Io sono la notte, il buio il silenzio. Ci sono le tue notti e le notti mie, piccolo uomo. Quelle dove sei tutto tuo e quelle dove tutto ti bussa in testa e bussa e bussa finché non mi apri. Perché alla fine una doppia vita l’avete tutti; in una la recita, nell’altra il sipario, dove poi rientri nel tuo camerino a testa bassa e inizi a spogliarti, ed eccolo lì: il tuo peso senza tara. Ed io, la notte, arrivo sempre a ricordartelo, a farti venire fame di quello che vuoi, sete di ciò che non hai.
Vergogne paure, di tutto mi nutro. Mi nutro di te. E quando la luce striscia nella tua stanza si riapre il sipario, lento, di velluto rosso come al teatro. “Vai pure via notte – sussurri – che questo è quel che sono. Lasciami in pace debole buio la mia luce è più forte; eccomi al mondo, atto primo scena prima”. Ma poi, torni da me; tenero, umano come non mai, confuso, fragile e rannicchiato. E ti senti al sicuro fra i miei veli bui perché nessuno può più vedere ciò che pensi e cosa sei… Ma stai sereno, a me piaci così come sei, sii sincero almeno con me e svelami sempre i tuoi disagi, non riderò di te, non farò leva sulle tue debolezze. Ti lascerò sempre quella nutriente illusione di potenza che ti accompagnerà nelle tue ore diurne. Ma ora riposa piccolo uomo. Io so chi sei.