La convergenza astrale è pessima: mentre la magistratura deposita le motivazioni di condanna a sei anni per Mimmo Proto, un tempo presidente della Oikos, e mette nel mirino alcuni procedimenti autorizzativi fra il 2007 e il 2010, che hanno portato all’ampliamento della discarica Valanghe d’Inverno (col sigillo della Regione siciliana), la procura di Palermo indaga sul “piano rifiuti”, un provvedimento “galleggiante” del governo Musumeci, che da circa un anno – dopo la stroncatura del Ministero – è atteso al varco della commissione Ambiente dell’Ars per un parere non vincolante. Ma i Cinque Stelle l’hanno già ribadito in un comunicato: a queste condizioni, non verrà dato alcun parere. Se gli investigatori non dovessero mollare la presa – solo l’assessore all’Energia Alberto Pierobon, fin qui, s’è reso disponibile a dare una mano – difficilmente la politica farà il primo passo.
Il momento è critico, specie sui rifiuti. Ne è un esempio ciò che è emerso in questi giorni dalle aule di giustizia. E in particolare dalle motivazioni di sentenza del tribunale di Palermo sulla condanna per corruzione inflitta a Mimmo Proto, ex presidente della Oikos e attuale socio di minoranza. Il quale – scrivono i giudici – “concepisce come unico metodo della sua attività imprenditoriale il prezzolare chiunque possa essere funzionale al disegno di ampliamento della sua discarica”. Lo avrebbe fatto con Gianfranco Cannova, ex funzionario regionale, che è stato condannato in primo grado a 9 anni. Appare chiaro, in attesa del giudizio completo, che il filo diretto tra la Oikos e le istituzioni è malato; anche se la concessione dell’ampliamento della discarica di Motta Sant’Anastasia, nel 2009, non è ritenuto “contra legem”. Tanto meno la sua proroga, risalente all’agosto dello scorso anno. Anche in questo caso non ci sono elementi, nel dispositivo dei giudici, che appalesino irregolarità.
Ma dopo il commento di Claudio Fava, che pone dubbi sulla concessione per dieci anni del regime di proroga, anche la Regione ha pensato di avviare una verifica interna. A comunicarlo, diversamente da quanto ci si aspetterebbe, non è stato il governatore Nello Musumeci, bensì il direttore generale del dipartimento Acqua e Rifiuti, l’ingegnere catanese Salvatore Cocina. Spetta a lui la firma sui provvedimenti autorizzativi e, in questo caso, la rara incombenza di indagare su un atto prodotto dal suo stesso dipartimento. “Vedremo nel dettaglio questa sentenza per capire se c’è un legame con l’autorizzazione all’ampliamento del sito data nel 2009 e da noi prorogata per dieci anni” ha detto Cocina a Repubblica. C’è il rischio, ma sembra per lo più un timore, che in questo rinnovo dell’Aia (l’autorizzazione integrata ambientale) ci sia qualcosa di molesto – per i legami col primo provvedimento – o, semplicemente, di inopportuno.
Ha frequentato quel mondo. Sa di essere alle prese con un terreno sconnesso e scivoloso. Dove il minimo errore si paga a caro prezzo e ti segna per sempre. L’esperienza aiuta, ma fino a un certo punto. Il dipartimento in esame è uno dei più appestati dell’apparato regionale. Quello in cui, pur innalzando al massimo i premi per le strutture, sono rimasti senza dirigenti dieci unità operative, ma anche il servizio che si occupa di impianti e infrastrutture. Dietro la porta dell’assessorato all’Energia e alla pubblica utilità, non c’è la fila. Lo aveva detto lo stesso Musumeci durante il dibattito all’Ars sulla questione morale, in cui rivelò che in quell’assessorato “si respira un clima pesante” e i posti vacanti non vuole ricoprirli nessuno (“L’interpello interno è andato deserto”).
Per comprenderne il motivo basta dare un’occhiata agli ultimi scandali, in particolare quello legato a Paolo Arata, che si intrufola nei corridoi della Regione per tessere la sua tela e favorire gli impianti di Vito Nicastri. L’Energia è un bel casino. Anche il nome di Salvatore Cocina, che è stato ascoltato dai magistrati, viene fuori nel corso degli interrogatori. Soprattutto rispetto a un incontro con Arata organizzato dal presidente dell’Ars Gianfranco Micciché (che smentisce) nei suoi uffici. La vita borderline di chi è ritenuto il massimo responsabile dell’ingarbugliata macchina amministrativa e al tempo stesso deve occuparsi di salvaguardare la legalità senza incrostare le tempistiche. Uno dei motivi per cui l’assessore Pierobon premeva sul collega Cordaro per concedere il nulla-osta ad Arata (ignorando chi fosse davvero). In mezzo agli intrighi, più o meno voluti, tra politica e imprenditori, fra assessori e faccendieri, ecco che “risplende” la figura del dirigente strapagato per non fallire un colpo.
