del partito a Catania.
“Spero che riesca a recuperare il legittimo risentimento di quelli che sono stati per lungo tempo suoi amici, colleghi e compagni nelle diverse stagioni politiche. Sarebbe un bel colpo se riuscisse a riportare la pace”.
Ci racconta come è nata la genesi della sua candidatura? E’ bastato un incontro di Arcore con Berlusconi?
“La nostra storia è legata al Partito popolare europeo. Oggi l’unico partito italiano che ha una rappresentanza parlamentare, oltre che politica, in Europa è Forza Italia. Quindi abbiamo accolto l’appello di Berlusconi come area identitaria popolare e ci siamo schierati con lui, entrando nella sua lista”.
Si dice che gente come Raffaele Lombardo – rimasto fuori dai giochi dopo l’abbandono alla Meloni – e Giusy Savarino, esponente di Diventerà Bellissima che si è dichiarata “neutrale”, siano pronti a venire in suo soccorso. Quanto c’è di vero?
“Sto chiedendo il voto a tutti i cittadini siciliani e sardi e alla classe dirigente che con me ha fatto un pezzo di strada, anche abbastanza lungo. Le persone che ha citato fanno parte della mia storia. Ce ne sono tante. E farò appello anche a chi, pur non avendomi mai accompagnato nel mio percorso politico, abbia voglia di fare un pezzo di strada insieme”.
Rileggiamo la spaccatura di Forza Italia. Miccichè, depurando il partito da spinte più estreme, ha riscoperto un centro moderato. E, forse, potrebbe aver posto le basi per una nuova costituente. E’ quanto previsto dal patto di Cefalù.
“Non credo che dentro Forza Italia ci siano stati estremisti. Sono dispiaciuto del fatto che questi amici ritengano conclusa la loro militanza. Io li invito a rimanere e fare le loro battaglie democratiche, e legittime, dentro questa casa. Ciò detto, il progetto lanciato a Cefalù è ancora vivo. La mia esperienza dentro la lista di Forza Italia è figlia di quel progetto. E’ ovvio che ci sia ancora parecchia strada da fare per permettere a chi ha dato la propria disponibilità – penso al presidente Musumeci – di giungere a una conclusione: la realizzazione del partito dei moderati italiani”.
Anche Sicilia Futura si inquadra nel nuovo schieramento?
“E’ un area politica che negli ultimi anni, pochi, è stata in libera uscita. Ma visto l’elettorato centrista di cui dispone, la sua ricollocazione al centro è naturale”.
Come fa la Sicilia a tornare protagonista in Europa? Quale sarà il suo apporto in caso di elezione?
“La Sicilia tornerà al centro dell’Europa rivendicando infrastrutture importanti come quella del porto hub di Palermo, che diventa il crocevia di tutti gli scambi commerciali nel Mediterraneo. Il primo porto d’Europa che potrà dare lavoro a 400 mila persone e una spinta allo sviluppo dell’intero Mezzogiorno. Ho coltivato a lungo un sogno che ora diventa un progetto possibile da realizzare. Mi intesto questa battaglia. Per quanto mi riguarda, voglio portare l’esperienza di chi è già stato parlamentare e ministro e può rivendicare una stagione di buon governo e di competenza per riaffermare gli interessi legittimi dei siciliani e dei sardi. Sia per le loro vocazioni territoriali, che per le esigenze dei territori”.
Teme l’avanzata della Lega anche in Sicilia?
“I sondaggi dicono che è il partito principale nel nostro Paese. Ma dai sondaggi alla cabina elettorale c’è un bel pezzo di strada da fare”.
In Sicilia si dibatte sulla questione morale. L’interesse privato, e cinico, ha perforato la sfera pubblica, affermando il malcostume a tutti i livelli. E’ urgente parlarne con un dibattito all’Ars?
“Se si vogliono difendere i principi del diritto, se si vuole essere realmente garantisti, e io lo sono, bisogna lottare senza se e senza contro il malcostume. Purtroppo, con la complicità del bisogno, tende sempre ad affermarsi un modo di fare politica che io speravo fosse già negli archivi della storia. Qualche volta si ripropone, e va combattuto. I partiti devono guardare in casa propria e dare una risposta chiara e forte. Certi fatti devono essere condannati dalla politica prima che dalla magistratura”.