L’epicentro della sanità siciliana non è Trapani, dove l’ispezione dei commissari nominati dall’assessorato regionale della Salute ha portato alla luce un sistema marcio, ammettendo i limiti del manager Ferdinando Croce (che Fratelli d’Italia si ostina a difendere e che Renato Schifani vorrebbe rimuovere) nella refertazione dei campioni istologici. L’epicentro è Caltanissetta. E non solo – badate – per il centro per la Formazione permanente del personale sanitario, il Cefpas, diventato il braccio armato dell’assessorato durante il mandato Ruggero Razza. Quanto per la presenza di due personaggi “minori” che sgomitano per farsi strada e che hanno trovato un varco promettente grazie alla presenza di Daniela Faraoni ai vertici di piazza Ziino.

Il primo si chiama Leonardo Burgio, sindaco di Serradifalco (la città che fu di Antonello Montante). Figlio della Faraoni. Burgio è anche il commissario provinciale della Lega a Caltanissetta, nominato dal plenipotenziario del Carroccio, cui Salvini ha affidato le chiavi del partito nell’Isola: cioè Luca Sammartino. Basta questa semplice, aritmetica associazione di nomi, per comprendere il ruolo del leghista nella nomina della Faraoni ai vertici della Sanità. Poco più di un anno fa, quando i partiti rovesciarono le carte sul tavolo per lottizzare le 18 poltrone di Asp e ospedali, l’allora vicegovernatore tentò di trasferire la Faraoni dall’Asp di Palermo a quella di Catania, ma dovette accontentarsi di un “ripiego”: Giuseppe Laganga Senzio. Non appena se n’è presentata l’occasione, e contando su un ascendente nei confronti di Schifani, è riuscito addirittura ad andare oltre, ottenendo per la sua “preferita” il posto che fu di Giovanna Volo.

Non è tutto, però. Pare che al figlio della Faraoni, Burgio, sia stato promesso un seggio all’Assemblea regionale. O almeno una candidatura alle prossime elezioni, nel 2027. Significa che l’asse è sempre più solido e che la Lega, che nel Nisseno (a differenza di altre province siciliane) vanta un buon radicamento, può spingersi oltre. Al netto delle vicende giudiziarie che hanno tartassato Mr. Preferenze nell’ultimo anno – non se ne discute l’acume politico né le capacità nel sapere interpretare il ruolo di assessore all’Agricoltura durante la prima parte della legislatura – Sammartino riesce a fare presa. Sarà per il passato ondivago, che impedisce di classificarlo fra i leghisti più spietati; sarà per la capacità di relazionarsi a destra e a sinistra, coi civici e coi partiti tradizionali; ma la sua stella riesce a brillare un po’ più delle altre. Gli interessi nel campo della sanità – la madre è stata direttrice sanitaria dell’Humanitas – sono arcinoti, così come le simpatie di Schifani nei suoi confronti: ora che è terminata l’interdizione dai pubblici uffici per il caso di Tremestieri Etneo (anche se resta il rinvio a giudizio per corruzione), potrebbe rientrare in giunta dalla porta principale.

Il deputato etneo, complice l’odio reciproco con Raffaele Lombardo, è riuscito a catalizzare un pezzo della politica catanese. E non solo. I suoi interessi sono forti anche a Caltanissetta, come evidenzia il legame con Burgio. L’altro pezzo da novanta di scuola nissena (anche se parliamo di un manager nato a Catania) è Danilo Greco, cioè l’attuale numero due di Ferdinando Croce all’Asp di Trapani. Si tratta, infatti, del Direttore sanitario, la cui relazione (con la scoperta di oltre 3 mila campioni istologici arretrati) ha dato il via alle feroci critiche sulla gestione dell’emergenza, nota da luglio 2024. Greco, per uno strano scherzo del destino, ha lavorato a lungo fra il Cefpas e l’Asp di Caltanissetta, dove ha ricoperto il ruolo di Direttore dell’Unità Operativa Complessa “Ospedalità pubblica e privata”; ma soprattutto è stato dominato Ds dell’Asp di Trapani il 18 febbraio di quest’anno, appena un mese fa. Voci di corridoio indicano nel gradimento della Faraoni un punto a suo favore. E’ subentrato al dimissionario Gaetano Migliazzo.

Anche a Villa Sofia, dopo la morte di un uomo che aveva atteso 17 giorni un intervento chirurgico, è arrivata in soccorso la sanità nissena: al posto del dimissionario Roberto Colletti, che aveva seguito a ruota il Direttore sanitario Aroldo Rizzo (entrambi reduci dalla strigliata del governatore Schifani), è arrivata la nomina di Alessandro Mazzara, anch’egli originario di Serradifalco. Lo stesso paese del sindaco Burgio. Fino al giorno prima, era il Direttore amministrativo dell’Asp di Enna. Anche per questo avvicendamento si è rivelato decisivo l’approdo di Faraoni a Piazza Ottavio Ziino (anzi, come si evince dal comunicato diramato da Palazzo d’Orleans, è proprio sua la proposta).

Visto che all’Asp di Palermo manca ancora un Direttore generale, non sarà forse il caso di metterci un nisseno? Scherzi a parte, Caltanissetta sembra davvero la Mecca della sanità (seppure disastrata). E già con Razza lo era diventata. Il Cefpas, nel quinquennio di Musumeci e del delfino Ruggero, era stato affidato a Roberto Sanfilippo, e aveva finito per suscitare qualche situazione controversa: nel 2022, la Fp Cgil aveva sollevato dubbi sulle modalità di reclutamento del personale e sull’assegnazione di incarichi di consulenza, suggerendo possibili irregolarità e favoritismi. Sanfilippo ha difeso l’operato dell’ente, affermando che tutte le procedure erano state eseguite nel rispetto delle normative vigenti e sottolineando l’importanza della meritocrazia nelle selezioni.

Nel 2023, l’assessorato regionale della Salute (c’era già la Volo) ha revocato un finanziamento di 5,9 milioni di euro destinato al Cefpas per un progetto di informatizzazione dei servizi sanitari volto a ridurre le liste d’attesa negli ospedali. La revoca è stata motivata dall’ “assoluta inerzia amministrativa” del centro nel portare avanti il progetto, con l’assessore che ha dichiarato che la gestione di tali appalti non rientrava nelle competenze del Cefpas, il cui ruolo principale è la formazione. Grazie ai corsi di formazione – a Caltanissetta vengono reclutati anche i direttori generali, sanitari e amministrativi del futuro – il Cefpas è divenuto però un punto di riferimento, spesso assegnatario di risorse imponenti.

Oggi è tutta Caltanissetta a rappresentare il core business di una sanità con l’acqua alla gola. Attraverso un assessore nominata per le sue competenze e la sua profonda esperienza, ma non in grado (non ancora) di dare una sola risposta: ai pazienti, per le liste d’attesa infinite; alle strutture accreditate, per l’imposizione di un tariffario iniquo e dannoso (si è arenata la trattativa per garantire un salvagente); al buon senso, che pretenderebbe la rimozione di Croce indipendentemente dal partito che lo sostiene. Si è incartata nei cavilli della burocrazia e non riesce più a venirne fuori.