La palude della Formazione

L'ex deputato del Pd, Francantonio Genovese, è stato condannato a 6 anni e 8 mesi per lo scandalo "Corsi d'oro 2"

L’ultimo della lista è il deputato regionale di Forza Italia, Riccardo Savona, che qualche giorno fa ha ottenuto la richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Palermo. Nell’udienza del 24 febbraio 2021, dovrà rispondere dell’accusa di “associazione per delinquere” e “truffa aggravata in concorso per il conseguimento di erogazioni pubbliche”. Savona, che è anche presidente della commissione Bilancio dell’Assemblea regionale siciliana – motivo per cui, in passato, il Movimento 5 Stelle ha chiesto le sue dimissioni, arrivando a boicottare i lavori della commissione stessa – è sotto inchiesta per progetti e corsi di formazione riconducibili ad alcune associazioni e società cooperative e per i quali sono stati ottenuti poco meno di 900 mila euro. Dalla Regione, of course. Dove lo stesso Savona è ininterrottamente deputato dal 2001, quando venne eletto col Ccd.

Tra i progetti nel mirino degli inquirenti, ce n’è uno molto simbolico: il primo. In cui il deputato forzista, la moglie, la figlia e Nicola Ingrassia (un collaboratore) sono accusati in concorso per truffa aggravata. Riguarda l’associazione Prosam, che ha ricevuto dall’assessorato ai Beni culturali contributi per 95.500 euro, nonostante “le prestazioni lavorative, professionali e il progetto” non siano “mai stati eseguiti”. La Prosam si occupava di Protezione Civile e patronati, tanto che nel 2013, in un articolo di Antonio Fraschilla per Repubblica, si faticava a trovare il nesso con la Formazione professionale e con le prebende distribuite dall’assessorato ai Beni culturali. “A prescindere dalla poca attinenza tra l’attività di protezione civile, il patronato e la tutela del patrimonio artistico, e sul perché quindi dipenda dal dipartimento dei Beni culturali, la Prosam – si leggeva in un articolo dell’epoca – da anni riceve finanziamenti attraverso la famigerata Tabella H”. Che oggi non esiste più, se non sotto smentite spoglie (la chiamano ex Tabella H ed è la pietanza più ghiotta di ogni Legge di Bilancio).

Niente di nuovo sotto il sole, dato che il mondo della Formazione professionale – oltre ad aver lasciato per strada migliaia di docenti iscritti regolarmente all’albo – è sempre stato il bancomat della politica siciliana, specie durante le compagne elettorali. Secondo, forse, solo alla sanità. Detto che l’onorevole Savona è innocente fino a prova a contraria, colpisce (ma neanche troppo) il modus operandi. Già visto e nemmeno troppo originale. Lo stesso, per dirne una, che portò alla condanna di Francantonio Genovese, ex segretario regionale del Partito Democratico e sindaco di Messina, passato anche da Forza Italia, che usò la leva dei “corsi d’oro” per una “sistematica quanto capillare depredazione di risorse pubbliche”. A dirlo è la sentenza di primo grado del tribunale di Messina che condannò il politico a 11 anni di carcere, divenuti 6 anni e 8 mesi in appello.

Nell’ambito dello scandalo dei “Corsi d’oro”, era stato condannato a due anni e mezzo l’ex parlamentare regionale, anch’egli fra Pd e Forza Italia, Franco Rinaldi. Ma in secondo grado è arrivata la doccia fredda: i giudici, avendo riconosciuto all’imputato anche l’ “associazione a delinquere”, hanno esteso la condanna a 3 anni e 2 mesi. L’inchiesta parte quando la magistratura punta i riflettori sull’Ancol (uno degli enti di formazione accreditati) e sulla natura di oltre 13 milioni di finanziamento ottenuti dalla Regione fra il 2006 e il 2011. Già nel 2014 la Procura di Messina chiese l’arresto di Genovese, ai tempi deputato della Repubblica, che se la cavò coi domiciliari dopo essersi costituito. Nelle carte si leggeva che “l’ente di formazione è, per un verso, un imponente bacino cui attingere consenso elettorale (ciò vale all’evidenza per l’imputato Genovese) e, per altro verso, solo lo strumento per appropriarsi di denaro pubblico”.

