Il 4 ottobre, in Danimarca, è stata inaugurata la pista da sci che una ditta di Bergamo ha realizzato sul tetto di un termovalorizzatore che garantisce il riscaldamento a 160 mila abitazioni di Copenaghen. E’ l’esempio utilizzato da Totò Cuffaro, che la settimana scorsa ha avuto modo di parlarne a margine dell’audizione di fronte alla commissione regionale Antimafia, per ribadire le buone intenzioni del suo governo quando nel 2003, dopo l’approvazione del piano regionale dei Rifiuti, l’Arra (agenzia regionale per i Rifiuti e le Acque) bandì quattro gare d’appalto per la realizzazione di altrettanti termovalorizzatori in Sicilia. Le gare vennero aggiudicate, ma nel 2007 arrivò la scure della Corte di Giustizia Europea, che di fatto ne annullò l’esito e “costrinse” la Regione a stoppare i lavori.
Cuffaro però ci tiene a precisare: “A differenza di quanto sostiene l’onorevole Lombardo, la Corte di Giustizia europea non ha annullato la gara, ma segnalato un’infrazione”. Le dichiarazioni di Lombardo di cui parla Cuffaro sono quelle rese a Live Sicilia un paio di giorni fa. In cui l’ex governatore di Grammichele, in carica dal 2008 al 2012, tra le altre cose ribadisce che “Cuffaro sui termovalorizzatori ricorda male”, che “tentammo pure una nuova gara” (andata deserta) e che “il nostro piano era incentrato sulla raccolta differenziata e sugli impianti di compostaggio”.
Lombardo ha detto di aver puntato sulla raccolta differenziata. E non sui termovalorizzatori come lei. Qualcosa da eccepire?
“Lombardo fa bene ad aver puntato sulla differenziata, ma l’altra metà della monnezza come pensava di smaltirla? Io pensavo di farlo coi termovalorizzatori, loro l’hanno fatto con le discariche. Dato che in Sicilia vengono prodotti 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti, e la metà va in discarica, vogliamo provare a moltiplicare il costo di smaltimento dell’indifferenziato (oltre 200 euro a tonnellata) per 1,25 milioni di tonnellate? Sa quanti soldi sono? E’ lì che si annida il malaffare, nelle discariche. Lo dimostrano le cronache giudiziarie degli ultimi anni. E non nei termovalorizzatori, come sostiene Lombardo”.
Perché i termovalorizzatori erano al riparo da qualsiasi infiltrazione?
“A realizzarli sarebbero state l’Enel e altre grandi imprese, che difficilmente si fanno corrompere da mafia e malaffare. Su 2,5 milioni di tonnellate di monnezza prodotta, anche noi davamo per scontato che la metà fosse smaltito come differenziata o negli impianti di compostaggio. Ma nel mio piano dei rifiuti, che fin qui resta l’unico – non l’hanno fatto né Lombardo, né Crocetta, né Musumeci – era previsto che la parte a valle della differenziata fosse valorizzata negli inceneritori”.
Però quella gara è andata male…
“Ma non è stata annullata. Noi l’abbiamo fatta in ossequio alla normativa nazionale. Sulla Guce, la Gazzetta della comunità europea, non è stato pubblicato il bando per intero, ma solo il dispositivo, con l’annotazione che tutto era consultabile sul sito della Regione. La Corte di Giustizia Europea, che non valuta le gare ma le leggi, ha aperto un’infrazione. La procedura si basava sul convincimento della Commissione Europea di trovarsi in presenza di un ‘appalto di servizi’ piuttosto che di una ‘concessione’. Era una contestazione rispetto alla norma nazionale, non alla gara in sé. Però, ci siamo sentiti in dovere di fermarla per riparare alle violazioni. A questo punto è scattato un meccanismo di accordo con l’Unione per salvare il lavoro fatto. Ma è arrivato Lombardo e ha compiuto scelte diverse”.
Col governo Lombardo le gare sono state riproposte, ma andarono deserte. Perché, secondo lei?
“Chi è quell’imprenditore che avrebbe investito miliardi per una cosa che non è in sintonia con le idee del governo? La volontà manifestata dal presidente della Regione non andava a favore dei termovalorizzatori. Altrimenti qualcuno si sarebbe fatto avanti”.
Durante l’audizione all’Antimafia, Fava le ha contestato un paio di cose: che la Regione, durante la prima gara, non si sarebbe accorta che i quattro gruppi partecipanti si stessero spartendo il “malloppo” a tavolino. E che a qualche azienda mancasse il certificato antimafia.
