La sanità degli imbalsamati

L'assessore Giovanna Volo durante il taglio di un nastro. La sanità pubblica annaspa, enormi problemi di personale

Che fine ha fatto l’assessore alla Sanità? Tutti se lo chiedono, mentre s’avvicina il termine del 31 gennaio, entro il quale si dovrebbe procedere con la nomina dei 18 direttori generali. Ma sia l’una (la Volo) che gli altri (i manager) sembrano “imbalsamati”. Dalle parti di piazza Ottavio Ziino non accade quasi nulla. E la Volo è talmente brava a centellinare le apparizioni pubbliche che, assieme a Schifani, è l’unica “esclusa” dalla foto di gruppo della giunta, pubblicata sui social dall’assessore Amata, per celebrare l’approvazione della Finanziaria nei tempi di legge (non avveniva da 21 anni).

Manca Schifani, che quasi mai s’è presentato in aula durante la discussione della manovra; e manca la Volo, che dai temi affrontati a Sala d’Ercole non è stata neppure lambita. Il “tecnico” in quota Forza Italia, nominata dal governatore per fare uno sgambetto a Micciché ed evitare che gli appetiti dei partiti deflagrassero (la sanità vale 9 miliardi l’anno), non è riuscita neppure a difendere la norma per incentivare i medici a lavorare negli ospedali di periferia: il governo, infatti, ha ritoccato la sua stessa proposta (accorpata a quella dei Cinque Stelle), prevedendo appena 10 milioni anziché i 20 definiti in partenza. Una pessima figura. Ma in realtà – tanto vale dubitare in partenza – non è chiaro se l’assessore abbia mai fatto o proposto nulla per difendere i camici bianchi e aggredire le criticità dei territori (c’è un Avviso aperto per gli “stranieri”, ma a fine dicembre avevano aderito una cinquantina su 1.400 posti scoperti).

L’ultimo intervento pubblico risale a prima di Natale, quando l’assessore-fantasma adottò per decreto le “Linee guida per la prevenzione degli atti di violenza e delle aggressioni verbali e/o fisiche a danno degli operatori sanitari delle strutture sanitarie pubbliche della Regione Siciliana”. Poi, più niente. E pensare che il momento – col ritorno del Covid-19, il picco delle influenze, i Pronto Soccorso affollati, il nuovo nomenclatore tariffario per i convenzionati e le nomine – richiederebbe la presenza forte di un assessore che ha il compito di tirare il sistema fuori dalle secche, curando i malati e rassicurando le famiglie. E che invece s’è impantanato prima e più degli altri.

Il 28 novembre, intervenendo agli Stati generali per l’Informazione e la Comunicazione della Salute, a Palermo, ha spronato i presenti a “impegnarci, tutti insieme, affinché ai cittadini arrivino informazioni precise e puntuali, corrispondenti al vero, evitando ogni sensazionalismo che possa incrinare il rapporto di fiducia tra popolazione e sanità pubblica”. Ma di fatto non ha più proferito verbo, se non per rassicurare tutti che la Regione è in regola coi tempi previsti per l’ammodernamento del patrimonio edilizio e che sarebbe opportuno, specie per fragili e anziani, vaccinarsi contro il Covid-19. Cose che direbbe chiunque. Da un assessore del suo peso specifico, però, ci si aspetterebbe qualcosa in più. Ad esempio che iniziasse a risolvere i problemi.

Invece non viene nemmeno nelle foto. Evita quel briciolo di vanagloria che tutti i colleghi, anche i più attempati e i meno propensi all’amministrazione, riescono a guadagnarsi. Scusate la franchezza, ma è come se l’assessore avesse smesso di crederci da tempo, da quella volta che le opposizioni le rinfacciarono a gran voce di non arrivare preparata alle interrogazioni in aula (che per un paio di volte le costarono un plateale imbarazzo di fronte all’Ars). La Volo si è liquefatta. E’ stata commissariata da Salvatore Iacolino, che ha preso in mano la Pianificazione strategica e, man mano, si è eclissata fino a uscire di scena. Ogni tanto partecipa ai convegni e poi scompare: nel solco di quella Caterina Chinnici che per qualche settimana, una volta consumato il suo passaggio in Forza Italia, sembrava essere diventata il più papabile dei successori.

Per ora non se n’è fatto nulla e per vedere un cambio alla Sanità bisognerà attendere, probabilmente, l’esito delle prossime Europee. Che porterà con sé un rimpasto della giunta e, aspetto non secondario, le nomine dei direttori generali. La Volo se ne rimarrà al suo posto senza fare granché e sarà, ancora per qualche mese, l’istantanea di un fermo immagine, di un sistema fiaccato e aggrovigliato su se stesso. Un assessore che non può essere rimosso per una questione di plateale narcisismo. Mandarla via significherebbe, per Schifani, dover riconoscere il proprio errore di valutazione (che, a catena, ne ha generati tanti altri); e il presidente non è uno molto abituato a chiedere scusa.

La Volo gli è stata consigliata, quattordici mesi fa, dal “saggio” Elio Adelfio Cardinale, persona di cui si fida; e ha pensato potesse essere un buon compromesso per liberarsi della pressione di Micciché e degli alleati. L’ha assoldata senza avere alcuna garanzia sotto il profilo politico e delle competenze (come riportato da un’inchiesta dello scorso maggio de ‘La Sicilia’, sarebbe risultata ‘non idonea’ nella selezione dei manager del 2018), e poi ha preferito imbalsamarla anziché escluderla per evidenti demeriti sul campo. La Volo, e la sua resistenza di fronte alle rivendicazioni dei privati convenzionati, ha provocato una serrata di quattro giorni, nel febbraio dell’anno scorso, con la sospensione di tutte le prestazioni erogate da laboratori d’analisi e ambulatori specialistici accreditati; l’ex direttore sanitario del ‘Civico’ di Palermo, pensionata nel 2020 e poi riammessa al grande ballo, è stato l’anello debole ed è diventata lo specchio fedele di una sanità e di un governo flagellati.

E’ vero, di fronte a certe situazioni ereditate dal passato non ci sono salvatori né assessori che tengano. Ma qui ci siamo ridotti a non avere neppure una che partecipi, che si impegni, che suggerisca soluzioni, che si faccia interprete delle difficoltà, che ogni tanto ci metta la faccia. La Volo non è niente di tutto questo. E’ solo una signora che al 27 del mese va a ritirare lo stipendio – almeno da questo non può esimersi: diventerebbe un caso di studio universitario – e fine della storia. Non si sa se analizzi qualche carta, se si presenti in ufficio, se partecipi ai tavoli coi sindacati, se conosca la situazione dei medici e dei Pronto soccorso. Taglia qualche nastro, offre rassicurazioni, ogni tanto un decreto. Forse la Sicilia meritava qualcosa in più. Ma è ancora peggio che, dopo aver commesso un errore marchiano, Schifani scelga di non rimediare. E se a curare le ferite siano sempre e solo i medici, e mai la politica.

Enrico Ciuni :

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