La realtà parallela di Nello

Il presidente della Regione, Nello Musumeci, ha inviato a sindaci e amministratori un opuscolo coi successi del governo

Cento pagine tonde tonde per dire ai siciliani cosa si è fatto nei primi quattro anni di governo. L’opuscolo realizzato da Musumeci – beninteso, con soldi pubblici – è stato inviato, in questi giorni, a tanti amministratori locali dei 391 comuni siciliani. Uno è finito in mano a Cateno De Luca, che non ha esitato a definirlo “pieno di minchiate”; un altro a Claudio Fava, candidato alle primarie del centrosinistra, che non c’ha trovato dentro “una parola di verità”. Basterebbe andare a pagina 5, in effetti, per esaurire una narrazione – quella di Musumeci, che parla di “una Sicilia finalmente con le carte in regola, dotata di tutti gli strumenti di pianificazione, con una immagine accattivante, moderna ed elegante” – e aprirne un’altra.

A pagina 5, infatti, sono elencate due proposte di riforma che non vedranno mai la luce in questa legislatura. Che senso ha metterle nell’opuscolo, che rappresenta di per sé un “consuntivo”? Forse è utile a illustrare la “semina” di Musumeci. Peccato, però, che né la riforma della governance dei rifiuti, tanto meno quella dei Consorzi di Bonifica, ne facciano parte. Riavvolgiamo il nastro. A novembre il 2019, col primo, vero strappo della legislatura ad opera di alcuni ‘franchi tiratori’, viene bocciato l’articolo 1 della riforma sui rifiuti e rispedito in commissione con un biglietto di sola andata. Una legge epocale, secondo l’esecutivo, che sarebbe servita alla “riduzione della quantità” e al “miglioramento della qualità dei rifiuti da trasferire agli impianti di trattamento/smaltimento”.

Il piano del governo della Regione prevedeva “l’istituzione di nove Ambiti territoriali ottimali e, in ciascuno di essi, dell’Autorità di Governo dell’Ambito, rappresentativo di Liberi consorzi e Città metropolitane. La Regione – si legge nell’opuscolo presidenziale – eserciterà un’attività di indirizzo e controllo e adotterà gli atti di pianificazione generale. Il disegno di legge si occupa altresì della tutela e salvaguardia dei lavoratori, dei processi di partecipazione e responsabilizzazione sociale ed economica della gestione dei rifiuti”.

La riforma della governance, giudicata “dannosa” dalle opposizioni (a tal punto da invocare una modifica della legge 9 del 2010, risalente al governo Lombardo), non vedrà mai la luce. Di quei giorni d’autunno rimarranno le invettive del governatore contro Fava, per aver osato criticarla: “Onestà è quando un deputato sa metterci la faccia anche dopo essersi pentito – fu la dichiarazione del presidente della Regione, intervenuto all’Ars per la cazziata di rito -. E non si nasconde dietro il voto segreto. Sia i deputati della coalizione che quelli della maggioranza hanno mostrato pavidità, cinismo e mancanza di coraggio. Adesso, fuori dal palazzo, chi dirà grazie per questo stop sulla legge dei rifiuti? Chi abbiamo fatto contento, onorevole Fava? Chi vuole bloccare questo disegno di legge?”.

“Questo disegno di legge – fu la risposta del presidente dell’Antimafia – riguarda la governance e l’organizzazione complessiva. Ma ciò che può determinare la pulizia o meno delle nostre strade è un piano dei rifiuti che non c’è, che aspettiamo da due anni e non è ancora arrivato all’esame di quest’aula. Ed è l’assenza del piano dei rifiuti che ha permesso ai privati una condizione di monopolio”. Arriverà anche quello, a tempo debito. Anche se di recente la commissione europea l’ha fatto a pezzi. Sulla riforma, però, anche dalla maggioranza hanno gridato allo scandalo. Prendete Gianfranco Micciché, il 22 novembre 2021: “Diciamo la verità sulla legge dei rifiuti: se è lì da tre anni è perché fa schifo, appena viene portata in aula è bocciata da tutti”, disse il presidente dell’Ars rispondendo alla provocazione del governatore (“Il ddl è pronto, ma nessuno all’Ars vuole discuterlo”). Alla luce di quanto sopra, pare inopportuno inserire la ‘proposta’ nella ‘stagione delle riforme’.

