La rivincita del vecchio leone

Mirello Crisafulli, ex deputato e senatore del Pd, è preoccupato per il suo partito. E richiama Zingaretti

C’è poco da stare allegri secondo Mirello Crisafulli. La crescita del Pd in Sicilia, certificata in quasi sei punti percentuali rispetto alle ultime Politiche (minimo storico per i “dem”), non soddisfa l’ex senatore. Che qualche motivo per starsene allegro lo avrebbe pure. Ad esempio i numeri di Enna, la sua provincia, in cui il Partito Democratico è finito in scia al Movimento 5 Stelle, davanti alla Lega. La città di Enna, con il suo 22,8%, è quella più prolifica in termini di consenso dietro Ragusa (25%). Qualcuno l’ha dipinto come il piccolo capolavoro di Crisafulli, ma qualcun altro fa notare che a Enna c’è un sindaco del Pd, Maurizio Dipietro, renziano doc, che si sarebbe speso in prima persona. “Il sindaco di Enna? Ah beh, ovvio che ci siamo accorti della sua campagna elettorale… – ironizza, sornione, Crisafulli – Tutti in città sanno com’è fatto il partito, il ruolo che giocano i circoli, le famiglie, la mobilitazione che c’è stata. Poi, se c’è qualcuno che vuole mettersi il garofano all’occhiello, si accomodi pure. Non me ne frega niente. L’unica cosa che posso dirle è che il sindaco di Enna, quando era lui il candidato, prendeva 140 voti. Oggi è sindaco per tanti altri motivi, non perché abbia consenso”.

Qual è la sua valutazione sul voto nazionale?

“Abbastanza positivo. Era da un po’ che davanti ai risultati compariva il segno meno. Ora si intravede una possibilità di recupero. Le liste aperte di Zingaretti sono state la soluzione vincente. E’ chiaro che non basta. Possiamo fare meglio”.

E il voto siciliano, invece, cosa ha detto?

“S’è vista tutta la debolezza del partito siciliano. Se abbiamo preso il 18% nelle Isole il merito è soprattutto del voto della Sardegna. In Sicilia ci sono luci e ombre. Il Pd non è più in condizione di reggere a questa situazione di incertezza. C’è la necessità di ripartire daccapo e mettere le cose in chiaro”.

Si riferisce alla solita questione del segretario?

“Manca tutto, non solo il segretario. Mancano gli organismi, le sedi, le strutture. Il partito si è ridotto al lumicino e bisogna ricostruirlo”.

Chi deve farlo?

“La direzione con l’aiuto di tutti i dirigenti siciliani. Per avere la più ampia partecipazione e il più ampio coinvolgimento possibile, bisogna ridefinire tutti gli assetti”.

Scusi se insisto. Ma anche la questione del segretario, che alcuni di voi non hanno mai “riconosciuto”, deve tornare all’ordine del giorno?

“Non va rimessa all’ordine del giorno, semplicemente perché non è mai stata tolta. C’è era la campagna elettorale, e va bene. Ma superata questa fase dobbiamo ricostruire. Altrimenti corriamo il rischio di fare discussioni sul sesso degli angeli. Se non sappiamo chi siamo e cosa vogliamo determinare, il resto è inutile”.

Con Faraone sembrava esserci una tregua, ma a quanto pare…

“In Sicilia non abbiamo un segretario, nonostante qualcuno si sforzi di atteggiarsi a segretario. La verità è che non c’è stata alcuna votazione per insediare questo signore alla segreteria regionale. Si è autoproclamato, ma non si capisce bene sulla base di che cosa. Mancano gli organismi, il presidente del partito, la commissione di garanzia. Manca il Pd. I segretari delle federazioni devono essere ancora eletti. E’ normale che qualcuno si ritenga al di sopra di tutto questo, mentre siamo allo sbando?”.

Lei per chi ha votato?

“Per il Pd. Credo sia sufficiente”.

La performance di Bartolo, primo degli eletti con oltre 135mila preferenze, è una vittoria soltanto sua o anche del partito?

