Se lo dice lei è Vangelo: “Non vincere sempre può aiutare a mantenere i piedi per terra”. A Rio de Janeiro ci sono il Cristo redentore ma anche Giorgia Meloni. La premier – reduce dal G20 e prima di partire per l’Argentina per incontrare il presidente Milei – entra ed esce dalle cose italiane. Difende il ministro Giuseppe Valditara e il sottosegretario Andrea Delmastro e poi plana sulle regionali. Tiene banco la sconfitta in Umbria, visto che per l’Emilia-Romagna sarebbe servito un miracolo. Il richiamo alle scoppole formative rimbalza a Roma, tra il Parlamento e Via della Scrofa, e apre un piccolo processo interno. Alla maniera, certo, di Fratelli d’Italia.

Va fatta una premessa: trattandosi di un partito “leninista” dove non esistono voci fuori dal coro, soprattutto dopo che ha parlato la “capa”, il brusio di fondo va preso con le pinze. E però sono in diversi a dire, a diversi livelli, che in un contesto complicato, con una candidata di un partito (Donatella Tesei della Lega) in caduta libera anche FdI ha sbagliato visto che è il perno della coalizione. E in particolare si fa il nome di Giovanni Donzelli, capo dell’organizzazione, alter ego (molto sulla carta) di Arianna Meloni, e responsabile delle trattative sui territori, dalle liste alle alleanze. Come sempre è tutto un pissi pissi e come sempre, dentro Fratelli d’Italia, va trovato un piccolo o grande capro espiatorio. Sapendo poi che anche Donzelli alla fine potrà sempre dire di aver concordato tutto “con Giorgia”. Altro che passo, è il solito gioco dell’oca. Continua su ilfoglio.it