Che non ammette, non ancora, nemmeno quella sui Consorzi di Bonifica. Sappiamo tutti com’è andata col bando del Pnrr che metteva in palio 400 milioni per infrastrutture irrigue: i 31 progetti presentati dalla Regione, per il tramite dei Consorzi di Bonifica, sono stati tutti bocciati. Musumeci, durante una puntata di Report, l’ha presa con filosofia: “E’ normale. Ci manca il personale tecnico perché non facciamo un concorso dal ‘91”. Ma anche i Consorzi di Bonifica, enti “chiamati alla difesa del suolo, valorizzazione del territorio, tutela delle acque e salvaguardia dell’ambiente”, “hanno visto ridurre sempre più le proprie competenze”. Si legge nel piano di rientro dal disavanzo allegato alla Finanziaria 2021, in cui la Regione assume l’impegno di onorare i patti firmati con Roma a dicembre 2020 per la spalmatura del debito in dieci anni. Del pacchetto fa parte anche la Riforma dei Consorzi di Bonifica. Secondo voi, sarà arrivata in porto? Macché…

Per un attimo ci avevamo quasi creduto. Il 15 gennaio di quest’anno, infatti, palazzo d’Orleans dirama un comunicato in cui spiega che la terza commissione dell’Ars ha “approvato e trasmesso il disegno di legge di riforma dei Consorzi di bonifica. Dopo un lungo iter si è finalmente giunti a questo risultato, atteso da tempo da tutto il mondo agricolo siciliano”, erano le parole dell’assessore Scilla. Della serie: siamo alle formalità. Peccato che della riforma si perdano le tracce quasi subito, e l’11 luglio scorso è proprio Gianfranco Micciché, presidente dell’Assemblea, a dichiararla abortita: “La riforma sui Consorzi di Bonifica, approvata dalle commissioni competenti dell’Ars, così com’è scritta non risolve i problemi degli agricoltori e, per questo, non arriverà a Sala d’Ercole. Così com’è stato esitato, il progetto di riforma non piace ai rappresentanti di categoria, perché non risolve alcuni problemi fondamentali del settore. Io mi impegno ad aprire un confronto attivo e serio con gli attori principali del comparto – ha concluso Micciché – con l’obiettivo di mettere nell’agenda della prossima legislatura una riforma che sia accanto agli agricoltori, ma che lasci la politica fuori dalla gestione dei consorzi, commissariati da circa trent’anni”.

Anche dai banchi dei 5 Stelle, in questi giorni, rincarano la dose. L’unico intervento previsto per i lavoratori, come nel caso del Consorzio di Bonifica di Ragusa, sarà un contributo straordinario di 5,8 milioni “per non affossare definitivamente il futuro dei tantissimi allevatori, contadini e dipendenti del Consorzio stesso – spiega la deputata iblea Stefania Campo -, quando invece sarebbe stato indispensabile un intervento economico-finanziario strutturale per sanare il deficit pregresso già incancrenitosi e dall’altra parte era improrogabile la riforma del settore”. Riforma che non vedremo per un bel pezzo. Eppure la Regione l’archivia così: “La riforma prevede l’istituzione di un unico Consorzio di Bonifica e di irrigazione per la Regione Siciliana, suddiviso in quattro comprensori, finalizzato al recupero di operatività in territori definiti sulla base di unità idrografiche e idrauliche omogenee”. Sono “previste la centralizzazione dei servizi e l’unificazione di alcune funzioni (catasto, uffici amministrativi, ufficio gara, ufficio pianificazione e progettazione delle manutenzioni)”. E infine, udite udite, “l’obiettivo è arrivare ad irrigare stabilmente 178.000 ettari a fronte degli attuali 61.000”. Resta una domanda: quando?

Anche il capitolo precariato, che l’opuscolo di Musumeci manda in archivio dopo 30 anni, merita alcune precisazioni: a partire dalla stabilizzazione degli Asu, prevista da una norma inserita in Finanziaria (con giubilo bi-partisan di governo e parlamento) e impugnata da Roma; resta aperta la vertenza degli ex Pip e perfino sui Forestali – altra categoria che inneggia a una riforma – siamo tremendamente indietro. Dei 17 mila forestali in servizio (tra antincendio e manutenzione) solo un migliaio hanno un contratto a tempo indeterminato. Gli altri sono tutti precari e una buona fetta, al 14 luglio, aspetta ancora una chiamata. Sui concorsi, poi basterebbe un numero: a fronte dei 570 posti di categoria D messi a bando per i Centri per l’Impiego, i vincitori sono stati appena la metà. E gli altri come verranno selezionati? Siamo solo a pagina 7, ma il “governo che parla coi fatti” ha già toppato più volte…

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie