La politica a mani vuote

Il governatore Nello Musumeci durante un intervento a palazzo dei Normanni, sede dell'Assemblea regionale siciliana

Dopo oltre un mese – la legge urbanistica venne approvata il 6 agosto – ha riaperto il portone dell’Ars. Da piazza del Parlamento, a Palermo, torneranno ad accedere i deputati. Nell’estate che tutti i gruppi politici si erano impegnati a trascorrere “senza ferie”, sono passati 32 giorni dall’ultima volta a Sala d’Ercole. E qualcuno in meno dalla cerimonia del Ventaglio, quando Miccichè assicurò a Musumeci che non si sarebbe candidato alla Presidenza della Regione (ma tuttavia lo ammonì per l’eccessiva diffidenza nei suoi confronti). In mezzo c’è il “tempo sospeso” di Lampedusa: ossia l’unica preoccupazione del governo regionale. Agosto e la prima settimana di settembre hanno rappresentato un momento di tensione spasmodica per il braccio di ferro con Roma. Soprattutto con il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, che nelle ultime ore ha abbandonato il “basso profilo” e rilanciato la sfida: “Che ci faccio coi barchini, li affondo?”, è stata la provocazione rivolta al colonnello Nello. Che ovviamente non se l’è tenuta: “Ci ha preso per criminali?”.

I prossimi giorni sono di rodaggio: l’Assemblea, infatti, non sa bene dove mettere le mani. Oggi si sono riunite a palazzo dei Normanni la commissione Antimafia (per la relazione finale sullo scioglimento del comune di Scicli) e quella sull’esame dell’attività dell’Unione Europea. Mentre nel corso della conferenza dei capigruppo è stato fissato il calendario della ripartenza: “Dobbiamo capire cosa portare in Aula, aspettiamo disposizioni governative – aveva detto qualche giorno fa a ‘ilsicilia.it’ Gianfranco Micciché -. Credo che ci sono anche delle norme incardinate che possono essere già discusse”. La prima piaga da affrontare, però, è la crisi di economica e di liquidità. Martedì prossimo, infatti, si riparte dalla relazione di Armao sullo stato d’attuazione della Legge Finanziaria.

L’emergenza va oltre la narrazione fornita ogni giorno, insistentemente, sui social. Va al di là della bulimia mediatica con cui viene proiettata l’invasione delle Pelagie. Non è solo quella dei lampedusani – che esigono il massimo rispetto e, fra l’altro, hanno già ottenuto alcuni sgravi fiscali da palazzo Chigi – ma quella dei siciliani in generale. Di tutti coloro che a causa degli effetti nefasti della pandemia (l’Isola arriverà a perdere il 12% del Pil) sono condannati alla cassa integrazione o alla chiusura della propria attività. Di coloro che – sbagliando – hanno creduto alle promesse della politica e assistono inermi al ritornello dell’assessore all’Economia. Il quale si arrovella in conti e conticini per calcolare i furti perpetrati ai danni della Sicilia negli ultimi vent’anni (legittimo). Senza, però, avere il coraggio di spiegare com’è possibile che una manovra approvata da più di quattro mesi non sia ancora stata attuata.

La paralisi ormai è uno stato consolidato. Prima del 2 maggio, giorno del “via libera” alla Finanziaria anti-Covid (che prevede un bonus da mille euro per i sanitari in prima linea), la Regione ha vissuto quattro mesi d’esercizio provvisorio. Con la sola possibilità di spendere in dodicesimi, in base cioè al bilancio dell’anno precedente. Gli ultimi mesi del 2019 erano stati i più drammatici: l’ingresso in tackle della Corte dei Conti, che aveva certificato due miliardi di disavanzo in sede di parifica, aveva costretto l’Ars a smantellare uno dei “collegati” alla Finanziaria (l’ex tabella H, che solitamente è in cima alle preferenze dei deputati) per carenza di risorse. Di questa tragedia non parla nessuno. Nessuno di quelli pronti a immolarsi per la chiusura di hotspot e centri d’accoglienza, e decisi a sostituirsi con ogni mezzo – comprese le ordinanze di cartone – a Stato ed Europa. Avessero usato la stessa tempra per rimodulare i fondi Fesr e Poc, ossia le fondamenta dell’ultima Legge di Stabilità, la Regione ci avrebbe fatto un figurone. Anche se la notizia, certamente, non avrebbe spopolato nei notiziari nazionali.

Invece l’obiettivo è mostrare i muscoli, inondare la stampa, strappare qualche punticino nei sondaggi e nelle classifiche di gradimento. Inimicarsi Conte e Lamorgese per farsi sponsorizzare da Salvini. Rientra tutto nel risiko della politica, nella strategia più spietata. Che non comprende, però, un bisogno primario: agire nell’interesse della propria terra, che avrebbe bisogno di risposte immediate e risolutive. In grado di sorvolare il pantano della burocrazia e, per una volta, convincere del contrario anche gli scettici. Negli ultimi tempi, però, la politica ha totalmente perso di vista gli obiettivi: prima, legittimamente, si è occupata di “parare” la pandemia e curare i malati Covid, organizzando al meglio le strutture ospedaliere e il personale in servizio; poi, è stata la volta di Lampedusa, delle prove di forza, delle impuntature. In mezzo il nulla. Eppure ce n’è rimasto di lavoro in sospeso: sull’Ars – ma serve necessariamente l’ok del governo – pendono alcune leggi di estrema importanza.

Il primo tema da analizzare a fondo, ma una volta per tutte, riguarda i rifiuti. Su due piani differenti: all’Assemblea spetta il compito di mandare in porto la riforma della governance, che fra le altre cose istituisce le autorità d’ambito su base provinciale. Il percorso si era arrestato nel novembre 2019, quasi un anno fa, di fronte alla bocciatura dell’articolo 1 con il “voto segreto”. Musumeci sbottò, promettendo di non rimettere piede in aula prima della modifica del regolamento (che per inciso non s’è mai fatta). Una legge che secondo le opposizioni – da Fava ai Cinque Stelle – non serve a risolvere i problemi in essere, ma che per il governo potrebbe risultare una chiave di volta. “Sciolti i nodi politici su cui c’erano perplessità – ha confermato Giusy Savarino, esponente di Diventerà Bellissima e presidente della commissione Territorio e Ambiente – adesso serve solamente l’intervento dei tecnici per le ultime questioni tecnico giuridiche, che tratteremo in commissione, poi la legge può tornare in Aula”.

Dopo aver completato la legge – o anche prima – bisognerà approvare il “piano”. Il 4 giugno, quando vennero arrestate cinque persone, fra cui il patron della Sicula Trasporti, Antonello Leonardi, per la conduzione “illecita” della discarica di Lentini, Musumeci disse che “è già stato esitato positivamente dalla Commissione Via-vas e che entro 90 giorni verrà adottato dalla Giunta”. Così il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, scrisse al governatore per sollecitarlo affinché avviasse “un percorso di gestione dei rifiuti votato alla sostenibilità e allo sviluppo di soluzioni alternative alla tradizionale termovalorizzazione, meno impattanti in termini ambientali ed emissivi”. Il piano è l’unico strumento per fare pulizia e riorganizzare l’impiantistica. Per non sottostare alle regole dell’emergenza, che i privati piegano al proprio business. Per riempire immensi “buchi neri”: un comune come Catania per mesi ha provato ad aggiudicare il servizio della raccolta differenziata senza riuscirci. Palermo, invece, è costretta a conferire negli impianti della Sicilia occidentale perché una delle poche discariche pubbliche, la “sua” Bellolampo, è esausta. E i costi vanno alle stelle.

Se i politici tornassero a ragionare seriamente, e senza affidarsi soltanto alla propaganda, capirebbero che la Regione siciliana esige modifiche sostanziali nella gestione e fruizione dei Beni culturali (alla bozza di legge approvata in commissione il governo si è già opposto). O una riforma dell’edilizia condivisa, scacciando via le ipotesi di sanatoria sulle aree di inedificabilità relativa (come denunciato dai 5 Stelle). Basterebbe farsi guidare dalle promesse fatte in campagna elettorale da Musumeci, e mettere mano, ad esempio, alla riforma del comparto forestale (senza aspettare il prossimo incendio). In Assemblea sono cambiati i numeri: la presenza “responsabile” dei cinque deputati di Attiva Sicilia, gli ex grillini pronti a collaborare col governo, offre una prospettiva diversa, almeno sul piano numerico, all’ultima fase di questa legislatura. Fortifica la coalizione di centrodestra e toglie verve all’asse Pd-M5s. Ma bisogna uscire dalla logica dell’emergenza e tornare a ragionare di cose concrete.

Anche se per il momento in cantiere restano “soltanto” delle leggi di secondaria importanza: le due di cui è relatrice l’onorevole La Rocca Ruvolo, sulla disostruzione pediatrica e sulla prevenzione e il trattamento del disturbo del gioco d’azzardo; le norme in materia di cessione di aree alle cooperative edilizie e di cooperative di autorecupero; e il riconoscimento di legittimità di alcuni debiti fuori bilancio. Questi temi verranno affrontati martedì prossimo, alla ripartenza, dopo la relazione economica di Armao. Non è granché, ma ci si dovrà accontentare.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

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