E’ passato poco meno di un mese da quando il neo assessore all’Energia, Daniela Baglieri, aveva dichiarato in aula, a palazzo dei Normanni, che “no, non c’è alcuna emergenza rifiuti”. La chiusura della discarica di Lentini è stata prorogata, come preventivabile, dal 30 aprile al 29 maggio e i pochi fortunati che sono riusciti a conferire in contrada Grotte San Giorgio, regno della Sicula Trasporti (ormai in amministrazione giudiziaria), hanno avuto salva la pelle. Ma per molti Comuni siciliani – erano 174 quelli che originariamente conferivano in provincia di Siracusa – sono cominciati i problemi: a Ragusa, ad esempio, la spazzatura è accatastata sui marciapiedi, nonostante l’invito del sindaco alla cittadinanza a non esporre i mastelli per la raccolta (ma la monnezza, in casa, puzza): i compattatori, tranne che per la frazione umida, non si sono mai palesati. Nella stessa condizione versano gli altri comuni della provincia, rimasti senza un riferimento.
Il meccanismo pare complesso ma non lo è: nella discarica di Lentini, fin qui, sono stati ammessi solo i rifiuti ‘trattati’ in loco, cioè sottoposti alla lavorazione dell’impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb). I rifiuti dei Comuni che venivano trattati altrove – come nel caso di Ragusa – sono invece rimasti fuori, finendo per ingolfare il lavoro delle altre discariche presenti sul territorio (quella della provincia iblea si chiama Cava dei Modicani). La crisi, come in uno schema a raggiera, si è propagata da Lentini alle altre realtà siciliane, congestionando tutto. Ma la Regione è a corto di impianti e i ragionamenti (rivoluzionari) avanzati in questi giorni dal dirigente del dipartimento Acqua e rifiuti, Calogero Foti, sono difficili da mettere in pratica. Foti, come riportato da un articolo de ‘La Sicilia’, ha chiesto ai sindaci e ai presidenti delle Srr “tutti gli sforzi e le iniziative volte al superamento delle difficoltà di conferimento” e, “a ognuno per le proprie competenze, di ridurre i quantitativi di rifiuto urbano indifferenziato prodotto e conferito in discarica in modo che possa incrementarsi notevolmente la raccolta differenziata anche dal punto di vista qualitativo, al fine di favorire il recupero piuttosto che lo smaltimento”.
In pratica la richiesta ai sindaci è: ‘fate la differenziata’. E’ un invito che suona come un’imposizione, se non addirittura una minaccia, dal momento che per tutti coloro “che non raggiungono le percentuali previste per legge” si profilano pesanti risvolti giudiziari. Ma è soprattutto un messaggio ai sindaci delle tre grandi città metropolitane, che con una percentuale inferiore al 20% creano nocumento al resto dei Comuni, molti dei quali in linea con le indicazioni di legge (il 65%). Persistendo questo quadro, a causa delle amnesie di Palermo o Catania, anche il Comune siciliano più virtuoso, con percentuali di differenziata prossime all’80%, si vedrà costretto a interrompere il conferimento. Il contenuto della missiva di Foti, però, non è piaciuto al sindaco di Messina, Cateno De Luca, che ha risposto per le rime. Confezionando un esposto da inviare in Procura per denunciare la stasi di Musumeci sull’impiantistica. “Nonostante le propagandistiche dichiarazioni del presidente, che dice di volere affrancare la Sicilia dagli impianti privati di smaltimento dei rifiuti, in tre anni di governo, nei quali è stato anche Commissario per l’emergenza rifiuti, non è stato in grado di realizzare neppure un nuovo impianto pubblico. Nelle prossime settimane porterò l’umido della città di Messina direttamente a palazzo d’Orleans”.
Un impianto pubblico c’è, e si trova a Gela. E’ qui che nei prossimi giorni verrà garantito un conferimento straordinario di 200 tonnellate della provincia di Ragusa, mentre in seguito, come ha sottolineato il sindaco Cassì, “altri quantitativi di rifiuti saranno conferiti presso la discarica di Tremonzelli”. Ma se non è emergenza questa, fra l’altro a cavallo dell’estate, cosa lo è? Con una direttiva dello scorso 17 maggio – andando incontro ai diktat dell’assessore Baglieri, che ha previsto di riversare i rifiuti destinati a Lentini in altre discariche regionali (anziché trasportarle fuori dalla Sicilia) – Foti ha previsto per 85 comuni delle province di Palermo, Trapani, Messina e Agrigento di utilizzare rispettivamente l’impianto di Trapani e i quattro del Catanese, oltre al Tmb di Enna. Allo stesso tempo, però, l’assessore all’Energia ha iniziato un fitto scambio epistolare con gli amministratori giudiziari di Sicula Trasporti per valutare quanto altro spazio è possibile ricavare nell’impianto di c.da Grotte San Giorgio, al fine di contenere l’emergenza nei mesi più difficili.
