Le nomine della sanità hanno esposto Schifani e il suo governo all’ennesima figuraccia. Il 17 giugno scorso, attraverso una nota diramata da Palazzo d’Orleans, s’era stabilito ufficialmente che i direttori sanitari e amministrativi delle Asp (“già selezionati dalla Regione”) sarebbero stati indicati dai nuovi direttori generali – in totale autonomia – entro il quindicesimo giorno dalla firma del contratto. Ma quell’impegno è stato disatteso più volte. Schifani non è riuscito a mettere d’accordo i partiti, così l’assessore Giovanna Volo, il 12 luglio, ha firmato una prima direttiva per eliminare la perentorietà del termine, suggerendo ai manager di procedere con la “dovuta sollecitudine”.
La scarsa attitudine al compromesso dei deputati di maggioranza, avviluppati in un incastro di pesi e contrappesi sul territorio, ha determinato però un nuovo blackout. Poco prima della vigilia di Ferragosto, la Volo fissava un’altra scadenza da rispettare: il 2 settembre. “Metà aziende vi hanno provveduto, altre lo faranno la prossima settimana” e, in ogni caso, “le decisioni sono arrivate e arriveranno in assoluta autonomia e nell’ambito delle prerogative riconosciute”, diceva l’assessore-fantasma. Una dichiarazione viziata da una bugia: cioè che i manager possano muoversi in autonomia. Se così fosse, e si evitasse di lottizzare ogni centimetro di potere, non ci si sarebbe ridotti all’ultimo minuto. Ma Schifani, che non fa nulla per riparare ai propri fallimenti, anche stavolta si è defilato dalla contesa, mandando in avanscoperta il titolare della sanità.
Almeno fino a ieri, quando ormai certo dell’immediatezza degli atti, ha imposto l’ultimatum: “Solamente i manager delle Aziende sanitarie territoriali e ospedaliere di Messina e Ragusa – ha chiarito il governatore – hanno proceduto alla nomina dei direttori amministrativi e sanitari. Si invitano, pertanto, gli altri direttori generali a procedere al completamento della governance entro lunedì 2 settembre. Le nomine, effettuate tra soggetti di acclarata competenza e professionalità, sono competenza esclusiva dei manager – ha ribadito, dando spago alle parole del suo assessore -. Il perfezionamento di tutte le procedure è un passaggio essenziale per la definizione degli assetti del sistema sanitario regionale e non sarebbero accettabili ulteriori indugi”. Se c’è un’iniziativa del governo meritevole di attenzione e lodi – dagli accordi con la sanità privata passando per l’istituzione di una commissione ispettiva sui Pronto soccorso – Schifani è schierato in prima linea; quando c’è da pagare uno scotto in termini organizzativi e gestionali, invece, ricompare la Volo. Che tanto non deve rendere conto ai partiti – è un assessore “tecnico” – ma solo al governatore: il quale l’ha scelta e non è più in grado di rinunciarvi.
Il capitolo Sanità, ad ogni modo, conferma la regola. Secondo cui ad ogni defaillance del governo corrisponde un prestanome. Ad Agrigento, dove la guerra per la sanità ha toccato vette inimmaginabili, non sono riusciti neppure a gestire la comunicazione per il concerto de Il Volo, organizzato (e lautamente finanziato) dalla Regione nella Valle dei Templi. Per sabato 31 agosto. Andrà in onda il 24 dicembre in prima serata su Canale 5, così Palazzo d’Orleans ha dato disposizione al pubblico pagante – con una nota ufficiale – di andare conciati per le feste (con l’abito e il cappotto, come fossimo in inverno). Inoltre ha disposto con pochissimo preavviso che nei giorni della manifestazione il sito archeologico venisse chiuso, blindato, per la gioia degli addetti ai lavori e delle strutture ricettive e di ristorazione, che perderanno i relativi incassi.