“In realtà i gruppi partecipanti erano sette: due non avevano i requisiti e uno ha presentato domanda con venti giorni di ritardo. Per questo si sono ridotti a quattro. Che abbiano potuto costruire un “cartello” sarà anche vero, ma non ero io il soggetto tenuto a controllare. A me interessava che ci fosse qualcuno disponibile a fare i termovalorizzatori. Se ci fosse stato qualcosa d’illegale, sarebbe dovuta intervenire la Procura, e non l’ha fatto. Sulla seconda questione, le posso provare che anche l’Altecoen srl (inserita in due associazioni temporanee d’impresa) era in possesso del certificato antimafia”. Nel documento che ci mostra Cuffaro, la Prefettura di Enna, con una nota del giugno 2003, spiega che nei confronti dei componenti della ditta Altacoen “non sussistono cause di divieto, di sospensione, di decadenza previste dall’art. 10 della legge 575/1965 né, secondo le informazioni fornite dagli organi di polizia, risultano che siano emersi elementi a comprovare, allo stato, tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della ditta suindicata”.
In questi giorni sono intervenuti anche gli onorevoli Compagnone e Pullara. Da un lato hanno evidenziato come Lombardo avesse puntato sulla differenziata e, dall’altro, che i quattro termovalorizzatori erano sovradimensionati per il fabbisogno della Sicilia.
“Chi parla, faceva parte del mio governo e approvava il mio piano. E’ vero, potevano bruciare più di 1,2 milioni di tonnellate. Ma dov’è il problema? Mica li avremmo pagati noi. Fra l’altro c’era un contratto di solidarietà che prevedeva che quando un termovalorizzatore si fermava per manutenzione, gli altri bruciassero il quantitativo al suo posto. Per ognuno dei quattro bacini in cui sarebbe stata suddivisa la Sicilia, conoscevamo la quantità di rifiuti prodotti e quanti sarebbero finiti nei termovalorizzatori”.
Magari è una preoccupazione dettata dall’impatto ambientale.
“Impatto ambientale? Tutto il mondo li usa. In Italia ce ne sono in Lombardia, in Piemonte, in Veneto, in Emilia Romagna, nelle Marche, ovunque, anche in Puglia. Tutti tranne noi. Non solo non abbiamo i termovalorizzatori e siamo costretti a portare i rifiuti in quelli altrui. Ma, come siciliani, contribuiamo a pagare i termovalorizzatori delle altre regioni con una specifica voce in bolletta”.
Oggi gli inceneritori sarebbero ancora un rimedio all’emergenza rifiuti?
“Forse sì, ma è più difficile realizzarli. Chi all’epoca decideva di farlo, investiva su un rifiuto che diventava produttivo grazie al Cip 6/92, un incentivo per l’energia sostenibile, e beccava anche i contributi dell’Europa. Nella nostra previsione, smaltire i rifiuti sarebbe costato 74 euro a tonnellata. Oggi costerebbe molto di più. E non so se c’è qualcuno pronto a correre il rischio. A meno che non lo faccia il pubblico, come è accaduto in Campania”.
Lei ha rinfacciato a Lombardo l’utilizzo eccessivo delle discariche, ma il suo governo come ha gestito il fenomeno prima di lui?
“Noi abbiamo trovato oltre 350 discariche, molte delle quali abusive. Nel giro di un anno ne abbiamo chiuse 250, lasciando quelle di dimensioni più modeste. Le mega discariche sono nate dopo. Con la messa in funzione del piano dei rifiuti, avevamo previsto che ne rimanessero una decina per ospitare i resti della termovalorizzazione (tecnicamente, i sovvalli). Ma poi è cambiato tutto, e le discariche sono state ampliate”.
Impianti pubblici e biogas. E’ possibile spezzare il monopolio dei signori delle discariche?
“Oggi la tecnologia ha fatto passi avanti. Gli impianti di biogas sono una possibilità, ma non possono smaltire tutti i rifiuti. Ci sono altre soluzioni, come i dissociatori molecolari, che i comuni potrebbero valutare e costruire insieme. Impianti pubblici? Mentre negli anni scorsi abbiamo messo in vendita tutte le nostre imprese, oggi è in atto un’inversione di tendenza. Così sembra. Ma bisogna sapere che ha un costo. Se ci si assume la responsabilità, che ben venga. E’ una scelta che va rispettata”.
La commissione Antimafia pensava di sentirla anche su un altro tema. Quello che riguarda il censimento “fantasma” del patrimonio immobiliare affidato alla Spi, costato alla Regione 110 milioni di euro. Tutto cominciò con la cessione al fondo Fiprs di 33 immobili mentre lei era presidente.
