L’incentivo da 45 milioni per abbattere gli interessi sui mutui accesi con le banche, è solo l’ultimo intervento a favore delle piccole e medie imprese, che si rivolgono a mamma Regione per uscire da una congiuntura nerissima. Massima solidarietà. Anche se la Regione, in teoria, non dovrebbe limitarsi a spargere moneta (come ha fatto e continuerà a fare con la prossima manovrina d’ottobre, la quarta dell’anno), bensì a pianificare strategie di sviluppo, programmare riforme e archiviare le emergenze di sempre: dalla sanità ai rifiuti alle strade. Cioè quegli interventi che richiedono investimenti e cervello, oltre a un pizzico di altruismo in chiave intergenerazionale. Invece è come se per certi versi Schifani & Co. abbiano deciso che l’unico elemento di sopravvivenza, utile a fortificare il consenso o ottenerne di nuovo, sia la cura dell’ordinaria amministrazione. Tradotto in una politica che va sempre più affermandosi come clientelismo di massa.
Nulla di illegittimo. Anche se il piano del governo è più furbo che salutare: altrimenti non si spiegherebbe l’ultimo intervento delle Attività produttive – i 45 milioni, però, saranno assegnati dall’Irfis – né i numerosi tentativi di ricapitalizzazione di una società pubblica come l’Ast, l’Azienda Siciliana dei Trasporti, che ha dismesso la maggior parte degli autobus (vetusti) e non è in grado di garantire agli studenti nemmeno una corsa d’andata e ritorno per la scuola: con un “atto impositivo” l’assessorato alle Infrastrutture ha ordinato alle altre società concessionarie del trasporto su gomma di subentrare in sua vece. L’Ast, inoltre, appare tagliata fuori dalle tratte più remunerative messe in palio dall’Avviso per il trasporto pubblico extraurbano, dal valore di quasi 900 milioni, che finiranno quasi per intero in tasca ai privati. Eppure, lo scorso luglio, ha ottenuto un regalino da 20 milioni. Per farci cosa? In attesa che la politica si decida a celebrare il funerale del carrozzone, ha nominato un altro amministratore in quota Schifani.
Questo provvedere all’oggi senza individuare le soluzioni per domani, appare un tentativo egoista e disperato. Che si ripropone in vari aspetti dell’attualità politica. Detto che siamo reduci dalla “siccità peggiore degli ultimi cinquant’anni”, non è escluso che la prossima estate le cose non vadano addirittura peggio. Anche perché nei vari tentativi della Cabina di regia di arginare il fenomeno, non sono compresi interventi strutturali e risolutivi, ad esempio, per limitare le perdite nelle dighe ammalorate, né la riattivazione immediata dei dissalatori, per i quali, tuttavia, sono stati stanziati 100 milioni (di cui 90 a valere sull’Accordo di coesione col governo nazionale). Schifani, dopo essere stato nominato commissario regionale per l’emergenza idrica, si è accorto di non avere abbastanza poteri e ha pertanto suggerito che ad occuparsi del dossier fosse Nicola Dell’Acqua, cioè il commissario straordinario per l’emergenza idrica nazionale (che gode di pieni poteri in deroga). I dieci milioni di fondi regionali, peraltro, serviranno a fare un dissalatore temporaneo a Porto Empedocle. Temporaneo.
Le criticità sono note e costanti. Le soluzioni aleatorie. Nel complesso andrebbero promossi investimenti per garantire i raccolti agli agricoltori, i pascoli agli allevamenti e l’acqua ai cittadini. Ci sono quartieri e contrade dell’Agrigentino dove il “prezioso liquido” non arriva da settimane. Gli ultimi 40 milioni annunciati alla fine di agosto da Schifani e dal nuovo assessore all’Agricoltura, il “tecnico” Salvatore Barbagallo, si aggiungono alla misura struggente del “bonus fieno” (20 milioni precedentemente stanziati) e copriranno solo i danni subiti dalle coltivazioni di legumi, cereali e foraggi. In parte sono fondi provenienti da Palazzo Chigi. Le soluzioni strutturali, però, latitano. I 20 milioni accordati dal Dipartimento nazionale di Protezione civile, dopo la dichiarazione dello stato d’emergenza, sono serviti a scavare nuovi pozzi o a riattivare quelli inutilizzati, nient’altro. Anche per l’estate 2025 bisognerà appellarsi alla pioggia. Mentre ad Agrigento, che è pronta a diventare Capitale della Cultura, bisogna rifare integralmente la rete idrica: nella manovra-quater dovrebbero esserci 10 milioni destinati all’uopo. Basteranno?
Altre grandi questioni, oltre alla siccità, rimangono sul tavolo. Gli incendi, ad esempio: quest’anno è stata anticipata la campagna di prevenzione boschiva, ma non si sono fatti avanti né sotto il profilo delle risorse umane (troppi pochi uomini nel Corpo Forestale, dall’età media elevata) né dei mezzi a disposizione. Anche sulla monnezza la Sicilia resta clamorosamente indietro: la realizzazione dei termovalorizzatori, per cui Schifani ha richiesto (ottenendoli) poteri commissariali, è legata all’approvazione definitiva del Piano regionale dei rifiuti. E qui la burocrazia è lenta, inefficace, balbuziente. L’idea di arrivare alla gara d’appalto entro la fine di quest’anno o l’inizio del prossimo, come balenava nella testa del presidente della Regione, è una consapevole utopia. Nel frattempo si dovrebbe fare il possibile per incentivare i Comuni ad aumentare i tassi di raccolta differenziata, ma quelli più grandi – come Palermo e Catania – sono clamorosamente indietro. E culturalmente inadeguati.
Le grandi opere pubbliche contemplano pure il Ponte sullo Stretto, un’opera co-finanziata dalla Regione per 1,3 miliardi (soldi sottratti ad altri investimenti), per la quale si procede a rilento. Il vicepremier Salvini aveva promesso di posare la prima pietra entro l’anno, ma siamo ancora alla fase dell’integrazione documentale per sanare i rilievi posti dal Ministero dell’Ambiente. La fine dei lavori per il 2032 sembra una promessa un po’ troppo audace, se non addirittura disonesta. Ma anche sul resto dei collegamenti è quasi tutto fermo. Al netto dei piccoli passi avanti sulla Palermo-Catania, e alla riapertura di otto chilometri sulla Statale 121 fra Palermo e Agrigento, entrambe di competenza dell’Anas, sulle autostrade del Cas (la Palermo-Messina e la Messina-Catania) va segnalata una situazione preoccupante, fra disagi, traffico e interruzioni. Mentre la Siracusa-Gela, dopo l’inaugurazione dello svincolo di Modica, si è fermata in attesa di reperire nuovi fondi.
Anziché muoversi per individuare soluzioni, magari interessando i parlamentari nazionali eletti in Sicilia (e sempre più distanti dal territorio d’appartenenza), la Regione pensa di superare il gap territoriale – la chiamavano insularità – utilizzando nuovi fondi del bilancio regionale per garantire il 25% di sconto sulle tratte aeree per il Nord Italia. Tagli che non assumono alcuna rilevanza durante i periodi d’alta stagione, ad esempio sotto le feste, quando le compagnie applicano tariffe illogiche e salatissime. Fa niente: basterà aver dato un segnale alla categoria dei viaggiatori, e aver garantito loro uno sconto o un rimborso (dipende dal vettore) per ritenersi soddisfatti. Perché nulla, in Sicilia, è più definitivo del provvisorio.