Ogni inchiesta, o scandalo che sia, si ripercuote sulla pelle degli allievi – avete presente quanti, in Sicilia, debbano ricorrere a questo mondo perché non possono permettersi l’istruzione classica? – i quali dalla Formazione non hanno mia cavato un ragno dal buco. Solo in 14 dei 1500 che avrebbero dovuto trovare un lavoro grazie al Ciapi, ad esempio, ottennero un contratto di apprendistato. E qui si entra in un altro, clamoroso filone d’inchiesta: il Ciapi/1. Quello riguardante il manager Fausto Giacchetto, condannato a 8 anni. Assieme a lui altre tre persone: la segretaria, un ex dirigente dell’agenzia regionale per l’impiego e l’ex parlamentare regionale Francesco Riggio (5 anni e 8 mesi). Tutti con l’accusa di corruzione, evasione fiscale ed emissione di fatture false. I fondi comunitari erano gestiti da un vero e proprio comitato d’affari che avrebbe avuto in cime all’organizzazione, proprio Giachetto, il dominus in grado di gestire rapporti con politici ed imprenditori.

Riggio, ex presidente dell’ente di formazione Ciapi, poi eletto parlamentare regionale con il Pd, fu destinatario di un curioso incarico: venne, infatti, nominato membro della commissione d’inchiesta parlamentare sul Ciapi, all’Ars, proprio mentre vestiva i panni dell’imputato (la condanna gli costerà la decadenza anticipata, nell’ottobre 2016, da parlamentare regionale). L’ente, che aveva a disposizione 15 milioni di euro di fondi europei, anziché spenderli in campagne di comunicazione per trovare lavoro ai giovani (come previsto), acquistò beni e servizi da un paio di società riconducibili a Giachetto. E per lungo tempo nessuno se ne accorse.

L’ultimo clamoroso bug del sistema – il processo è tuttora in corso a Trapani – riguarda Paolo Genco, il manager amico dei politici, definito “l’ultimo re della formazione professionale”. Le manette scattarono a gennaio 2017 dopo il crac dell’Anfe, un colosso della formazione con sedi in tutto il mondo, di cui Genco era plenipotenziario. Secondo i magistrati, nelle sue tasche e in quelle dell’imprenditore Baldassarre Di Giovanni, sarebbero finiti 53 milioni di euro elargiti dalla Comunità Europea fra il 2010 e il 2013. All’epoca dei fatti Genco si dichiarò estraneo ai fatti contestati. Sebbene, secondo la procura, avrebbe falsificato una quantità industriale di fatture per giustificare spese mai sostenute. Quei soldi sarebbero serviti per acquistare immobili (ne sono stati sequestrati 41), che in parte avrebbero ospitato i corsi della Formazione. Permettendo all’uomo venuto da Salemi il doppio dei guadagni. Il procuratore aggiunto di Trapani definì la presunta truffa “un saccheggio di denaro pubblico con una creazione mostruosa di carte false”.

Negli anni il sistema dei corsi e delle ruberie si è impantanato (con Crocetta), mentre l’assessore Lagalla – con qualche inevitabile difficoltà – si è impegnato a ripubblicare gli Avvisi rimasti sospesi (come l’Avviso 8, dal valore di 136 milioni di euro, che in estate ha visto la pubblicazione della graduatoria, in ritardo di quattro anni). Nel tentativo e nella speranza di derubricare gli scandali a “incidenti di percorso del passato”. Tra questa ambizione e la realtà c’è, però, il processo a Savona (l’anno scorso h subito un sequestro preventivo per 800 mila euro), anche se il deputato di Forza Italia – ambasciatore di Micciché presso palazzo d’Orleans – si è sempre dichiarato estraneo alle accuse.

I pm gli contestano di “avere approfittato del ruolo politico all’interno dell’Ars, individuando i progetti ai quali partecipare e i soggetti che ne avrebbero preso parte, scelti fra i suoi potenziali elettori”. E ancora, di sfruttare “la propria posizione politica” per conoscere “in anticipo della pubblicazione dei bandi regionali per la formazione, predisponendo i progetti da fare ammettere al finanziamento”. La moglie e la figlia, anch’essi indagati, si sarebbero attivati per mettere a posto la documentazione necessaria per giustificare i costi sostenuti. I finanzieri avrebbero scoperto, inoltre, che i finanziamenti pubblici sarebbero stati spesi per pagare “soggetti che a vario titolo gravitano occasionalmente o stabilmente nell’orbita di Savona”. Collaboratori della sua segreteria politica, addetti nei Caf di Palermo, Castelbuono e Bagheria, o nei banchi alimentari “sponsorizzati” dal parlamentare. Deformazione professionale?

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