Nel Movimento 5 Stelle si respira aria nuova. Martedì pomeriggio all’Ars, i grillini hanno fatto approvare una legge (“Disposizioni in materia di inquinamento”) insieme a Forza Italia, capovolgendo vecchie credenze e antiche convinzioni. Il gruppo, fino a venti giorni fa, era diviso su tutto. E la tregua armata, siglata al termine di una riunione-fiume, a palazzo dei Normanni, per il momento regge. A darne conferma è Sergio Tancredi, il deputato regionale di Mazara dalle cui dichiarazioni partì la caciara. In un’intervista a Buttanissima, infatti, Tancredi rifiutava la “linea oltranzista e costantemente negativa” di alcuni colleghi, rimarcando il concetto che “la nostra è un’opposizione senza costrutto e visione politica”. Da lì la scelta di collaborare con il governo Musumeci, mettendo a rischio la propria “sopravvivenza” politica: “Se il M5s, nell’accezione attuale, ha avuto una virata oltranzista, non sono io che sono cambiato, ma loro” aveva detto il parlamentare.
Siete passati da un’opposizione nuda e cruda a votare i provvedimenti insieme a Forza Italia. Non è un po’ troppo anche per lei, grillino della prima ora?
“No. Piuttosto, dimostra la fondatezza delle mie ragioni. Sebbene alcuni lo abbiano visto come un tentativo di destabilizzare il gruppo, in aula è successo quello che normalmente dovrebbe accadere in una dinamica parlamentare post campagna elettorale. Il voto sulla proposta anti-inquinamento è un segnale positivo. Ci si è arrivati in maniera naturale: a partire da un lavoro di concertazione fatto nelle commissioni. Sta accadendo quello che avevo chiesto”.
Cioè cosa?
“Far assumere al Movimento le proprie responsabilità, fra cui quella di discutere con il governo. Provando – non dico a imporre – ma a contribuire a riforme importanti di interesse generale”.
Ma cosa è successo in questi venti giorni? Qual era il diktat di quella riunione “inter vos”?
“Che solo ricominciando a ragionare e lavorare si sarebbero appianate le divisioni. La spinta iniziale, venuta da me, ha indotto molti colleghi a una riflessione. Lo shock della paventata scissione ha ottenuto l’effetto sperato: farli svegliare. Se questa cosa, come io spero, avrà un’evoluzione, lo scenario può cambiare definitivamente. Altrimenti saremo punto e a capo. Come lo struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia. Lo vedremo a breve con la norma sui rifiuti”.
Si era detto di parlare meno coi giornalisti…
“Infatti non c’è stata alcuna dichiarazione da parte di nessuno, ma nei fatti siamo usciti allineati. Abbiamo iniziato a fare riunioni tecniche sui consorzi di bonifica, ne faremo delle altre per capire cosa va bene e cosa no sulla riforma della governance dei rifiuti. Stiamo virando verso un’ipotesi di lavoro differente, che è quello che volevo io. Fin qui eravamo venti deputati, ma non s’è notato”.
Si spieghi meglio.
“Nel gioco delle forze che devono determinare un risultato politico, il numero diventa fondamentale. Se cinque o sei parlamentari possono determinare l’approvazione o meno di una norma, si figuri venti… Il vantaggio che ne verrebbe per la Regione è enorme. Quando io dico che siamo irrilevanti, è perché fino a questo momento abbiamo rifiutato di ragionare. Ora è arrivato il momento di deporre l’ascia di guerra e prendere la penna in mano”.
Ci scusi Tancredi, però è impensabile che siano bastati venti giorni ad appianare ogni divergenza.
“Le diversità di pensiero ci sono e ci saranno, ma stiamo sfumando certi spigoli… Sta maturando la consapevolezza che non si possono fare altri tre anni come i primi due della legislatura. E’ chiaro che la gente ha bisogno di risposte a 360 gradi e a noi, che ci troviamo pure al governo nazionale, viene chiesto un atto di responsabilità. Anzi, auspico che il governo centrale e la presidenza Conte, visto che ha iniziato a discutere di Sud in maniera forte, e la Sicilia è una parte fondamentale del Mezzogiorno, possa interloquire col governo regionale e trovare il modo di far ripartire questa terra al meglio. La Sicilia è un mercato di sbocco predominante anche per il Centro-nord, le due cose vanno insieme”.