“In quel periodo, non solo in Sicilia, si stava facendo largo l’idea di patrimonializzare. Il censimento non era fine a se stesso, ma funzionale allo scopo. La gara d’appalto fu fatta al massimo livello, votata in aula e in giunta. Se l’aggiudicò una società partecipata anche dalla Regione. Ma pensare che un censimento sia costato tanto, mette in allarme chiunque, me compreso. Ma davvero quei soldi sono usciti dalle casse della Regione? Io questo non lo so, perché dopo qualche tempo sono andato via. Durante il mio governo si è fatta solo la gara”.
Sarà convocato di nuovo dall’Antimafia?
“Il presidente Fava aveva detto che mi avrebbe chiamato, ma non l’ha ancora fatto. Mentre sui rifiuti il mio contributo è totale, su questo è parziale. Ma sono disponibile ad andare, avevo anche iniziato a documentarmi…”.
Le manca la politica?
“Le passioni quando ce la hai te le tieni. Ma quando a 50 anni non puoi più giocare a calcio, ti accontenti di andare allo stadio o di guardare le partite in tv. Io non posso più giocare: a) perché sono interdetto dalla funzione; b) perché ho alle spalle una sentenza che, da un punto di vista morale, non mi permette di tornare a fare politica”.
Neanche se fosse riabilitato?
“No, perché non sarebbe corretto tornare davanti agli elettori, compresi quelli che mi hanno votato, con un carico così pesante sulle spalle. Non me la sentirei nella maniera più assoluta. Mi resta la passione, rifletto ad alta voce e, quando mi è richiesto, porto un contributo al ragionamento. Se invece lei mi chiede: ‘se non fosse successo tutto questo, sarebbe ancora in politica?’. Beh, la mia risposta è assolutamente sì’”.
Una cosa buona e una cosa meno buona di questi primi due anni di governo Musumeci.
“Musumeci ha portato un’idea di legalità, gli va riconosciuto. Certamente è un dato positivo, perché venivamo da anni difficili: la mia sentenza, quella di Lombardo, le vicende di Crocetta. Ma il presidente della Regione non si può fermare a questo, ha bisogno di fare leggi importanti che non è ancora riuscito a fare, come attivare la spesa dei fondi comunitari e mettere in circolo il denaro. Poiché la Sicilia è una regione che riscuote le sue tasse, senza denaro in circolazione diventa tutto più difficile. Se c’è un miliardo di fondi comunitari che non si spendono, questo miliardo manca. Io credo che esaurita la prima parte – il ripristino di un senso di legalità – in questa seconda parte vada fatto uno sforzo per rimettere in cammino la Sicilia. Sa che sotto il governo Cuffaro il Pil è cresciuto ogni anno? Sarà un caso, ma dal 2008 è in calo…”.
Se si andasse a votare domani, il popolo dei moderati che quindici anni fa ha scelto lei, rimarrebbe a casa o sceglierebbe Matteo Renzi?
“Parto da una considerazione. Una volta c’erano i partiti, che si strutturavano attorno agli ideali. Col tempo il legame fra elettore e ideale è andato affievolendosi. Oggi chi vota segue suggestioni e interessi particolari. Salvini ha riscosso grande successo per la sua battaglia sul blocco dell’immigrazione. Ma non è un’ideale, bensì una contingenza. Sta sparendo la parte bella della politica, quella per cui facevamo le battaglie all’università… La confusione porta alla diaspora del voto. Chi ha un ideale non va più a votare perché non trova un partito che lo rappresenta”.
Ma Renzi lo voterebbe oppure no?
“Me l’hanno messo in bocca, ma io ho fatto un ragionamento diverso. Trovandosi di fronte a una scheda elettorale con Lega, Fratelli d’Italia, Pd e Cinque Stelle, cosa sceglierà di votare quel moderato che non resta a casa? Credo Renzi. Ma non per questo dirò ai miei amici di farlo. A loro dico di inseguire il sogno di far sventolare una bandierina che ci rappresenta. Fin quando ci sarà una speranza, la dobbiamo coltivare. Venticinque anni fa di leghisti in Italia c’era solo Bossi. Oggi di centristi ce ne sono pochi, ma uno è Saverio Romano, che sta cercando di riprendere il progetto di Noi con l’Italia. E io sto con lui. Mi auguro che quella bandierina, che una volta rappresentava i valori della Democrazia Cristiana, possa diventare un punto di riferimento per i tanti che ancora ci credono”.