E’ sempre più divertente e in parte anche deviante ciò che da qualche tempo accade nella vita politica siciliana, o meglio, in quel recinto di un mondo chiuso, lontano, autoreferenziale che raramente incrocia quello dei comuni mortali. Se non esistessero problemi veri e gravi, vi si potrebbe assistere come ad un’opera buffa di scadente qualità. Cosa può avere spinto l’assessore Lagalla a partecipare al convegno di quella trentina di no-vax che hanno potuto inopinatamente ritrovarsi all’interno del Palazzo dei Normanni? Cosa avrà detto a questi invasati che, senza pudore e buon senso, paragonano la campagna vaccinale allo sterminio degli ebrei ad Auschwitz, che si propongono di bloccare l’attività della giunta di Governo e in particolare quella dell’assessore alla Sanità per la lotta al Covid? Quanti di questi scappati di casa hanno cambiato idea dopo aver sentito le argomentazioni sicuramente fondate del medico ex rettore dell’Università? Senza mascherina – “per rispetto”? -, per distrazione, la sua partecipazione a quella strampalata e pericolosa iniziativa ha finito per darle un rilievo che non avrebbe mai ottenuto. E l’assessore alla Pubblica Istruzione e candidato a sindaco di Palermo ha incassato qualche citazione di stampa per essersi esibito su una passerella, su un ponte pericolante costruito peraltro sul rifiuto della scienza, sulla violazione della legge e sulla cocciuta determinazione di continuare a mettere a rischio la propria salute e quella degli altri.
In questa lunga vigilia delle elezioni amministrative e regionali, mentre la giostra degli autoscontri continua a girare vorticosamente, proseguono i salti da una macchinetta all’altra e le alleanze tra i partiti si fanno e si disfano con velocità maggiore di quella di Speedy Gonzales, nella piccola cronaca locale ha fatto irruzione uno che ha dichiarato di parlare a nome di Calenda. Con enfatica arroganza egli ha dettato a tutti le condizioni per ottenere i consensi delle “masse” siciliane che si riconoscono nel simpatico, estroverso deputato europeo eletto nel PD e ora alla ricerca di un nuovo “centro”, di un luogo che non c’è. Il suo rappresentante siciliano ha spiegato con puntiglio al Partito Democratico cosa deve fare per ottenere quei consensi, ha escluso il Movimento Cinque Stelle da ogni possibilità di accordo, ha dettato la linea alle forze di centro, ha sbarrato la strada a Cuffaro.
Intanto sarebbe interessante sapere chi è questo novello Napoleone, su cosa fonda la determinazione dei suoi convincimenti e sarebbe opportuno facesse conoscere gli aderenti al partito, magari riunendoli tutti in un salottino. Un politico con una militanza pluridecennale nella sinistra, mentre, forse con qualche imbarazzo, viaggia verso il centro per finire alleato della destra, forte di uno scarso 2% di voti accreditati, bacchetta, giudica, condanna, elabora ambiziosi progetti, immagina di poter continuare ad avere ruoli determinanti nella politica regionale. Agisce allo stesso modo del suo referente romano quando aveva portato al 40% il Partito Democratico, lo aveva collocato all’interno del socialismo europeo, pareva una star della sinistra riformista europea e mondiale, frequentava Obama e non Bin Salman, votava convintamente il disegno di legge Zan alla Camera, voleva cambiare il Paese.
Sic transit gloria mundi. E quando passa la gloria, non resta che “darsi aiutu cu la vuci” e cercare il rifugio per collocare e preservare quel pochissimo che rimane. Di questo teatrino isolano l’attore principale, il più istrionico, quello che tiene meglio la scena, rimane Miccichè, il quale, oltre tutto, ha ancora un po’ di comparse per rendere più credibile la rappresentazione.
Il Presidente dell’Assemblea ha portato dalla sua parte i deputati regionali di Renzi e, per rendere meno impattante e sconveniente la conquista, ha detto loro che staranno al centro, in attesa, si capisce, di spostarsi, insieme al nuovo sponsor, a destra con Salvini e Meloni. Ha consentito poi a quei deputati di mantenere, almeno per qualche tempo, l’insegna della precedente collocazione, come un tempo si faceva nelle tabelle delle attività commerciali, quando al nome del nuovo titolare si aggiungeva “già di…”.
Così scherzando e giocando, mettendo in scena una sorta di contraddanza dentro un parco ben attrezzato e accuratamente recintato per tenerlo al riparo dai passanti, si svolge la politica – ci scuserà Aristotele – siciliana. Che se poi qualche passante sbircia, tira dritto per nulla interessato dal gioco e dai giostrai.