Ma adesso com’è il clima nel Movimento? Sembrava che anche i rapporti fra i deputati avessero risentito di quella faida…
“Io non ho niente contro nessuno dei miei colleghi, sono persone valide e in gamba, con molti di loro ho anche condiviso l’inizio dell’esperienza quasi dieci anni fa. Il problema che ho manifestato era di ordine politico”.
Ad oggi ritiene esclusa una frammentazione del gruppo?
“Non è oggetto di discussione. Non so se c’è ancora della brace sotto la cenere. Ce ne accorgeremo presto. Io continuo a lavorare come sempre. Anche discutendo con la maggioranza: lo facevo prima e continuerò a farlo in futuro, è un dovere istituzionale nei confronti della collettività”.
Le hanno perdonato il fatto di essere il “cocco” di Musumeci?
“Se qualcuno ha un problema per il fatto che io abbia un rapporto personale con Musumeci, che affonda le radici nella scorsa legislatura, la cosa non mi riguarda. A differenza di altri, non metto da parte i rapporti personali per una questione legata alla politica”.
Ha detto che il primo banco di prova per dimostrare la svolta “responsabile” dei Cinque Stelle è la riforma dei rifiuti. Ma c’è anche una Finanziaria a cui lavorare. Cosa si aspetta il M5s?
“Intanto dobbiamo vedere quale sarà la linea di Armao. Sappiamo che i margini sono molti risicati e che tutto è subordinato alla concertazione che avverrà in commissione paritetica sulle eventuali risorse aggiuntive da assegnare alla Sicilia. Sono soldi che ci spettano. So per certo che la discussione è in atto, anche grazie al buon lavoro del sottosegretario Villarosa al Ministero dell’Economia. Dovessero arrivare risorse aggiuntive, legate all’applicazione dello Statuto, potremmo ragionare di sviluppo. Negli ultimi anni non ci si è riusciti a causa di un Bilancio ingessato”.
Qual è il dato che emerge dal crollo del Movimento 5 Stelle in Calabria? Non è che rischiate di fare la stessa fine?
“In Calabria ci sono sempre stati molti problemi, con una gestione del Movimento frammentata. In più si è aggiunta una preparazione tardiva della campagna elettorale. Questo per un Movimento come il nostro, che non gode ancora di una struttura autonoma, è risultato letale. Agli occhi dell’opinione pubblica non siamo stati riconosciuti come un soggetto credibile per andare a governare. A quel punto le percentuali crollano”.
Adesso ci sono i facilitatori, potrebbero costituire una cerniera fra il vertice e la base?
“Spero di sbagliarmi, ma secondo me non daranno l’impatto sperato. Dai primi risultati elettorali mi pare sia cambiato molto poco. La nostra fortuna rimane legata all’organizzazione di base, al pensiero di prospettiva. In Calabria e in Emilia non si è voluto ragionare per tempo. Se la base spinge e il vertice non ti dà input, è chiaro che l’elettore non ti premia”.
E’ tornata d’attualità la questione sul taglio dei vitalizi. Il Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge approvata all’Ars. Lei cosa farebbe per rimediare?
“Resto convinto che dovremmo adeguarci alla normativa nazionale. La riduzione del 30% sarebbe logica e non c’è nemmeno questa grossa differenza sotto il profilo economico. Fossi al posto di Micciché, anche allo scopo di smorzare le tensioni con lo Stato, riporterei in aula il disegno di legge. Dopo aver tagliato i vitalizi, potremmo concentrarci su temi più importanti. Bisogna discutere di Iva, Irpef… Ecco: da un lato è logico diminuire i vitalizi, ma dall’altro è necessario ottenere risorse aggiuntive, proporre agevolazioni fiscali e fare qualcosa di concreto per cinque milioni di siciliani”.