La parola chiave è riordino. Del demanio marittimo, della materia urbanistica. Ma anche del Corpo Forestale (gli uomini in divisa che domano gli incendi, non quelli “schiffariati” e in esubero) e delle riserve naturali. L’obiettivo è cancellare l’immobilismo, innovare, tentare di aprire un varco con vista sul futuro. Non sempre i suoi predecessori sono stati all’altezza. Tanto che l’assessore Toto Cordaro, trent’anni di militanza politica al “centro” – ora indossa i vessilli di Popolari e Autonomisti, la “creatura” di Saverio Romano – non esaurisce mai le parole e si specchia nel lavoro che lui e i suoi collaboratori portano avanti dal giorno dell’insediamento. Misure (forse) poco altisonanti, che non sempre trovano spazio nei titoli dei giornali. Ma che vorrebbero, nei limiti del possibile, propagare l’immagine di una Regione diversa e al passo coi tempi.
Assessore, è in discussione una legge di riforma sulle riserve naturali. In Sicilia sono 70, godono di poche risorse e, al di là delle attività di tutela, non sembrano convogliare una richiesta turistica sufficiente. Cosa prevede il disegno di legge?
“Intanto lo snellimento della struttura complessiva. Passeremo da 72 riserve a 10-12 distretti, che terranno conto del territorio, ma anche di tradizioni ed economia. Poi vogliamo passare alla fase-2: la valorizzazione. Ossia la possibilità di creare reddito, ricchezza vera, fornendo una proposta che abbia a che fare con il turismo e la ricettività e che, partendo da questo presupposto, determini la possibilità di poter utilizzare un management con caratteristiche diverse dalle attuali. L’impossibilità di accedere ai finanziamenti è legata a un’incapacità di gestione. Se sotto il profilo della tutela ha avuto buoni risultati, sotto quello della valorizzazione è stata un fallimento. Il nostro è un piano rivoluzionario rispetto all’attuale assetto. In sintesi: riduzione dei centri di potere, snellimento della governance, possibilità di intercettare i finanziamenti. E poi la fase-2: il nostro patrimonio deve diventare volano di sviluppo”.
Dopo il crollo del ponte di Genova, anche in Sicilia si sono accese le luci dei riflettori sulla tenuta delle infrastrutture. Voi, nello specifico, state conducendo un censimento per conoscere lo stato di salute di strade e ferrovie. Quando arriveranno i risultati?
“Siamo alle fasi conclusive. Per quanto riguarda le strade paghiamo a caro prezzo la chiusura scellerata delle province. Cinque anni di mancata attenzione ha determinato il disastro della nostra rete stradale. Non solo abbiamo adottato misure urgenti per avere un censimento reale, ed è prima volta nella storia della Sicilia che si un fa un censimento di questo tipo. Ma grazie alla volontà del presidente della Regione e alla sua capacità di interlocuzione, abbiamo messo Anas e Cas attorno allo stesso tavolo. Dobbiamo comprendere come agire. E dobbiamo farlo subito”.
E’ in atto anche il riordino del demanio marittimo. Quali saranno le linee guida?
“Intanto esiste la necessità, per i 128 enti locali siciliani che sboccano sul mare, di approvare i piani di utilizzo del demanio marittimo (PUDM). I comuni che non l’hanno ancora fatto, non possono rilasciare nuove concessioni demaniali. E poi c’è un altro tema importante, ossia il ricevimento della direttiva Bolkestein, che ha stabilito che al 31 dicembre 2020 tutte le concessioni demaniali rilasciate in Europa si dovranno considerare decadute e che, quindi, dall’1 gennaio 2021 le concessioni dovranno essere attribuite attraverso procedimenti di evidenza pubblica. Io e il presidente Musumeci ci recheremo al Parlamento europeo per valutare quale dovrà essere il modello di riferimento. Inoltre, per la prima volta nella storia, concederemo beni immobili ricadenti sul demanio, anche per usi economici, a privati. In questo modo verranno ristrutturati, tutelati e valorizzati, messi in una rete commerciale che possa produrre lavoro e reddito. Il primo bando per la concessione di 60 beni sarà pubblicato entro la fine dell’anno”.
Legambiente ha diffuso dati sconfortanti sul recepimento delle ordinanze di demolizione delle case abusive. L’80% di esse viene ignorato. Come si muove il governo sul tema?
“Intanto, spazziamo via ogni dubbio. Non immaginiamo neanche lontanamente un progetto di sanatoria. Non è questa la nostra mission. Ma vogliamo riorganizzare la materia urbanistica, perché l’ultima legge risale al 1978. Da quarant’anni, nonostante tante cose siano cambiate, la Sicilia è ferma. Abbiamo la necessità di ristabilire la certezza del diritto, stabilendo cosa si può fare e cosa no. Abbiamo messo al lavoro il nostro dipartimento ed entro metà ottobre vogliamo presentare il prodotto legislativo all’esame della commissione Ambiente. Per quanto riguarda le demolizioni, è un tema che tocca i comuni. Quando abbiamo rimproverato ai sindaci di non procedere con l’abbattimento, ci hanno risposto che esiste un problema di carattere economico. Io li ho invitati a svolgere nei confronti dei cittadini un’opera di moral suasion. In pochi sanno che se il privato demolisce autonomamente la struttura abusiva, non solo risparmia una barca di soldi, ma conserva anche l’area di sedime, che altrimenti gli verrebbe espropriata dall’autorità”.
