Lega avanti, gli altri al palo

Da sinistra, il governatore Nello Musumeci e il presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè

L’ultimo treno sta per presentarsi in stazione. I 200 milioni di euro (qualcuno ne ipotizza 300) che il governo Musumeci vorrebbe spartire alle imprese colpite dal Covid – non in Finanziaria, ma con una delibera di giunta e scavalcando il parlamento – hanno assunto i connotati di una “manovrina” elettorale. Nel senso che saranno gli ultimi soldi spendibili da qui a fine legislatura. L’assessore Armao continua a dire che i tempi per la riprogrammazione sono già concordati con la ministra Carfagna, ma al netto dei buoni uffici, bisogna rispettare un iter: prima viene la ricognizione delle risorse disponibili e non giuridicamente vincolate; poi la delibera di giunta con una richiesta di rimodulazione (da investimenti a spesa corrente), seguita dal via libera del Ministero della Coesione Territoriale e del Cipe, e infine dalla pubblicazione dei bandi. Se andrà bene, passeranno mesi.

Come l’anno scorso, ci si affida a modelli incerti per evitare di lasciare a bocca asciutta le imprese ansimanti. Basterà a guadagnare consenso? Questa partita, di fatto, ha inaugurato la nuova stagione di tensioni nel centrodestra, dove l’orizzonte temporale sono le Regionali dell’anno prossimo e nessuno è più disposto a firmare cambiali in bianco a Musumeci. A partire dalla Lega, il nuovo maschio alfa, che aspetta il momento buono per piazzare la zampata. Il clima col resto della coalizione si è raffreddato. Ne è prova il “voltafaccia” riservato ad Antonio Catalfamo, capogruppo del Carroccio all’Ars, che s’è visto stralciare in Finanziaria una norma a lui cara (ossia il rimborso del pedaggio del casello di Villafranca). Il deputato non ha lasciato cadere la cosa, anzi è passato al contrattacco, parlando di “agguato”. Una prova concreta di quanto sia difficile il dialogo con Forza Italia e Diventerà Bellissima. Ma se il Carroccio, grazie alle tante adesioni degli ultimi giorni, è diventata la nuova casa dei moderati, come se la passano gli alleati?

FORZA ITALIA – Il partito di Berlusconi, negli ultimi mesi, si è rafforzato tantissimo all’Assemblea regionale. Sono arrivate donne di peso, a partire dalla presidente della commissione Salute, Margherita La Rocca Ruvolo. Ma anche Luisa Lantieri e Daniela Ternullo, in transito da Ora Sicilia; e Marianna Caronia, delusa dall’esperienza leghista. I 14 deputati, però, non remano tutti dalla stessa parte. Alcuni, come l’assessore Marco Falcone o il presidente della prima commissione, Stefano Pellegrino, tendono a indebolire la leadership di Micciché. Ne è prova la mancata firma sul documento di sostegno che altri parlamentari – quasi tutti – hanno indirizzato al Cav. per difendere l’operato del coordinatore regionale e respingere l’Opa del cerchio magico di Tajani. Forza Italia, che in Sicilia garantisce un lauto bottino di preferenze (fra il 15 e il 20%), è il trampolino di lancio per provare a strappare un seggio nel prossimo Parlamento. La fila è lunga, ma Micciché non ammette ingerenze. Da qui lo scontro, fomentato dall’europarlamentare (ed ex capogruppo all’Ars) Giuseppe Milazzo. E da altri interpreti – dalla Ronzulli alla Bernini, passando per Schifani – che usano come testa di ponte l’ambizione di un altro palermitano: il vicegovernatore Gaetano Armao. Tra lui e Micciché non c’è mai stato feeling. La resa dei conti precederà un’altra decisione importante: l’appoggio a Musumeci per il bis. Fino a ieri sembrava scontato, ora bisognerà parlarne.

DIVENTERA’ BELLISSIMA – Il movimento del governatore è fermo ai sei deputati e al 5,96% di quattro anni fa. In questo lasso di tempo, i suoi principali esponenti si sono occupati dell’azione di governo: da Musumeci a Razza, passando per Aricò e Savarino. E nessuno si è occupato di manovrare i fili della politica, al netto di tentativi sporadici, tutti promossi dall’assessore alla Salute: la creazione di Ora Sicilia, un progetto utile ad agganciare Salvini, poi naufragato con l’addio alla spicciolata dei suoi componenti; la scissione dei grillini, e la nascita di Attiva Sicilia, che ha spaccato l’opposizione e garantito una tenuta solida al centrodestra; e, soprattutto, il tentativo di federazione con la Lega. Che però non ha mai visto la luce. Dall’ultima direzione del partito – un mese fa – è arrivata una indicazione decisa: bisogna trovare una sponda nazionale. Ma né il “chi” né il “come” sono chiari, dal momento che il Carroccio è freddina e già impegnato (con gli Autonomisti). Mentre Fratelli d’Italia, al nome di Musumeci, rabbrividisce.

FRATELLI D’ITALIA – Quello della Meloni è il partito più in crescita nei sondaggi. Anche in Sicilia. Dove l’innesto di Salvo Pogliese ha portato in dote esperienza e amministratori locali. Il sindaco di Catania, come Caronte, ha traghettato gli ex An – divenuti ob torto collo forzisti – alla casa madre. E si è subito preso le redini del partito nella Sicilia orientale. Il pregio di FdI è la coerenza: a Roma, dove è rimasto all’opposizione da solo; e a Palermo, dove è fedele alla maggioranza ma, memore del trattamento ricevuto da Musumeci, si guarda intorno con circospezione. Il voltafaccia del governatore alla vigilia delle Europee, quando Raffaele Stancanelli aveva spinto per la federazione in salsa missina, e – peggio – la supponenza nel definire quello della Meloni “un partitino del 2-3%”, ha azzerato i rapporti fuori dalle istituzioni. Radendo al suolo qualsiasi piaggeria e, al contrario, alimentando la diffidenza. Se ci sarà da scegliere fra l’attuale presidente della Regione e un altro, sceglieranno volentieri l’altro.

GLI ALTRI – Nella realtà composita del centrodestra siciliano, una menzione a parte meritano gli Autonomisti, freschi di federazione con la Lega e autorevoli protagonisti della scena politica, nonostante l’esilio di Lombardo. L’intergruppo parlamentare col Carroccio darà robustezza ai suoi interpreti e alle relative istanze. Restano sullo sfondo i Romano, Idea Sicilia di Lagalla, e l’Udc, ridimensionato dalla scelta di Musumeci di cambiare assessore ai Rifiuti. La Baglieri è, nei fatti, frutto dell’accordo fra l’ex scudocrociato – decimato all’Ars e fuori – e Italia Viva, che non è più irredimibile nella sua opposizione alla destra. Anzi…

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