Anche a Palermo, dove in questi giorni è al vaglio del Consiglio comunale l’aumento del costo della Tari (anche se l’assessore Marino garantisce che “sarà effettuato nella misura minima possibile”), si discute del futuro di Bellolampo, dove anche la sesta vasca, il cui ampliamento è stato autorizzato pochi mesi fa dall’assessorato regionale al Territorio e Ambiente, è in via d’esaurimento. Ciò vuol dire che fra un mese dovranno ripartire i viaggi della speranza della Rap (la municipalizzata dei rifiuti) presso altre discariche dell’Isola – quelle catanesi in primis – con un conseguente aggravio sugli extracosti, cioè i costi non previsti dal contratto di servizio col Comune, che ovviamente saranno i palermitani a dover recuperare in bolletta. Ecco: la Tari aumenterà anche per questo. La Rap in passato ha conferito lontano da Bellolampo, sostenendo dei costi che – qualora non venissero ripagati in qualche modo – manderebbero l’azienda gambe all’aria. E’ davvero un incubo.
Ciò che manca, però, è una svolta: non si intravede a breve, e nemmeno in ottica futura, dal momento che fin qui il piano rifiuti adottato dalla giunta Musumeci è rimasto lettera morta, e c’è un continuo rimpallo di responsabilità fra Regione ed Srr (le società consortili che regolamentano la gestione di rifiuti nei vari ambiti) per l’individuazione e realizzazione dei nuovi impianti. Inoltre, la differenziata langue soprattutto nei grandi centri: solo nelle ultime ore a Messina hanno provveduto al ritiro dei cassonetti per incentivare il servizio ‘porta a porta’, che a Catania e Palermo resta prerogativa di una fetta marginale della popolazione. Fra l’altro, nella città etnea è stato aggiudicato l’appalto settennale per la raccolta e conferimento dei rifiuti (dopo una miriade di gare andate deserte) ma solo per due dei tre lotti. Su Catania centro, cioè la parte più popolosa della città, bisognerà inventarsi qualcosa: l’assessore leghista Cantarella ha escluso una proroga del servizio alla Dusty.
Città che vai, caos che trovi. In tutto questo restano in pista un paio di iniziative targate Musumeci: da un lato, la prospettiva di poter trasportare i rifiuti fuori dal territorio regionale; dall’altro, quello di realizzare il primo termovalorizzatore dell’Isola per bruciare i rifiuti. Sul primo, a seguito di una manifestazione d’interesse che non ha riscosso grossi entusiasmi, si è registrata una frenata. Sulla seconda iniziativa, invece, il governatore ha trovato la sponda di un partito ‘amico’, la Lega di Salvini. Che per bocca del segretario regionale Nino Minardo si è detto pronto a sostenere la battaglia del governatore: “Uno dei punti su cui più siamo in ritardo come governo e come maggioranza – ha detto Minardo – è quello dell’applicazione di un moderno ed efficiente sistema per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. È il momento di fare autocritica e andare avanti più speditamente. La Lega sostiene da tempo che i termovalorizzatori di ultima generazione debbano rappresentare una parte consistente nella soluzione finale del problema. Spero nell’immediato che si apra un confronto risolutivo a Palazzo dei Normanni e a Palazzo d’Orleans in maniera da chiudere questo capitolo una volta per tutte. Le proposte della Lega Sicilia per i termovalorizzatori sono nero su bianco”.
Anche qui, al netto degli amorosi intendimenti, tornerebbe d’attualità il vecchio dualismo tra pubblico e privato. Se a realizzare i termovalorizzatori fossero i ‘padroni delle discariche’ ci troveremmo di fronte al solito business, che i partiti – a parole – vorrebbero interrompere una volta per tutte. Ma se a farlo vorrà essere la Regione, insieme alle Srr, sorgerebbero i dubbi di sempre: chi ci mette i soldi e quanto tempo occorre. E’ davvero una storia senza fine.