E’ al vaglio della giunta anche una riforma del Corpo Forestale.
“Parliamo dei forestali in divisa, quelli che si occupano di anti-incendio boschivo. Con una scellerata legge del 2015 è stato introdotto il blocco del turnover, che ha determinato una carenza di organico importante. E’ stato frutto di una politica di annunci del tutto inappropriata. Tanto che oggi l’organico è ridotto circa alla metà (500 elementi per tutta la Sicilia, con un’età media fra i 50 e i 55 anni). Noi vogliamo creare i presupposti per un corpo forestale snello e che venga rigenerato. Stiamo lavorando alla riscrittura di questo mondo. Entro ottobre la norma approderà in Parlamento. Il prossimo anno potremo indire i concorsi per nuove assunzioni”.
Anche l’Arpa, l’agenzia regionale per l’ambiente, è sotto organico rispetto a quella che dovrebbe essere la sua mission di tutela del suolo e delle acque?
“Dopo anni, con la prima finanziaria del governo Musumeci, siamo riusciti a far approvare la deroga al blocco delle assunzioni. Abbiamo immaginato un percorso nuovo e diverso, partendo da un dato oggettivo. Cioè che Arpa Sicilia controlla un territorio vasto come quello della Lombardia, a cui vanno aggiunti gli insediamenti chimici e petroliferi, oltre al nostro mare. A fronte di un fabbisogno stimato di 960 dipendenti, oggi ne ha 300. Siamo sotto performance per due terzi. La nuova strategia prevede un passaggio che riguarda i dipendenti interni, poi ci sarà la mobilità e, entro la fine dell’anno, bandiremo dei concorsi per assicurare ad Arpa 80 nuove figure, squisitamente tecniche. Esiste la copertura finanziaria”.
Come si concluderà, anche se non è lei l’assessore di riferimento, la riforma sul ciclo dei rifiuti?
“So che gli esperti che collaborano con Musumeci stanno lavorando alacremente per presentare il piano entro il 31 dicembre. Siamo in una fase più che avanzata. Non ci voleva l’incidente all’assessore Pierobon. Ma credo che la tempistica verrà rispettata”.
I tempi, secondo le opposizioni all’Ars, sono quelli che vi fregano. L’assemblea è spesso impantanata e anche l’attività legislativa del governo è finita nell’occhio del ciclone
“Noi, in realtà, abbiamo presentato cinque disegni di legge corposi che vanno dal diritto allo studio al sostegno alla pesca. L’assenza di una maggioranza in aula non ci aiuta, ma non credo che l’attività di governo sia stata carente sotto il profilo legislativo. Era pronto anche l’assestamento di Bilancio, ma l’impugnativa della Corte dei Conti ci costringe a fare delle riflessioni ulteriori. Abbiamo la necessità di chiudere l’assestamento e di portare in parlamento la Finanziaria affinché venga approvata entro il 31 dicembre. Sarebbe la prima volta dopo dieci anni di esercizi provvisori”.
Nella spinta di populisti e sovranisti, come fa a resistere un uomo di centro come Lei? O meglio: il centrismo ha ancora motivo d’esistere?
“Io sono un uomo di centro che fa della moderazione, del ragionamento e della comprensione dei problemi il punto di partenza dell’approccio alla politica. L’ho fatto in dieci anni d’opposizione e lo sto facendo anche dai banchi dal governo. Il presidente Musumeci in questi mesi si è dimostrato un leader, ha messo in campo grande spirito di sacrificio e volontà di cambiare la nostra terra. Il governo è coeso. Credo che al di là delle sigle e dei luoghi geografici o fisici della politica, essere centrista significhi tuttora guardare le cose con l’approccio di chi vuole risolverle, mettendo da parte le urla e gli schiamazzi, ma anche un populismo imperante che vogliamo combattere con la coerenza e la competenza”.
In vista delle Europee, sarebbe favorevole alla nascita di un partito unico del centrodestra, con la Lega fuori?
“Assieme agli amici del centro, stiamo organizzando per il 10 novembre una manifestazione con la nostra classe dirigente. Che è viva e vegeta e presente sui territori. Sarà un momento di riflessione e di confronto interno. Io sono convinto che oggi in Sicilia un leader ci sia: si chiama Nello Musumeci. Dobbiamo valutare qual è il percorso più adeguato e soprattutto se il presidente della Regione abbia la volontà o meno di intestarsi un progetto politico. Io lo auspico”.