“Credo di entrambi. Del Pd perché l’ha individuato come candidato, un aspetto che non è affatto scontato, soprattutto di questi tempi. Poi è anche merito suo. Si è presentato come una soluzione possibile, vincente, adeguata. Alla fine queste cose vengono premiate. Anche a Enna lo hanno sostenuto in tanti. Devo dire, per inciso, che tutte le candidature sono state buone: c’è chi ha retto di più come la Chinnici, chi meno come l’onorevole Giuffrida. Potevano avere dei risultati diversi, ma per essere migliori occorreva un partito più determinato, più combattivo, più impegnato. Invece ha fatto il minimo, soprattutto a livello di coinvolgimento del corpo elettorale”.

Cracolici ha evidenziato che il Pd tiene testa nelle grandi città, mentre si sgonfia nei piccoli centri, dove manca il radicamento territoriale. E’ d’accordo?

“Forse nelle grandi città d’Italia, in Sicilia un po’ meno. Siamo ovunque sotto il 20%, da Palermo e Catania. Però è chiaro che c’è una situazione di ripresa. E’ pur vero che, contrariamente a prima, andiamo meglio nei grandi centri, dove esiste il voto d’opinione e le giunte a 5 Stelle hanno fallito. Mentre nei paesini c’è un voto di pancia, molto legato ai bisogni del quotidiano, e noi abbiamo ancora un ritardo nel proporre e risolvere le questioni. In tutto questo ragionamento non bisogna dimenticare che arriviamo da una fase in cui il giudizio contro il Pd e i suoi governi, sia nazionali che regionale, è stato tremendo. Far finta di nulla è da miopi”.

Sa che il blocco formato da Pd e Forza Italia, in Sicilia, rappresenta circa il 34% dell’elettorato? Faraone ha spalancato le porte agli elettori moderati che non trovano più spazio nel centrodestra cannibalizzato dalla Lega. Che segnale è?

“In Sicilia la politica va fatta sulla base dei problemi, che devono essere affrontati e risolti con grande determinazione. Ipotizzare somme matematiche nel tentativo di rabberciare schemi che possano consentire un risultato elettorale, lascia il tempo che trova. La priorità è rafforzare il Partito Democratico. Se, poi, per avere un peso maggiore servono le alleanze, si valuterà caso per caso. Ma non può essere una linea di condotta generale. Noi siamo un partito di sinistra, e vorrei che qualcuno non se ne dimenticasse”.

Però le politiche di sinistra – in particolare quelle relative all’accoglienza dei migranti – sono state sconfitte di nuovo. Guardi cos’è accaduto a Lampedusa…

“Ma questo lo capisce tutta Italia. La posizione che noi sosteniamo non è di facile comprensione. L’accoglienza deve essere coordinata, garantita, funzionale. Deve riguardare l’Europa, o la gente penserà di essere di fronte a un’invasione di campo e sarà portata a reagire negativamente. Non si può fare accoglienza punto e basta, al di là delle vite che ovviamente vanno salvate”.

In Sicilia avanza la Lega. E’ più preoccupato per l’incedere di Salvini o soddisfatto per lo sfaldamento dei Cinque Stelle?

“Qui parliamo di elezioni europee, in cui una quota di elettorato è radicalmente schierato in antagonismo con l’Europa, presentata come l’Europa dei vincoli e delle punizioni, come un’entità aggressiva. Questo ha determinato il risultato di domenica. Ma non credo sia ripetibile. Da qui, però, bisogna ripartire per una politica di aggregazione e allargamento. Mi interessa poco sapere chi ci ha guadagnato fra Cinque Stelle e Lega. Per me sono uguali, non vedo molto differenza. Quello che mi preoccupa, invece, è la drammatica questione nazionale, che ci sta mettendo in una difficoltà incredibile. Non capisco perché non abbiano aperto una crisi di governo per andare subito a elezioni. Il Paese ha bisogno di uno scossone vero e di scelte politiche forti”.

Il Pd che ruolo interpreta?

“Dobbiamo recuperare consenso. Ma c’è qualcuno, ad esempio qualche renziano, che si è preso la briga di contare i numeri, dicendo che mancano 100 mila voti rispetto al voto della Camera. Come se alle Europee avesse votato la stessa percentuale di elettori delle Politiche di un anno fa… Purtroppo c’è sempre chi preferisce la lana caprina ai problemi reali”.

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