A fronte delle polemiche, sfociate in clamorosi sfottò anche sulla stampa nazionale, Schifani si è mimetizzato col suo segretario Marcello Caruso, che è anche commissario regionale di Forza Italia, lasciando a lui l’onere della replica: “Non si capisce – ha detto Caruso – a cosa serva fare polemica su degli eventi, come i due concerti de Il Volo, che si preannunciano di grandissimo livello culturale, con una straordinaria ricaduta di immagine per la promozione turistica della Valle dei Templi, di Agrigento Capitale della cultura e di tutta la Sicilia. In questa come in altre occasioni sarebbe stato utile piuttosto che l’opposizione mostrasse una vera cultura delle istituzioni, una vera capacità di unirsi all’azione del Governo nel promuovere la nostra isola e le sue straordinarie bellezze artistiche e culturali. Purtroppo non è stato così, ma ce ne faremo una ragione, perché saranno i milioni di spettatori che in Italia e nel mondo assisteranno a questi spettacoli straordinari, come già avvenuto per eventi analoghi a Gerusalemme nel 2022 e a Matera nel 2019”. Addirittura.
Come se il concerto dei tre tenori sbloccasse, di default, lo sbigliettamento aereo per l’Isola, che nel prossimo inverno – la famosa destagionalizzazione – sarà investita di flussi turistici che nemmeno gli americani dopo aver visto ‘The White Lotus’, il capolavoro girato a Taormina. Per correggere il difetto di comunicazione – materia su cui Schifani dovrebbe possedere una laurea honoris causae, visti i personaggi di cui s’è circondato – sarebbe bastato ammettere che “ok, ci abbiamo pensato tardino”. Invece la toppa è peggiore del buco. Ma non è finita, perché sabato sera bisognerà sopportare la calura in platea: Schifani, con Caruso, potrà farlo dalla prima fila insieme ai vertici Mediaset.
Tra gli altri fallimenti di questa estate afosa, non è passato inosservato l’utilizzo di una nave cisterna della Marina Militare – in dotazione al Ministero della Difesa – per rifornire d’acqua la provincia di Agrigento e arginare il gravissimo problema della siccità. C’era voluta una cabina di regia di professoroni per stabilire la priorità dell’intervento, ma è bastata la prima rendicontazione dei costi a bloccare tutto. Con il clamoroso passo indietro che Schifani, in quel caso, delegò al capo regionale della Protezione civile, Salvo Cocina: “Il rifornimento di acqua a Licata per mezzo della nave cisterna è risultato caro rispetto al quantitativo fornito”, disse il 1° agosto scorso. “È stato possibile calcolare i costi – proseguiva il dirigente – solo dopo aver effettuato il primo trasporto. In base al tempo impiegato per le operazioni di carico e di scarico e per il tragitto di andata e ritorno, ogni viaggio costa circa 50 mila euro, per una spesa pari a 43 euro a metro cubo”. Qualche settimana dopo, a seguito di un ricalcolo, si è appreso che il rifornimento sarebbe costato alla Regione ventimila euro, comunque troppi: “Terremo in stand by questa soluzione”.
Un altro buco nell’acqua, insomma, come il regalino da 300 mila euro al Trapani Calcio in fase di manovra finanziaria. La società diretta dal ricchissimo Valerio Antonini, fresca di promozione in Serie C, annovera tra i suoi collaboratori anche il figlio del governatore, Roberto, nelle vesti di general counsel. Apriti cielo. Stavolta, per evitare di addentrarsi negli aspetti più intimi della vicenda, è toccato a Stefano Pellegrino, capogruppo di Forza Italia all’Ars e avvocato di professione, difendere le scelte del governo e della maggioranza: “L’emendamento da me proposto per la concessione di un contributo alla società F.C. Trapani è al pari di tanti contributi erogati dalla Regione su decisione dell’Assemblea Regionale, finalizzati a sostenere significative realtà del territorio che svolgono attività di rilevanza sociale, economica o culturale con importanti ricadute sulle rispettive comunità. In questo caso, a sostegno di una società sportiva senza fini di lucro della mia provincia, impegnata in campionati di livello nazionale con risultati sempre più rilevanti che tanta ricaduta positiva hanno avuto su tutto il territorio trapanese”. Ma Pellegrino, in questo strenuo tentativo di difendere l’indifendibile, ha dovuto parare i colpi dei suoi concittadini marsalesi, apparsi inviperiti per una decisione così poco campanilistica e totalmente iniqua. Il calcio dà, il calcio toglie.