La ricca partita degli aeroporti

Schifani al taglio del nastro del volo inaugurale Aeroitalia Palermo-Roma. Alla sua destra l'ad di Gesap, Vito Riggio

Non si è ancora ricucito lo strappo con Ryanair, che ha deciso di spostare le proprie attenzioni verso la Calabria (dove è stata abolita l’addizionale municipale), che già impazza una nuova polemica all’interno del secondo aeroporto siciliano: Palermo. Mentre a Catania sono partite ufficialmente le procedure per la privatizzazione, invocate dal governo, a Punta Raisi si è arenato tutto, nonostante il ritorno ad hoc di Vito Riggio sulla poltrona da amministratore delegato di Gesap.

A questo serviva l’ex presidente dell’Enac, che lo stesso Schifani ha ri-voluto al “Falcone-Borsellino” dopo il paventato addio. Eppure Catania privatizza e Palermo no. Stando al puntuale reportage di Daniele Ditta per Palermotoday, pare che alla base di questa melina ci sia una contrapposizione politica tra Fratelli d’Italia e Forza Italia. Cioè fra il presidente attuale di Gesap, Salvatore Burrafato e lo stesso Riggio, che non trovano la quadra sulla nomina del nuovo Direttore generale. Né sui membri della commissione che dovrebbe esprimersi sui venti candidati che hanno risposto all’Avviso in scadenza lo scorso gennaio. Tra i nomi più blasonati per i vertici della società, ci sarebbe quello di Carmelo Scelta, che ha già esercitato questo ruolo dal 2003 al 2015, prima di essere licenziato in circostanze “drammatiche” per la storia dello scalo: ossia il caso di estorsione per cui fu condannato l’ex vicepresidente della società, Roberto Helg.

Attualizzando la vicenda, pare che Riggio sia lo sponsor di Scelta e che FdI tenta di mettersi di traverso. Da qui la ramanzina di Schifani, ieri mattina, a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti: “Da quando ci siamo insediati – ha detto il presidente della Regione – la nostra moral suasion non viene recepita. Mi auguro che Palermo esca dalle sacche della politica, dal controllo della politica di una struttura strategica ma che non obbedisce a logiche di mercato che ormai a livello internazionale vedono una presenza di privati”. Riggio aveva promesso di avviare le procedure di vendita delle quote di Gesap (di cui dispongono, principalmente, la Città Metropolitana e il Comune di Palermo) “entro sei mesi”, ma per il momento non è stato individuato neppure l’advisor, cioè la figura (una banca d’investimento, una società di consulenza, uno studio legale) che garantisce la regolarità dell’operazione.

Cosa che a Catania è avvenuta mesi fa. Tanto che una nota della Sac, giovedì scorso, ha aperto – stavolta ufficialmente – l’iter per la privatizzazione. Tutto passa dall’approvazione del piano da parte dell’Assemblea dei soci, che darà mandato al Consiglio d’Amministrazione di valutare le offerte sul piatto. “Il programma di privatizzazione si inserisce in un quadro più ampio di sviluppo e crescita del settore aeroportuale siciliano – si legge in una nota della Sac -, volto a migliorare l’efficienza operativa e la qualità dei servizi offerti ai passeggeri”. Anche a Catania i nodi politici sono robusti. A cominciare dalla posizione della Camera di Commercio del Sud Est, che detiene la maggior parte delle quote, e del peso di Forza Italia – che oggi esprime il commissario unico, Antonino Belcuore.

A differenza dell’amarezza riservata alle lungaggini di Palermo, Schifani però ha espresso “grande apprezzamento” per le ultime evoluzioni in casa Sac. Perché “il pubblico fa il pubblico e il privato fa il privato”. Mentre i due aeroporti maggiori, pur avendo ottenuto ottimi risultati in termini di traffico passeggeri, con le attuali infrastrutture non sembrano in grado di sostenere l’aumento dei flussi. Non solo per l’addizionale municipale che impedisce a Ryanair di incrementare le rotte, ma anche perché gli scali sono diventati di per sé strettini. A Catania sono richiesti interventi urgenti, che peraltro fanno parte del piano industriale da parecchi anni. L’unico modo – per il partito a favore della privatizzazione – è attrarre nuovi investimenti. Fare spazio. Offrire maggiore confort alle compagnie e ai passeggeri (che non guasta).

Anche gli aeroporti minori non stanno attraversando un gran momento. Il futuro del “Pio La Torre” di Comiso è un enorme punto interrogativo. A breve sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea il nuovo bando per la continuità territoriale, che prevede collegamenti giornalieri con Roma e Milano (sempre che si riesca a trovare una compagnia disposta ad accaparrarseli). Ma dopo? Comiso rientra infatti nel network di Sac. Diventerà anch’esso uno scalo “privato”, anche se bisognerà capire cosa vorranno farci i privati: chiuderlo o rilanciarlo una volta per tutte? L’attuale società di gestione è rimasta nella terra di mezzo, così lo scalo, nel mese di gennaio, ha visto un traffico risibile (appena 8 mila passeggeri sono passati da lì). E francamente insostenibile a fronte dei costi richiesti per il mantenimento dell’intero “circo”.

Trapani, invece, è l’unica forma di “statalismo aeroportuale”. Perché oltre il 99% delle azioni di Airgest appartengono alla Regione siciliana. La stessa Regione che, sebbene si sia rifiutata di abolire l’addizionale municipale per i grandi aeroporti, potrebbe pensare di farlo almeno per i più piccini (avrebbe un costo di 5 milioni, secondo l’assessore ai Trasporti Aricò). Nello scalo di Birgi, infatti, si muove quasi esclusivamente la low cost irlandese: perderla equivarrebbe a sparire. Qualche giorno fa Salvatore Ombra, presidente di Airgest, ha rivelato di un incontro con Ita Airways perché “lavoriamo incessantemente per aumentare l’offerta di rotte per il nostro territorio”. Ma nel frattempo l’aeroporto di Reggio Calabria, che di recente Ryanair ha rilanciato in maniera massiccia, nel mese di gennaio ha fatto registrare il doppio dei passeggeri in transito rispetto al “Vincenzo Florio”. Segno che qualcosa anche a Trapani va registrato.

Alberto Paternò :

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