Potrebbe essere il solito granello di polvere che fa inceppare l’ingranaggio. Il granello è un decreto di archiviazione per una querela “temeraria”, l’ingranaggio è il meccanismo politico che potrebbe portare alla guida dell’assessorato regionale ai beni culturali Rosalba Panvini.
Si tratta di una dirigente regionale, ex Soprintendente di Siracusa, trasferita a Catania da Sebastiano Tusa l’estate scorsa, mentre si scatenava la polemica sul “bar astronave” nella Piazza d’Armi del Castello Maniace, autorizzato e difeso dalla Panvini, “scomunicato” poche settimane dopo dal suo successore ad interim Calogero Rizzuto, oggi direttore del Parco Archeologico di Siracusa.
Oggi la Panvini, secondo i rumours di Palazzo dei Normanni sarebbe la “prima scelta” di Musumeci per l’assessorato che fu di Tusa e che è tuttora retto dal Presidente. Ma questa scelta sarebbe sommamente invisa a Forza Italia, azionista non secondario della maggioranza di Musumeci. Da qui un braccio di ferro che dura da mesi.
E qui entra in scena la collega Silvia Mazza, storica dell’arte e giornalista che fa le pulci “professionalmente” al sistema dei beni culturali siciliano. La Mazza era stata querelata nel febbraio del 2018 dalla Panvini per un articolo uscito su “Il Giornale dell’Architettura”. Nel pezzo si affermava – citiamo dalla richiesta di archiviazione della Procura di Torino – che la Soprintendente avrebbe: “permesso che lavori riguardanti una villa privata distruggessero numerose tombe di una necropoli del V secolo A.C.; autorizzato lavori di adeguamento dello stadio senza provvedere all’esecuzione di scavi preventivi per accertare la presenza di evidenze archeologiche; autorizzato sull’isola di Capo Passero un resort di lusso mentre il Comune ha poi ritirato la sua autorizzazione”.
Inoltre “la Panvini sarebbe stata nominata illegittimamente in seno al consiglio regionale dei beni culturali in quanto dicente a contratto e non ordinario come richiesto” e “infine avrebbe dato prova di un evidente conflitto di interessi rimettendo in discussione in sede di Consiglio la perimetrazione dell’Istituendo Parco Archeologico di Siracusa, e concedendo le autorizzazioni per il solarium adiacente la Fontana Aretusa e la spiaggetta di Cala Rossa”.
La procura ha ritenuto non diffamatorie tali affermazioni in quanto pubblicate a valle di un lavoro di ricerca e consultazione di fonti diverse e in ogni caso restando nell’ambito del legittimo diritto di critica.
Va detto che la Panvini non era nuova a querele contro la Mazza. Infatti nel 2016 aveva citato la giornalista per diffamazione (anche in questo caso c’era stata l’archiviazione) per un articolo sul “Giornale dell’Arte” in cui si criticava l’autorizzazione concessa al trasferimento della “Annunciazione” Antonello da Messina per una mostra a Palazzolo Acreide. La vicenda era stata raccontata anche dalla “prima firma” del Corriere, Gian Antonio Stella in un articolo dal titolo “Querele infondate e avvocati da pagare”, in sui si stigmatizzava la querela come strumento intimidatorio nei confronti dei cronisti.
Insomma due querele della stessa dirigente pubblica alla stessa giornalista nell’arco di 2 anni, finite con due archiviazioni. Storia italiana, che oggi diventa anche attualità politica perché, insomma, se questa vicenda viene fuori mentre si sta per nominare la querelante “temeraria” assessore regionale, non è bello e fornisce argomenti a chi la Panvini nel governo non la vuole.
Infatti sarebbe stata messa in campo una discreta “moral dissuasion” per evitare clamori e imbarazzi politici.
Spiacevole la dissuasion verso la stampa. Sempre.