Digito ergo sum. Salvini ha imparato da Trump, e non da Cartesio (probabilmente non sa manco chi è) a governare coi tweet. Le regole sono rigide ed efficaci e abbracciano tutta la casistica di un ministro impegnato a fare il premier e a disfare un Paese.
C’è il cosiddetto framing preventivo che consiste nel fornire un’interpretazione dei fatti su una specifica questione, senza lasciare agli altri il tempo di sviluppare un’idea autonoma. Esempio: “È in corso un chiaro tentativo di sostituzione etnica di popoli con altri popoli”.
C’è il diversivo che serve a sviare l’attenzione da temi delicati che potrebbero erodere il consenso. Esempio: “Ottimo pranzo a bordo del volo militare di oggi: cotoletta e patatine! Buona cena, amici”, al ritorno dalla missione in Libia dove il governo libico ha rifiutato categoricamente la proposta di realizzare campi per migranti nel suo territorio.
C’è la deviazione che sposta la responsabilità di un atto sugli altri. Esempio: gli 800 migranti morti quest’anno in mare sono colpa “di scafisti e buonisti”.
E c’è ballon d’essai, metafora legata al palloncino che si lanciava in aria prima di un’ascensione aerostatica per saggiare la direzione del vento. Nel metodo d’attacco social serve per sondare come il pubblico reagisce a un’idea. Esempio: il censimento dei Rom.
Ecco, tutta la comunicazione salviniana è imperniata su queste quattro regole poiché, al contrario del buonismo che ha molte, troppe sfumature e che infatti perde spesso l’appiglio con la cronaca per galleggiare sui massimi sistemi, il cattivismo è cubico, codificato, rigido. E necessita di armi sempre cariche.