In fondo ai ragionamenti, e ai precedenti, vanno messi alcuni paletti. L’istruttoria per la proroga decennale alla Oikos, come ha spiegato la società in un comunicato, si sarebbe esaurita lo scorso aprile, due mesi prima rispetto alla sentenza che condanna Domenico Proto a sei anni di reclusione in primo grado; in questo caso, parrebbe non esserci alcun legame fra l’operato dei magistrati e quello dei politici, poi obliterato da Cocina. Allo stesso, però, alcuni addetti ai lavori sottolineano come – in mancanza di un piano dei rifiuti – tutti i grandi imprenditori della monnezza (in Sicilia, oltre ai Proto, ci sono ad esempio i Catanzaro e i Leonardi, più volti tirati in ballo dalla commissione antimafia) possano richiedere, in via emergenziale, delle modifiche agli impianti di propria competenza. Ottenerle, in assenza di una legge definita, è più facile che in sua presenza. Se Cocina decide per una verifica, magari un dubbio gli sarà venuto. La gatta frettolosa, spesso, fa i gattini ciechi.
Anche perché in Sicilia, nel settore dei rifiuti, non c’è nulla di ordinario. Nulla. Altrimenti i magistrati di Palermo non si sarebbero ritrovati a indagare sul “piano rifiuti”, una legge “sospesa” la cui gestazione risale a oltre un anno fa. Quello sì, un documento politico. Se ne sono occupati il presidente Musumeci, l’assessore Pierobon e il professor Aurelio Angelini, che presiede la commissione tecnica di verifica della Regione (Via-Vas) con cui ha dato l’ok al disegno definitivo. L’atto, che dovrà essere approvato dalla giunta entro fine gennaio, passerà poi dalla commissione Ambiente – ma alcuni esponenti grillini giurano di non esprimere alcun parere, data la delicatezza dell’inchiesta – e all’ufficio legislativo e legale della Regione. Potrebbero esserci intoppi (l’ultimo “piano” risale alla stagione di Cuffaro), dato che la procura cercherà di capire eventuali legami con imprese e famiglie mafiose che vorrebbero avanzare pretese (o ci hanno già provato), specie nella parte relativa all’impiantistica. L’assenza di un piano dei rifiuti, ovviamente, finirebbe per favorire i soliti noti delle discariche private. Come si esce da questa giostra impazzita del ciclo dei rifiuti?
MUSUMECI: OIKOS, AVVIATA REVISIONE DELLA VIA IN AUTOTUTELA
Per la prima volta dalla denuncia di Claudio Fava, e dalla notizia di un’indagine dei magistrati palermitani sul piano dei rifiuti, il presidente della Regione è intervenuto sul tema. Lo ha fatto durante una conferenza stampa convocata a Catania: “Dobbiamo levare il monopolio, o oligopolio, ai privati. Che possono e debbono continuare a lavorare, ma il pubblico deve essere prevalente. Se tutto cioè fosse stato predisposto già dieci, o venti, anni fa – continua il governatore – oggi non saremmo in queste condizioni”. L’obiettivo è “arrivare al 60%” di impianti pubblici, mentre ai privati “che adesso trattano il 70% dei rifiuti nell’Isola”, resterebbe il 40%. Sugli iter burocratici per la realizzazione di nuovi impianti pubblici, Musumeci ha spiegato che “stiamo agendo con procedure ordinarie e non ci vorranno sei anni come già avvenuto, pensiamo di realizzarli in tre . Ma le procedure sono estenuanti nelle attese”. E rispondendo a una domanda sui termovalorizzatori: “Non ho pregiudizio alcuno, ne sono previsti due nelle osservazioni del ministero dell’Ambiente, se ce li chiedono li prevederemo”.
Il discorso sulla Oikos, e la proroga decennale alla discarica di Motta, merita un approfondimento ad hoc: “E’ stata una follia autorizzare un impianto vicino a due centri abitati anche se all’epoca la legge non imponeva vincoli” ha esordito Musumeci, che poi ha ripercorso le varie fasi e illustrato gli strumenti a disposizione della Regione per tamponare: “Abbiamo costituito un gruppo ristretto per approfondire il tema Oikos che si è insediato il 16 agosto e che ha completato gli approfondimenti a fine dicembre. Siamo arrivati a due conclusioni. La prima è la necessità di rivolgerci all’Anac per verificare la condotta illecita accertata dalla magistratura, che comporta misure straordinarie nella gestione se c’è un rischio corruttivo. La seconda è che, al di là dei pareri tecnici e dirigenziali, la distanza ravvicinata dai centri abitati non può tollerare un ulteriore utilizzo dell’impianto”. Musumeci ha annunciato che “in autotutela è stato avviato un procedimento di revisione della Via (la valutazione di impatto ambientale) ed è stato chiesto un monitoraggio da parte dell’Arpa che sarà concluso entro febbraio”.