La giornata siciliana di Giorgia Meloni ha avuto un (co)protagonista annunciato: il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci. Che dopo un’apparizione su La7, in cui ha contestato la comunicazione romana su AstraZeneca e annunciato che dal 15 luglio si potranno fare i vaccini in farmacia, ha presenziato alla prima del libro ‘Io sono Giorgia’, al centro Le Ciminiere di Catania. Un modo distensivo per dire alla Meloni “se vuoi, io ci sono”. Che i rapporti fra i due non siano idilliaci lo dimostra il silenzio degli ultimi mesi, e la reale freddezza di Fratelli d’Italia verso l’ipotesi di ricandidatura avanzata dal governatore.

Ma oggi c’era spazio solo per i convenevoli, un ringraziamento dal palco e poche, pochissime annotazioni politiche. Per lo più di carattere nazionale: “Fa riflettere che l’unica situazione nella quale in Italia si può votare sono soltanto le primarie del Pd. Se si può votare per le primarie si poteva votare anche per le Politiche”, he detto la leader di Fratelli d’Italia. Un brevissimo accenno anche al Ponte sullo Stretto: “Parliamo di un’infrastruttura necessaria non solo per la Sicilia ma per l’intero Paese”. E ancora: “Fratelli D’Italia oggi in Sicilia è uno straordinario laboratorio – ha aggiunto la Meloni (ad ascoltarla, tra gli altri, l’europarlamentare Raffaele Stancanelli e il sindaco di Catania, Salvo Pogliese) -. Questa terra è sempre stata un’avanguardia per la destra italiana. Quello che oggi il partito rappresenta non l’ho costruito da sola. Sicuramente sono la figura più conosciuta ma nessuno avrebbero potuto costruire tutto questo in completa solitudine. Tante persone sul territorio la politica la sanno fare. Io credo che oggi abbiamo la migliore classe dirigente e siamo pronti a governare la Nazione”.

Parlando del suo partito, però, Meloni ha lanciato un paio di frecciate: “Se c’è una cosa che abbiamo imparato a destra – ha detto riferendosi, fra le altre cose, alla vicenda di Gianfranco Fini -, è che tutti sembrano indispensabili ma nessuno lo è”. Un riferimento (implicito) a Musumeci? E poi: “La crescita di FdI può sembrare repentina, ma non lo è. Siamo nati dieci anni fa e per otto anni abbiamo fatto sacrifici enormi, rimanendo inchiodati al 3-4%. Io ho sempre detto che sarebbe stato più difficile arrivare al 5% che non al 15%. Non mi sbagliavo – ha sentenziato la Meloni -. In questi anni ho incontrato tanta gente che mi diceva ‘io mi sento rappresentata da te, ma non ti voto perché il vostro è un piccolo partito”. Ma dalle Europee delle 2019 è cambiato il mondo. Il consenso che abbiamo oggi, però, l’abbiamo costruito in dieci anni. Abbiamo continuato a seminare, e oggi stiamo raccogliendo”.

La leader di FdI, stimolata dalle domande di Pietrangelo Buttafuoco e del giornalista Mario Barresi, ha parlato del successone del libro, che ha venduto più di centomila copie. E che nel pomeriggio, prima dell’appuntamento di Catania, era stato sviscerato nel corso di Taobuk, l’evento di Taormina. Dove la Meloni si era concessa su altri temi d’attualità. “Altre nazioni difendono i confini esterni e fanno un ragionamento: se non difendi i tuoi confini non puoi pretendere che queste persone siano redistribuite. Bisogna allora chiedere una missione europea per trattare con la Libia, come l’Europa ha già fatto con la Turchia”. Bisogna “distribuire i rifugiati e mandare indietro i clandestini”.